Del: 10 Agosto 2013 Di: Redazione Commenti: 0

Quando, nel 1884, Leopoldo Alas detto Clarìn si accinge a scrivere il suo romanzo La Presidentessa, sa bene che gli intellettuali spagnoli ed europei  non perderanno occasione per criticare un uomo che, recensendo gli scritti altrui, si era creato una meritata fama di critico letterario poco indulgente e puntiglioso.

Le critiche, infatti, non tardano ad arrivare: prima fra tutte quella che vede nel suo capolavoro nient’altro che una rielaborazione spagnola della più celebre Madame Bovary di Gustave Flaubert. Che tale opera abbia influito su Clarìn è fuori discussione, come è evidente dalla trama de La Presidentessa. Come Emma Bovary, anche la bella e sensibile Anna Ozores vede la sua vita consumarsi nelle pastoie di un infelice matrimonio con un uomo che non ama, e che per giunta è molto più anziano di lei: don Víctor Quintanar, il presidente in pensione della Corte di Giustizia. Corteggiata con pervicace determinazione dal dongiovanni della città, il politico liberale don Àlvaro Mesía, è sul punto di cedere quando la situazione si complica perché di lei s’innamora appassionatamente il canonico don Fermín de Pas, l’affascinante capo della fazione “devota”.

presidentessaMa le analogie con Flaubert finiscono qui, laddove cominciano le geniali innovazioni di Clarìn: come quella di fare della città di Vetusta (sotto cui si ammanta Oviedo, città dove l’autore viveva), lo scenario dell’azione, uno dei protagonisti –forse il vero protagonista- del suo romanzo. Di Vetusta sono protagonisti tanto  le strade, la Cattedrale, il club dove l’élite cittadina s’incontra all’insegna del pettegolezzo e della maldicenza, quanto la variegata umanità che la abita: con più di centocinquanta personaggi, La Presidentessa è un vero e proprio romanzo corale, in cui la grandezza dell’autore sta nel saper assegnare a ciascuno di essi una credibile individualità.

Il culmine di tale virtuosismo si trova nelle figure dei due personaggi principali, Anna e Fermìn, legati tra loro da sottili parallelismi e descritti così a fondo nelle grandezze e nelle miserie delle loro personalità da produrre nel lettore l’illusione che si tratti di persone in carne ed ossa. In quest’impresa Clarìn è aiutato dalle sue peculiari scelte stilistiche, anch’esse influenzate dalla letteratura francese coeva, in specie Flaubert e Zola. Clarìn mutua da loro soprattutto un sapiente uso del discorso indiretto libero, ma il suo narratore, ben lungi dalle pretese d’impersonalità del Naturalismo, interviene con giudizi morali da cogliere in filigrana e con ironici accostamenti tra gli slanci di sentimento dei personaggi e i più prosaici dettagli della vita provinciale vetustense.

Questo capolavoro del Realismo paga purtroppo lo scotto della poca dimestichezza del pubblico italiano con le letterature iberiche, così spesso sono solo gli studenti di Lingue ad avere l’occasione di entrare in contatto con La Presidentessa. La sua vivida rappresentazione della società spagnola dell’Ottocento, ricca di verve polemica, ma soprattutto il suo intenso scavo psicologico, che permette al romanzo di assolvere al compito di favorire l’“educazione sentimentale” del lettore, fanno auspicare che La Presidentessa possa conoscere un maggior successo in Italia.

Lidia Zanetti Domingues

Redazione on FacebookRedazione on InstagramRedazione on TwitterRedazione on Youtube

Commenta