Del: 17 Ottobre 2010 Di: Redazione Commenti: 0

Da un’enciclopedia dedicata alla musica rock: “l’ultimo album del gruppo esce nel 1989 e consiste in un interessante progetto a sostegno degli Indiani d’America”.

Il nome deriva dall’omonimo brano dei DNA di Arto Lynsday presente in una compilation ‘mitica’ del 1978, “No New York”, che stravolse irrevocabilmente l’ortodosso approccio alla musica. Da allora il rock virò verso un rumorismo che divenne arte (leggi Sonic Youth), anche se quella proposta fu accolta negativamente sia dal pubblico che dalla critica.
Per tornare al gruppo, bisogna dire che sono originari di Piacenza e sono stati fra i più significativi dell’underground italiano negli anni ’80. Proprio in questo decennio la scena rock italiana è tra le più vive, interessanti e propositive: Litfiba e Diaframma a Firenze, orientati verso sonorità dark-new wave, Skiantos e CCCP in Emilia, più orientati verso sonorità grezze e ‘sporche’. Pochi anni, questi, in cui l’Italia si è avvicinata al resto del mondo.

“Strange Dolls”, pubblicato dall’etichetta Electric Eye, è il loro debutto nel 1982. Si tratta di un Ep contenente 4 canzoni.
La line-up dei primi anni conta sulla cantante Lilith, il chitarrista Paolo Molinari, la tastierista Maria Severine, il bassista Dany e il batterista Tony Face (proveniente da una delle prime band hardcore italiane: i Chelsea Hotel).
Nel loro sound alternativo si ritrovano tracce di rock’n’roll, blues e garage. Le loro influenze dichiarate: Cramps , gli X , i Gun Club ma anche la psichedelica dei 60s (13 Floor Elevators e Seeds in particolare), la surf music e il punk rock di stampo newyorkese (Patti Smith, Dead Boys, New York Dolls e Stooges, il gruppo di Iggy Pop).
Il loro primo vero album è del 1986: “Sinnermen” (pubblicato dalla neonata label toscana Spittle Records ). Il gruppo dura ancora qualche mese, per poi dividersi in due : dopo il trasferimento di un chitarrista in Danimarca, anche il bassista “Dany” abbandona per emigrare in Germania.
Particolarmente meritevole di attenzione è però il loro ultimo album, dal titolo “Song of Myself”, accreditato a LANCE HENSON & FRIENDS.

Tra i numerosi ospiti c’è Giovanni Lindo Ferretti (allora cantante dei CCCP), parte dei Negazione, Luca Re dei Sick Rose e soprattutto il Cheyenne Lance Henson, un Nativo americano, poeta tra i più rappresentativi della letteratura americana contemporanea, dal 1978 attivamente impegnato nella lotta per i diritti dei Cheyenne e delle popolazioni indigene nel mondo.
L’album è composto da nove tracce in lingua inglese, come del resto tutti i lavori dei Not Moving: indizio di innumerevoli ore di ascolti di musica straniera e di volontà di avvicinarsi a un certo standard linguistico.
E’ un bellissimo incrocio di punk (vedi la canzone che porta il titolo del mini Lp), psichedelia (soprattutto in ‘The Ballad of Sister Snake’, con qualche ricordo di Sid Barrett), poesia recitata e cantata.

E’ compresa anche una cover molto sentita di ‘Ohio’ di Neil Young. Si tratta di un potente brano rock diventato immediatamente un classico, composto subito dopo i tragici avvenimenti del 4 maggio 1970, data in cui quattro studenti vennero uccisi dalla Guardia Nazionale USA nel campus della Kent State University, nello Stato dell’Ohio. La rivisitazione è introdotta dalle urla di Ferretti e preceduta da una lirica di Lance Henson, “Another Song of America”: driving west on Ohio highway 76/just past the Kent state turnoff/a soft rain begins/God damm you america/what have you done to your children/the wind speaks their names/anyway you breathe it. (Un altro canto per l’America: Guidando verso ovest sulla statale 76 in Ohio/appena superato il raccordo per la Kent state/inizia una leggera pioggia/Dio ti maledica america/cosa hai fatto ai tuoi figli/il vento pronuncia i loro nomi/in qualunque modo tu respiri).
Anche l’introduzione delle altre canzoni contenute nell’album consiste nelle liriche del poeta, scandite in tono pacato e solenne.

Particolarmente riuscita e coinvolgente è la traccia numero 6: ‘They Will Fall’, interpretata dalla femminilità torbida di Lilith, anticipata dal riverbero di una chitarra elettrica e dall’espressivo suono di un violino. Il canto che la precede, “Peyote Song”, ci porta l’atmosfera pacifica di un mondo e una cultura lontani.
L’album è permeato da un senso di coralità in cui pare che nessuno voglia predominare, per lasciare così spazio a uno spirito collettivo autentico.
Stupisce positivamente il fatto che nella provincia italiana, nella culla della musica leggera tradizionalista e conservatrice, ancora più di vent’anni fa sia stato realizzato un lavoro di tale portata innovatrice.

E’ d’ esempio anche il loro impegno: “da sempre ci è cara la causa pellerossa”, dichiara il gruppo. E infatti nel 1994, dopo numerosi cambiamenti, i Not Moving si rifanno vivi con l’album “Homecoming”, ancora una volta vicino alle istanze della cultura nativa americana. Una band da riscoprire e un disco da riascoltare.
www.myspace.com/thenotmoving

Alessandro Manca
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