Per molti giovani milanesi, Quarto Oggiaro è il luogo dove comprare pizzette e brioches alle 3 del mattino. Per moltissimi altri, resta per antonomasia il luogo dello spaccio, della mala e delle lame. In pratica, il set delle canzoni di Vacca.
Il passato di Quarto è innegabile, quanto il suo cambiamento.
Paradossalmente, la sua fortuna deriva dalla sua storia: essendo stato per decenni uno dei quartieri milanesi più afflitti dai problemi tipici delle periferie, quali degrado urbano, traffico di stupefacenti e microcriminalità, nonchè una delle zone forti della grande criminalità organizzata (soprattutto della camorra e della ‘ndrangheta), è stato al centro dei primi progetti di riqualificazione urbana, che lo hanno portato ad essere oggi un quartiere completamente diverso dall’avamposto operaio dei primi anni ’50.
Il percorso da fare per “svecchiare” l’immagine di questo quartiere è sicuramente ancora molto lungo, senza contare che persistono problemi concreti, primo fra tutti l’inserimento delle nuove comunità di migranti e la corsa agli alloggi popolari, occupati abusivamente spesso e volentieri (un articolo del Corriere nel 2007 ne contava 700), i frequenti atti di vandalismo e il mai assente spaccio di droga; tuttavia, è giusto notare l’impegno, la volontà e la partecipazione di moltissimi giovani nel ricostruire, e nel diffondere, una nuova immagine per il quartiere. Nel mostrare il volto positivo di Quarto, quello delle 19 associazioni di Villa Aperta, capitanate dal veterano del volontariato Pino Lopez, che dice: “Bisogna ridare un’immagine al quartiere, combatterne la nomea. Per questo abbiamo creato anche un brand, I love Quarto: alcuni del quartiere non hanno ancora trovato la loro identità, si vergognano di dire che sono di Quarto e noi invece ci teniamo, lo dimostriamo nei fatti, e abbiamo già venduto più di duecento T-shirt!”.
Sembra davvero che Quarto stia rinascendo, grazie all’impegno di tutti quelli che “I ❤ Quarto Oggiaro”.
Gemma Ghiglia
INTERVISTA AD AARON, direttore di Spazio Baluardo
Cos’è Baluardo?
Baluardo è una sintesi di tutto quello che dal nostro punto di vista era necessario per questo quartiere. Siamo uno spazio di aggregazione libera, con un target di riferimento prevalentemente giovanile, ma ci rivolgiamo comunque anche a minori ed anziani. In sostanza, ci rivolgiamo agli abitanti di Quarto Oggiaro che sentono o hanno sentito il peso di vivere in un quartiere come questo.
Com’è nato?
Da utenti dell’ex Centro Giovani di via Val Trompia, che è stato chiuso nel 2001, a causa di alcune politiche di riduzione sociale già partite con Albertini e proseguite con la prima giunta Moratti. Desideravamo un posto che colmasse il vuoto lasciato dal Centro Giovani: un centro giovanile, aperto di giorno con operatori sensibili a quello che era il territorio e il target di riferimento, ossia i ragazzi di periferia, molti dei quali erano tornati per strada e cominciavano ad avere brutte fequentazioni. Sentivamo che era importante partecipare al cambiamento del nostro quartiere. Per cui, all’inizio del 2003, abbiamo avuto occasione di partecipare a un bando del comune che dava in gestione questo spazio. E ora siamo attivi da sei anni, dal 2005, dopo due anni di assestamento e ristrutturazione degli spazi.
Quali finalità si propone?
Si propone di dare maggiore consapevolezza ai cittadini di Quarto. Nasce per rappresentare qualcosa di resistente, significativo e alla portata di tutti; la realtà socio-ecomica del quartiere è quella che è, e quando non riusciamo a sostenere un’ iniziativa gratuita teniamo corsi a pagamento che risultino accessibili anche alle fasce di reddito più basse. Ci occupiamo di diversi campi della cultura: organizziamo mostre, sponsorizziamo gruppi artistici e musicali emergenti, stiamo per lanciare un corso di writing che terminerà con un murales in via Palizzi, dove finisce la discesa del ponte, e il murales dirà “Benvenuti a Quarto Oggiaro”. Vogliamo far sì che i ragazzi comprendano di poter essere i protagonisti della loro vita, promuovendo una crescita culturale e umana, spingendo questi ragazzi a evitare di essere convogliati nei canali della criminalità, dell’abbandono al degrado e dell’insoddisfazione verso la propria vita, con tutti gli atteggiamenti da bullo e pseudocriminale che ne derivano.
Da chi viene gestito?
All’apertura eravamo in tre ragazzi, tra i 17 e i 19 anni, tutti ex utenti del Centro Giovani. In questi sei anni all’incirca 30 persone si sono avvicendate nel consiglio direttivo, che è composto da dieci membri. La formula di gestione è quella di aderire con una tessera associativa annuale del costo di 7€. Attualmente contiamo 210 soci e riusciamo ad andare avanti soprattutto grazie al loro lavoro volontario.
Qual è stata la reazione del quartiere?
É stata senza dubbio positiva. Abbiamo avuto problemi più che altro all’inizio: durante il primo anno abbiamo subito furti e atti di vandalismo. Ora invece siamo considerati un punto di riferimento per più o meno qualsiasi cosa nel quartiere. Abbiamo un grande responsabilità, in qualche modo ci troviamo a fare da referenti verso la “società civile”: già dal punto di vista urbanistico, Quarto è un quartiere isolato, ti rende a parte, ti fa sentire a parte. E noi cerchiamo di colmare questa distanza.
In che rapporti siete con la giunta comunale?
La giunta di prima ascoltava poco e finanziava poco. Quella di adesso ascolta molto ma finanzia anche meno. Ha un po’ tradito le aspettative della campagna elettorale sulla rivalutazione delle periferie. È un problema: non ci sono soldi, e se ci sono, comunque per i prossimi due anni non saranno destinati a noi. Stiamo cercando di capire a quali bandi possiamo partecipare con una realtà come la nostra. Ci siamo trovati molto bene invece con il nuovo Consiglio di Zona (che ha patrocinato il corso di writing) forse anche perchè sono stati eletti ragazzi giovani, con voglia di fare.
E con Quarto Posto?
Quarto Posto sta facendo un buon lavoro, soprattutto su Piazzetta Capuana. Però hanno aperto da poco, devono ancora radicarsi nel quartiere: i ragazzi sentono che non sono di Quarto; noi il giovedì sera e a tutte le loro iniziative andiamo a fare massa critica, ma ci vuole un po’ perchè la gente possa fidarsi, fare di te e del tuo progetto un punto di riferimento.
Cosa è stato fatto di cui siete particolarmente fieri e cosa si può ancora fare?
Un’eccellenza è stata la scuola di italiano per stranieri, creata con l’intenzione di accogliere le comunità migranti “nuove” (nordafricane, esteuropee, cinesi), sostituitesi a quelle “vecchie”, quelle meridionali degli anni ’50 e ’60, cercando non soltanto la voglia di insegnare l’italiano ma creare tutta una serie di iniziative, quali gite, feste e proiezioni, per far capire un po’ la cultura italiana e milanese e, così facendo, accorciare le distanze che possono eserci inizalmente tra migranti e nativi. Alcuni studenti della scuola sono diventati soci e membri molto attivi di Baluardo, ad esempio Ali, ex studente, adesso è nel consiglio direttivo. A partire da settembre, invece, avvieremo una collaborazione con l’istituto di formazione professionale Greppi, che porterà avanti una scuola di musica e una polisportiva, sia per i ragazzi della scuola sia per gli utenti di Baluardo.
INTERVISTA AD ANNA, Quarto Posto
(www.facebook.com/quarto.posto)
Quarto Posto è affiliato all’arci. Com’è nata la collaborazione?
Nasce un anno e mezzo fa, come collettivo indipendente di giovani tra i 25 e i 30 anni, che ha chiesto una collaborazione ad Arci Itaca per svolgere delle attività, ma nel tempo è andato strutturandosi e adesso si sta costituendo come un’ associazione a sè stante affiliata ad Arci.
Come mai avete deciso di prendere questo spazio? Ve lo hanno assegnato o è stata una scelta vostra?
È nato da un’esigenza nostra. Volevamo provare a fare eventi culturali anche di poratata abbastanza alta e proporli in un contesto più popolare. Avevamo già visto fiorire in città esperienze molto postive di cultura nata dal basso e ci sembrava una buona sfida proporre questo sistema in un quartiere diverso dai soliti, di cui tutti avemo già esperienza, chi attraverso la politica, chi attraverso il volontariato, avevamo già sperimentato a realtà di Quarto Oggiaro.
Di cosa vi occupate?
Svariati tipi di iniziative. Abbiamo oganizzato serate di karaoke, tornei di calcio, radiospettacoli, presentazioni di libri di scrittori di Quarto, cabaret, grigliate, concerti, una sera siamo riusciti a offrire uno spettacolo lirico. Tutto nasce dalla partecipazione di persone che vengono qui per bere una birra e hanno un’idea su cosa si potrebbe fare. Per lo più le iniziative nascono dalle loro proposte, noi aiutiamo a metterle in pratica. Teniamo iniziative anche fuori da piazzetta Capuana, in altri circoli Arci e in altri spazi del quartiere; soprattutto quando facciamo iniziative in collaborazione con Baluardo, l’A.N.P.I. o a Villa Scheibler.
Qual è stata la reazione del quartiere?
La reazione è positva. Anche se è molto difficile raggiungere una fascia media. Si riesce a raggiungere chi vive in piazza e chi ha comunque una certa mentalità e frequenta già alcuni ambienti di associazionismo di quartiere, politico o di volontariato. Il punto è che Quarto non è più quella degli anni ’60: esiste oggi anche una Quarto Oggiaro dell’impiegato d’ufficio che è molto più difficile raggiungere.
Per quanto rigurada, invece, l’episodio della bomba carta?
Come sempre quando un posto diventa attivo, attira attenzioni nel bene e nel male. Se nel 95% dei casi le ha attirate nel bene, è successo che una certa sottocultura che è presente qua, quella che non vede di buon occhio una piazza popolata, ha portato a questo atto vandalistico il giorno della Vigilia di Natale e due o tre persone sono rimaste ferite. Purtroppo il vandalismo è pratica comune, e in questo caso sicuramente ne eravamo noi l’oggetto, ma in altri casi non è sempre così evidente a chi è rivolto. C’è una cultura che porta all’omertà e questo appoggia, anche indirettamente, certi atti isolati da parte di chi non supporta le logiche di cittadinanza attiva, di lotta alla mafia ecc.
Avete avuto appoggi da parte del Comune e del Consiglio di Zona?
Molto dal Consiglio di zona, che ci ha sempre sostenuti e appoggiati. Con il Comune stiamo aprendo ora un’interlocuzione a proposito dei numerosissimi spazi sfitti presenti nel quartiere. Gestirli a partire da politiche aggregativo-culturali come qusta potrebbe essere davvero la base per la lotta alla sicurezza: vivere il quartiere, abitarlo, occupare positivamente gli spazi.
Quali sono le iniziative di cui andate più fieri e quali sono state le sfide maggiori che avete dovuto affrontare?
Ci sono iniziative ben riuscite dal punto di vista della partecipazione, che si riflettono positivamente sul quartiere e i suoi abitanti, soprattuto le feste di piazza. Altre iniziative, anche se magari meno partecipate, hanno comunque la capacità di spezzare la logica del reietto a tutti costi, come la lirica o la degustazione di vini. Questo è un quartiere dove ci sono molte cose da valorizzare: una capacità relazionale altissima e un associazionismo fortissimo che collaborano e lavorano insieme. La sfida più grande è dare continuità a tutto questo. Una sera a settimana non è sufficiente, ma una volta visto che il modello funziona, bisogna impegnarsi a replicarlo.
Gemma Ghiglia