Alle ore 19 del 6 giugno, davanti al Castello Sforzesco, si sono radunate diverse centinaia di persone. Per la maggior parte turchi, ma tra di loro c’erano anche tantissimi italiani. Il motivo del loro ritrovarsi è molto semplice: dimostrare solidarietà ai giovani (e non solo) di Istanbul e delle altre città turche che in questi giorni stanno facendo del loro meglio per resistere alle violenze della polizia e alle ingerenze del governo di Tayyip Erdogan.
Gezi Park e piazza Taksim hanno trasceso i loro limiti geografici. Dalla protesta iniziale, volta a salvare un parco pubblico di Istanbul, questi due luoghi sono diventati il simbolo di una democrazia violata, della brutalità di cui è capace uno Stato e del controllo che questo può esercitare sui media (è ormai noto che mentre la polizia caricava sulla folla i telegiornali turchi mandavano in onda le immagini del “gatto più strano del mondo”).
Tra i numerosi cartelli che si potevano leggere oggi in Piazza Cairoli, uno – molto semplice e senza fronzoli – ha attirato la mia attenzione, diceva: Her yer Taksim hersey direnis. Ho chiesto cosa stesse a significare. Mi è stato risposto “Taksim è ovunque ci sia resistenza”.
Gemma Ghiglia