Del: 5 Marzo 2010 Di: Redazione Commenti: 0

Per cancellare l’aura polverosa che aleggia intorno alla musica classica e all’opera lirica…

LA CARMEN DI BIZET

Diecimila richieste per duemila posti disponibili: così afferma Stéphane Lissner, sovrintendente della Scala, davanti alle telecamere di rai3. Il 4 dicembre il teatro d’opera milanese apre le sue porte agli under 30, offrendo un biglietto a soli 10 euro per assistere all’anteprima di “Carmen” di Bizet, opera che inaugura la stagione 2009/2010. Subito esaurite le disponibilità.
Per il secondo anno consecutivo si è assistito ad un grande battage pubblicitario intorno all’anteprima della stagione scaligera: Fabio Fazio dedica all’evento addirittura una puntata speciale di “Che tempo che fa”, in prima serata.
Ci si potrebbe chiedere come mai l’opera susciti oggi tanto interesse e come mai tanti giovani hanno scelto di assistere ad uno spettacolo di quasi 4 ore e per di più in lingua francese, con musiche di un compositore morto più di un secolo fa. L’opera lirica non è un genere noioso, difficile, che non interessa più nessuno? Eppure in teatro il 4 dicembre si vive un’atmosfera festosa ed elettrica; ragazzi che entrano per la prima volta in un teatro d’opera mostrano un genuino e caloroso entusiasmo, si susseguono applausi scroscianti e un giovane esplode in un caloroso: “grazie Lissner”.
Guidati da un direttore esperto e di fama mondiale (Daniel Barenboim), sulla scena vediamo cantanti giovani, alcuni addirittura debuttanti. La musica fin dall’inizio si rivela vivace e frizzante, ma di colpo sa farsi tesa e drammatica. La vicenda, tratta da una novella di Merimée, racconta la storia passionale e tormentata dell’amore tra il brigadiere don José e l’ammaliante zingara Carmen. Questa spinge l’uomo a venir meno ai doveri della sua professione, all’amore casto per Micaela e per la madre e ad entrare persino in combutta con dei contrabbandieri. Don José viene trascinato nell’abisso di una passione sfrenata, fino a quando la gelosia morbosa nei confronti di Carmen non ha il sopravvento, conducendolo alla tragedia finale: l’omicidio di Carmen.
La vicenda si svolge originariamente a Siviglia; la regista Emma Dante sceglie di trasporla nella Sicilia di inizio Novecento. Scelta comprensibile: il senso dell’onore, il rispetto della madre (e della famiglia), la gelosia, il tradimento e l’omicidio per amore sono elementi che si prestano a tale rilettura. Il mondo irregolare degli zingari e di Carmen si contrappone al mondo di Micaela e della madre di don José, rappresentato dalla grande abbondanza di crocifissi nei fondali della scenografia. La regia, accusata di essere avanguardistica, sembra in realtà gradevole e funzionale; i momenti di forte impatto sono in realtà pochi.
Per molti giovani l’opera lirica è una scoperta: un genere difficilmente classificabile, che unisce in un unico spettacolo musica, dramma e scena. Così negli intervalli si sentono dei commenti “è come un film”. Eppure non è un film e non è uno spettacolo di prosa; qualcuno dei ragazzi lo apparenta al musical.
Differisce da altri generi per il ruolo drammaturgico assunto dalla musica, che occupa una parte da protagonista, accompagnando e al tempo stesso suggerendo, descrivendo e suscitando le emozioni che attraversano il palcoscenico.

Noiosa l’opera? Non si direbbe. Un genere poco noto per molti dei ragazzi che una volta scoperto stupisce, meraviglia, abbaglia. Leggendo le pagine dei giornali dei giorni seguenti si legge di due prime: quella del 4 dicembre, piena di giovani e di entusiasmo, e quella “ufficiale” del 7 dicembre, con le critiche dei loggionisti che fischiano lo spettacolo.
Si parla di crisi del teatro e di crisi del teatro d’opera. Ma guardando quest’anteprima, pensando ai giovani in coda per ore pur di procurarsi un biglietto, non viene da pensare ad una crisi. Viene allora da chiedersi se i teatri non farebbero meglio ad investire di più sui giovani, magari con offerte di biglietti a prezzi più accessibili. Sperando che iniziative come questa dimostrino che quello sui giovani sarebbe un buon investimento.
Enrico Guerini
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