C’era una volta un partito chiamato Rosa nel pugno. Sì lo so, molti non se ne sono accorti. Ora esiste solo un gruppo parlamentare alla Camera, assolutamente inerte, con lo stesso nome: ma un gruppo parlamentare non fa un partito come sanno bene gli elettori dell’Ulivo (ahimè). I Radicali, primi promotori della formazione, hanno appena cambiato segretario: da Capezzone, o Capezzuàn all’inglese, alla Bernardini, storica militante e tesoriera. Il cambio di guida è stato voluto dall’antropofago Pannella che, in continua ricerca di visibilità per il partito, non era soddisfatto che il suo segretario fosse presente in ogni tv nazionale, e seduto a qualsiasi tavolo di volenterosi, e facesse a pacche sulle spalle con un altro famoso digiunatore, l’angelo del focolare Sandro Bondi. L’obiettivo del rinato Partito Radicale è, si legge, “rilanciare il progetto della Rosa nel Pugno.” Sarebbe preferibile dire: lanciare un progetto, almeno uno. Come è possibile che un leader di partito, ogni sera a Markette, non riesca a fare la voce grossa in una coalizione in cui basta un mal di pancia di un sottosegretario a far slittare la finanziaria (che io difendo) di milioni di euro? Ma ora con la Bernardini tutto cambia. Ospite al TG di La7 spiega: “noi non siamo alleati di Di Pietro, ma di Prodi.” Concetto affascinante quanto oscuro. Del resto, se ricordiamo bene, da un partito che vantava come spin doctor Antonella Elia, non ci si poteva aspettare molto. Sempre meglio che avere segretari come il-molto-poco-decisivo-Cesa e Giordano: il secondo fra l’altro mi risulta alleni con buona fortuna il Messina. Forza Palermo.
Fabrizio Aurilia