Il nuovo decennio si apre e oggi, grazie alla tecnologia sempre all’avanguardia e i nuovi media, siamo in grado di comunicare e ricavare informazioni da ogni angolo del pianeta con un semplice un click.
Eventi e notizie sono alla portata di (quasi) tutti ormai e possiamo vantare una conoscenza da manuale per quanto riguarda i fatti del giorno, i gossip e le mode del momento. Ma siamo proprio sicuri di essere sempre informati su ciò che di rilevante accade nel mondo?
No, purtroppo. Il caso del Sahara Occidentale ne è una prova tangibile.
Forse non tutti sanno infatti che, tra il Marocco e la Mauritania, si estende la più grande area non indipendente del mondo, la Repubblica Democratica Araba dei Sahrawi. La popolazione da circa trent’anni convive con la presenza di un muro, costruito dallo stesso Marocco a causa della guerriglia che si protrae dal 1975. In questo modo però il territorio è completamente isolato dal resto dell’Africa nord occidentale.
Ma procediamo con ordine: il Sahara Occidentale, un tempo territorio spagnolo, venne successivamente occupato dal Marocco, dopo un accordo con la Spagna; l’incursione straniera, passata alla storia con il nome di Marcia Verde, venne descritta dai media come un insediamento pacifico, dimenticando di citare gli scontri violenti e i bombardamenti avvenuti.
Questo territorio così ricco di fosfati e di pesce è stato a lungo conteso tra la popolazione nativa e i Marocchini fino al 1991, anno in cui venne interrotta la guerriglia tra le due nazioni con la promessa di istituire un referendum che determinasse la libertà del Sahara Occidentale o la sua definitiva occupazione da parte del Marocco. In questi anni molti Sahrawi fuggirono a causa della guerra e, per evitare che tornassero indietro, il Marocco costruì un muro che parte dall’Algeria e arriva fino all’Oceano Atlantico, alto 4 metri e lungo ben 2700 km. Questo muro non ha nulla a che vedere con le titaniche costruzioni che attirano tanto i turisti, ma ha un’unica funzione: interamente minato, ricoperto di filo spinato e perennemente sorvegliato da 160.000 soldati, tiene gli abitanti del Sahara Occidentale reclusi nella propria patria. Questi vengono trattati come cittadini di ordine inferiore, ai limiti della condizione di schiavitù. Le torture e le sevizie, inflitte dal Governo Marocchino tramite la propria polizia, sono all’ordine del giorno non solo nei confronti degli attivisti, ma soprattutto verso la popolazione civile inerme, tanto che uomini, donne e bambini sono quotidianamente sottoposti a continui stupri, fisici ed emotivi. Nonostante nel 1979 il re del Marocco Hassan II firmò la carta dei diritti dell’uomo, questa popolazione occupata è stata letteralmente imprigionata e privata di ogni forma di giustizia e dignità.
Ma parliamo ora di cifre: questo scenario ripugnante di violenza e soprusi costa ogni anno quarantasei milioni di dollari, che servono a finanziare soldati dell’ONU che controllano i territori liberati stanziati in otto caserme, ma che di fatto non fanno nulla. La missione chiamata MINURSO (United Nations Mission for The Referendum in Western Sahara) che doveva permettere la votazione del referendum in modo pacifico nel 1992, non è stata mai portata a termine. Il Marocco, infatti, non hai mai accettato che il referendum, come era stato stabilito, seguisse le liste del censimento del 1974, cioè prima dell’occupazione, pretendendo invece si seguissero quelle del 1991, dove il rapporto tra Marocchini e Sahrawi era di a 7 a 1.
Gli sprechi, quindi, sono enormi se pensiamo ai costi per mantenere delle truppe in un territorio così ostile come il deserto; e tutto ciò viene pagato anche dalla Comunità Europea, quindi da noi stessi. Non solo siamo davanti a una situazione assolutamente intollerabile, ma inconsapevolmente continuiamo a permetterla, dal momento che l’opinione pubblica ne viene tenuta all’oscuro.
I pochi che sono a conoscenza di questa tragica situazione stanno facendo sentire la loro voce, scrivendo articoli e facendo firmare petizioni per dire finalmente basta a tutto questo, come il famoso reporter Stefano Salvi, grazie al quale possiamo vedere sul suo sito web con i nostri occhi le sconcertanti immagini del “muro della vergogna” e di ciò che accade in quelle terre. ( www.stefanosalvi.it )
E’ inaccettabile poi che nell’era della comunicazione e dell’informazione, i Governi del mondo, indipendentemente dal proprio livello di libertà di stampa, ignorino volontariamente le grida d’aiuto che provengono dal Sahara Occidentale, e, colpevolmente, tacciano.
Luisa Morra