Del: 20 Luglio 2013 Di: Redazione Commenti: 0

Al centro de “Il cane, la notte e il coltello” di Marius von Mayenburg c’è la solitudine di un uomo e, allo stesso tempo, gli incontri del protagonista con varie tipologie di persone, più o meno diverse, più o meno somiglianti tra loro, più o meno riuscite sotto il profilo drammaturgico.
Già, perché il misterioso Signor M altri non è che il campione preso in prestito dall’eterogenea gamma di individui e coloro che lo circondano altri non sono che le innumerevoli figure tipizzate che possiamo incontrare nella nostra vita. La richiesta di aiuto del protagonista, spaesato in un mondo che gli si rivela estraneo a quanto ha sempre conosciuto, non trova ascolto da parte di nessuno dei personaggi in cui si imbatte, tranne uno. Anzi, una: la strana ragazza che, forse, lo salverà da tutti.

Il cane la notte e il coltello

Intrappolato in un universo in cui ognuno brama la carne dell’altro, in cui le infermiere succhiano il sangue dei pazienti, in cui si uccide con la stessa facilità con cui ci si spoglia dei propri vestiti logori, è la paura a farla da padrone. E come si scappa dal terrore? Questa la domanda a cui si aggrappano il testo e la pièce nella loro complessità, senza però infastidire e annientare abbastanza quel dannato dio chiamato Noia, che troppo spesso è in scena a teatro. Nonostante la buona riuscita dell’essenziale scenografia e del gioco di luci sul fondale, il restante lavoro sul palco non decolla del tutto. Forse perché i dialoghi di Mayenburg, così cavillosi e soggetti a più rimandi semantici, hanno ingabbiato troppo aspramente le dinamiche che intercorrono tra i tre attori, facendo svanire quasi completamente quello stato onirico che invece emerge in fase di lettura dell’autore tedesco. Ad ogni modo, non si sottolinea nessuna particolare nota di biasimo verso la performance attoriale, quanto piuttosto la sensazione di non totale appagamento dovuto alla fiacchezza di alcune scene (quella del carcere e del denudamento femminile). Questo è il caso in cui il Coltello del titolo di Mayenburg diventa – sotto tutti i sensi – un’arma a doppio taglio. Contro il palcoscenico, però.

Eika Sdravato

Traduzione: Umberto Gandini
Regia: Manuel Renga
Drammaturgia: Rocco Manfredi
Cast: Veronica Franzosi, Valentino Mannias, Daniele Pitari
Scene e costumi: Linda Riccardi, Angela Spallanzani
Light Design: Luigi Saccomandi, Daniela Bestetti
Sound Design: Hubert Wsetkemper
Organizzazione: Lucia Basaglia, Emanuela Naclerio, Irene Ramilli
Lo spettacolo nasce all’interno del progetto “Finestra sulla drammaturgia tedesca” ideato dalla Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi in collaborazione con il Residenz Theatre di Monaco e l’Accademia di Belle Arti di Brera. Produzione Scuola Paolo Grassi, con il sostegno del Goethe – Institut Mailand – in collaborazione con ERT – Emilia Romagna Teatro Fondazione, Piccolo Teatro di Milano, Centro Teatrale Mamimò, Accademia di Brera.
Visto al Piccolo Teatro Studio di Milano – 26/27 Giugno 2013

Questo articolo è stato elaborato nel contesto del corso di critica teatrale Critici in erba, organizzato dalla Scuola Civica d’Arte Drammatica Paolo Grassi, in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano.

Redazione on FacebookRedazione on InstagramRedazione on TwitterRedazione on Youtube

Commenta