Del: 25 Agosto 2013 Di: Redazione Commenti: 0

Per chi avesse la sfortuna di trovarsi a Milano ad agosto per studio o per lavoro, o semplicemente di passaggio tra una vacanza e l’altra, c’è una mostra a Palazzo Reale che meriterebbe una visita: Milan Inter ’63. La leggenda del Mago e del Paròn. Si tratta di un’esposizione sull’indimenticabile Milano calcistica (ma non solo) di cinquant’anni fa: all’inizio degli anni Sessanta, nella capitale economica dell’Italia del Boom, arrivarono due personaggi destinati a far parlare di sè anche nei decenni successivi. Helenio Herrera e Nereo Rocco.
Rispettivamente allenatori dell’Inter e del Milan, il Mago ed il Paròn contribuirono, pur con gli stili diversi, a portare per la prima volta le squadre meneghine ai vertici del calcio mondiale.

helenio_herreraLa mostra di Palazzo Reale, che resterà aperta sino all’8 settembre, offre uno spaccato di quella Milano perduta, che ancora si trovava al confine tra la ristrettezze del dopoguerra e l’ondata modernizzatrice che l’avrebbe travolta di lì a poco: accanto alle fotografie delle fabbriche dell’hinterland e dei primi supermercati si possono vedere le immagini di un contandino che miete il grano sullo sfondo delle case popolari del Gratosoglio.
Anche il calcio, nella Milano dei primi anni Sessanta, rifletteva questo affascinante momento di cambiamento, evolvendosi da attività prettamente sportiva e quasi amatoriale nella vera e propria industria dello show business che tutti conosciamo.

Dopo aver timbrato il proprio biglietto sotto un tabellone che conteggia gli ingressi per le due squadre (l’Inter, alla data del 1 agosto, era in vantaggio di qualche dozzina di voti), il visitatore incontra una prima sala dedicata alle trasformazioni economiche e sociali della Milano di quegli anni, necessaria per comprendere l’ambiente entro cui i veri protagonisti della mostra vissero e divennero tanto famosi da rimanere per sempre nell’immaginario collettivo cittadino.

Segue una sezione dedicata alla esperienza di vita dei due tecnici, con alcuni oggetti personali che sono delle vere e proprie chicche: dalla palla di stracci con cui Helenio Herrera giocava a Buenos Aires negli anni della sua infanzia, al disegno con dedica che un già famosissimo Giorgio De Chirico regalò a Nereo Rocco come consolazione dopo una sconfitta in un derby.

nereo roccoVi è ovviamente anche una parte più prettamente tecnica, che comprende la descrizione delle strategie e degli schemi tattici di Inter e Milan, che contribuiscono a ricostruire le differenti personalità di due figure così affascinanti come quelle del Mago e del Paròn: più estroso e diremmo oggi “mediatico” l’argentino Herrera (leggendaria la sua spavalderia: faceva appendere negli spogliatoi cartelli con la scritta “vinceremo senza scendere dal pullman”); più rustico e tradizionale il triestino asburgico Rocco (“Vinca il migliore? Speremo de no”).

Anche i due allenatori, a loro modo, rispecchiavano le due facce di un’Italia e di una Milano che andava ridefinendo la propria identità: da un lato la ventata di modernizzazione cosmopolita e scientificamente organizzata del Mago, che annotava tutto meticolosamente sui suoi taccuni e faceva, potremmo dire, del marketing ante litteram; dall’altro l’eredità contadina e l’ironia bonaria del Paròn, che approfondiva il rapporto umano con i giocatori, e al calcolo delle calorie preferiva una tavola imbandita e un numero non indifferente di bottiglie di rosso.

Anche gli oggetti esposti testimoniano la diversa indole dei due personaggi: pagine e pagine fitte di annotazioni tecniche per Herrera, un’epica foto di Rocco che gioca a carte con un giovanissimo Fabio Capello per il Paròn.
Denominatore comune alle due squadre e ai due allenatori era però la voglia— e l’indubbia capacità— di vincere : tra il 1963 e il 1968 Inter e Milan vinsero cinque scudetti, cinque Coppe dei Campioni (allora si chiamava così) e tre Coppe Intercontinentali, solo per citare i trofei maggiori.
Per tre anni consecutivi Milano fu capitale del calcio europeo, e a tutt’oggi è l’unica città al mondo ad aver avuto due società calcistiche campioni del mondo: una leggenda, i cui artefici principali furono proprio Herrera e Rocco.

gianni breraInteressante anche la sezione dedicata a Gianni Brera, il giornalista che del Mago e del Paròn contribuì forse più di tutti a forgiare le figure. Insieme alla Montblanc e alla Lettera 22 Olivetti, del grande giornalista sono riproposte le mille espressioni e neologismi che ancora oggi influenzano indelebilmente il lessico calcistico italiano: cursore, goleador, melina, pretattica, contropiede, sono tutti termini coniati da Brera.
Lo stesso vale per i due storici soprannomi di baùscia (i nerazzurri) e casciavit (i rossoneri): un po’ sbruffoni e spavaldi i primi, appartenenti alla buona borghesia del centro; più popolari e prosaici i secondi, spesso favoriti fra i tanti immigrati meridionali. Ormai i ruoli, con Berlusconi e Moratti jr, si sono quasi invertiti, e quelle immagini appartengono a un passato sbiadito e lontanissimo; sono però ben più comprensibili se pensiamo alle due figure di Herrera e di Rocco, più temerario e sfrontato l’uno, più autoironico e popolarmente “autentico” l’altro.

Seguono poi alcuni filmati d’epoca, tra cui spiccano una divertente intervista di Adriano Celentano al Mago, e un video in cui il presidente del Milan Rizzoli presenta alla stampa il neonato centro di allenamento di Milanello (“i calciatori vengono quasi tutti da famiglie contadine e rischiano di cadere nelle tentazioni della città…”)
Sono immagini che evocano atmosfere ormai scomparse, istantanee da un mondo e da uno sport che sono irrimediabilmente cambiati: è tuttavia bello ricordarle nell’ambito di una mostra che concede un poco alla nostalgia di un calcio che non esiste più, e che come me forse qualcuno qualcuno si trova a sognare e quasi a rimpiangere, pur senza averla vissuta.

Giovanni Masini

“MILANO ’63. LA LEGGENDA DEL MAGO E DEL PARON”, Palazzo Reale, fino all’8 settembre; interi 8e, ridotti 6.5e; catalogo Skira 25e.

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