Ha perso tutte le partite della Confederation’s Cup, ma ha guadagnato simpatia e tifosi in tutto il mondo: la nazionale di calcio di Tahiti è la vera favola dell’estate del pallone.
Il regolamento della manifestazione (spiegarlo ai non calciofili sarebbe un’impresa titanica) prevede che si sfidino in un torneo le squadre vincitrici delle competizioni continentali e un’altra bizzarrìa della geopolitica calcistica permette all’Australia di giocare la Coppa d’Asia. Capita così che i campioni d’Oceania siano 23 perfetti sconosciuti, figli di un’isola di lingua francese sperduta nel Pacifico Meridionale, con 178mila abitanti, e pochissimi campi da calcio.
Tahiti è conosciuta in occidente soprattutto per i quadri di Gauguin, per le sue spiagge di sabbia scura, e per la vicinanza alla famosa isola di Bora Bora. Scoperta nel 1767, l’isola ha come capitale Papeete, che in Italia è il nome di una nota discoteca della riviera romagnola, e che ha meno abitanti di Cinisello Balsamo.
Da questo lembo di terra in mezzo all’oceano arriva la selezione nazionale: 22 calciatori dilettanti part-time, che si allenano al ritorno dal lavoro, e un professionista, Marama Vahirua, che gioca (si fa per dire viste le 0 presenze di questa stagione) in Grecia e che ha avuto discreta gloria nel Nantes, in Francia.
Tutti gli altri hanno dovuto ottenere le ferie dalle rispettive aziende per poter partecipare alla manifestazione, e la federazione tahitiana si è offerta di pagarle a chi non ne aveva diritto.
La stessa federazione ha dovuto noleggiare un medico dalla FIFA e farsi spiegare bene dai brasiliani organizzatori del torneo cosa vuol dire giocare in uno stadio, visto che a Tahiti i campi sono circondati da poche tribune e che l’intera popolazione del paese non avrebbe riempito completamente il vecchio Maracanà, ora ristrutturato e ridimensionato.
Tahiti ha perso contro Nigeria, Spagna e Uruguay con i punteggi tennistici di 6-1, 10-0 e 8-0, pur essendo partita con il piede giusto. Appena sbarcati in Brasile, infatti, i tahitiani si erano presentati determinati e sereni nella loro divisa ufficiale, una camicia rossa con fiori bianchi, in perfetto stile hawaiiano.
Chapeau.
Vincenzo Genovese