Del: 4 Giugno 2013 Di: Redazione Commenti: 0

Per regolamentare il prezzo dei libri è in vigore dal 2011 la leggi Levi, che impone uno sconto massimo del 15% sul prezzo di copertina. Per chi era rimasto ai vecchi tempi, quando i prezzi erano decisi dall’incontro tra domanda e offerta, si è aperto un nuovo mondo: non più confusionarie mani invisibili, ma un preciso editore che stabilisce il “giusto prezzo” di un libro in ogni angolo del Belpaese (salvo alcune arzigogolate eccezioni). In questo modo il piccolo libraio viene difeso dalla concorrenza della grande distribuzione e della vendita on-line, sostiene il legislatore, tutelando la “pluralità del mercato editoriale”.

libreria d'epocaLa legge ha avuto non pochi detrattori: di solito gli interventi legislativi servono infatti a imporre dei prezzi massimi, magari per evitare cartelli tra i venditori e tutelare i consumatori più deboli, mentre imporre dei prezzi minimi sembra un regalo fatto alle librerie a spese dei lettori. In realtà le cose non sono così semplici, tanto che in molti paesi già da tempo esistono leggi che regolano il prezzo dei libri: in Spagna e Germania il prezzo di copertina è fisso, in Francia sono possibili sconti solo fino al 5%. Esistono delle ragioni storiche per l’adozione di misure di questo tipo: il libraio di piccole dimensioni sostiene infatti costi fissi maggiori e ha un’offerta di titoli per forza di cose limitata. È inevitabile quindi che nel lungo periodo sparisca per far posto alle librerie più grandi, più ricche nell’offerta ed efficienti nella gestione dei costi. Poco male, penseranno in molti: “il piccolo libraio” andrà a far compagnia ad arrotini e ombrellai, lasciando il posto a professioni più moderne ed “efficienti”. L’obiettivo del legislatore, però, era un altro: delegare tutta la distribuzione libraria a pochi gruppi, destino per molti inevitabile di un mercato liberalizzato, è sicuramente più efficiente sul fronte dei prezzi, ma può ridurre l’offerta di titoli. All’epoca si temeva, infatti, che i grandi distributori si potessero accordare fra loro per escludere titoli “scomodi”, invisi ai “poteri forti”, privando il lettore della possibilità di formarsi un’opinione libera e plurale.

L’argomentazione può risultare più o meno convincente, è chiaro però che poteva avere senso soltanto nell’era pre-internet: oggi l‘acquisto on-line di libri (cartacei e non) permette a ogni lettore di ordinare con un clic qualsiasi opera, anche la più “slegata dalle logiche del mercato editoriale”, spaziando dall‘ultimo j’accuse contro le scie chimiche alla nuovissima teoria per uscire dalla crisi in barba alle banche e ai massoni. Nessun cartello può fermare il libero pensiero del lettore, che con un computer e un po’ di fantasia nelle stringhe di ricerca può formarsi facilmente la coscienza civile che più gli aggrada. Curiosamente però il legislatore italiano ha preferito lasciare il piccolo libraio in balia degli spiriti animali del mercato fino al 2011, quando difenderne l’esistenza poteva tutto sommato garantire un certo pluralismo nell’editoria, intervenendo solo quando l’avvento di internet aveva ormai spazzato via ogni possibile utilità sociale per la regolamentazione del prezzo dei libri.
libri epocaIl pianificatore però fa le pentole ma non i coperchi: il costo degli e-book infatti non è regolato, ma lasciato al giudizio dell’editore. Benché alcuni chiedessero a gran voce di allineare il prezzo dei libri virtuali a quello dei cartacei, il legislatore ha avuto uno sprazzo di lungimiranza: l’acquisto di e-book è infatti strutturalmente impossibile da imbrigliare, visto che chiunque può aprirsi un account su un sito straniero e fare i suoi acquisti all’estero. Finora gli editori hanno scelto di non affossare completamente il mercato del libro tradizionale, evitando scostamenti eccessivi di prezzo tra il libro virtuale e il cartaceo. Ciononostante le differenze sono comunque notevoli: Inferno, il nuovo best seller di Dan Brown, costa 9,99 su e-book, mentre il prezzo di copertina è di 20 euro. Su quasi ogni titolo la differenza è comunque molto consistente, diventando in alcuni casi abissale.

L’intenzione di assecondare le pressioni dell’Ali, l’Associazione Librai Italiani, molto attenta alla propria sopravvivenza e molto poco a quella dei lettori meno facoltosi, rischia quindi di rivelarsi controproducente: un prezzo artificialmente alto dei libri cartacei tende a rendere la transizione dalla lettura su carta a quella su dispositivo digitale ancora più rapida. Difficile immaginare che l’amore per “il fruscio della carta” possa giustificare a lungo prezzi di copertina superiori anche più di due volte al proprio omologo virtuale. Paradossalmente quindi i goffi tentativi del legislatore di salvare una modalità di distribuzione già da tempo obsoleta, proteggendo una delle tante corporazioni che affossano l’Italia, rischia di accelerarne l’inevitabile fine: nel frattempo a pagare il conto sono i lettori, specialmente gli aficionados della cellulosa, costretti a rinunciare a promozioni e offerte.

Filippo Bernasconi

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