Il termine “cultura” è una parola che viene utilizzata, fin troppo spesso, per delineare un ambito nozionistico non meglio definito che riguarda il sapere in generale. Una parola buttata a caso nei discorsi ed associata a concetti, senza comprenderne la vera importanza.
Se andiamo a rispolverare il buon vecchio vocabolario (qui scelto nell’edizione Treccani) possiamo incominciare a comprendere che per cultura si intende «l’insieme delle cognizioni intellettuali che una persona ha acquisito attraverso lo studio e l’esperienza, rielaborandole peraltro con un personale e profondo ripensamento così da convertire le nozioni da semplice erudizione in elemento costitutivo della sua personalità morale, della sua spiritualità e del suo gusto estetico, e, in breve, nella consapevolezza di sé e del proprio mondo». In altre parole, la cultura è veicolo della crescita non solo dell’individuo, ma dell’intera società. Un concetto che, sicuramente, non può essere trascurato.
In Italia elemento importante per la formazione della nostra cultura è, certamente, il campo artistico. La storia del nostro paese è imprescindibile dalla Storia dell’Arte e dai suoi artisti, che hanno contribuito a rendere la cultura dinamica e attiva. L’Italia infatti è sempre stata definita il “Bel Paese”, un museo a cielo aperto dove giovani rampolli di tutte le nazionalità accorrevano per studiare e riprodurre le bellezze delle città. Da Nord a Sud ogni regione offre uno spaccato particolare della storia artistica e culturale, che affascina orde di cinesi e di turisti in generale, che accalcano con guide e flash le nostre piazze.
Nonostante questo grande appeal, il nostro Paese sembra non essere capace di sfruttare appieno il suo patrimonio. L’Italia, soprattutto negli ultimi anni, ha avuto un rapporto di amore e odio verso i beni artistici disseminati per tutta la penisola. Da una parte colorati cartelloni pubblicitari ci invogliano ad accodarci e mescolarci a frotte di visitatori per vedere mostre con nomi altisonanti, mentre dall’altra abbiamo una situazione disastrosa in cui opere malconce e poco conosciute prendono polvere in grandi depositi, fruibili solo a chi ha il coraggio di avventurarvisi. Alla base di tutto ciò stanno i soliti problemi: l’immensa quantità di opere, la mancanza di fondi, i costi dei restauri e l’affluenza. Problemi con la lettera maiuscola, a cui spesso è difficile far fronte, che però sono stati sopperiti in una qualche maniera.
Tuttavia l’abitudine a leggere articoli sconcertanti riguardo il patrimonio artistico è andata crescendo, fino a risultare quasi drammatica. Ogni anno crolla un nuovo pezzo nel sito archeologico di Pompei —fatto abbastanza ilare se si considera che proprio le sue meraviglie si sono conservate grazie ad una colata di lava—, lo scorso mese abbiamo assistito all’estrema unzione di un gesso del Canova, uno dei pochi esemplari noti dell’Uccisione di Priamo, caduto e frantumatosi in mille pezzi. Ma le perdite non si annoverano solo tra le opere d’arte, il torto più grave è stato commesso contro l’intera disciplina: gli stessi decreti ministeriali quasi lottano per cancellare definitivamente lo studio della Storia dell’Arte dalle scuole dell’obbligo.
L’appellativo di Bel Paese così sembra rimanere solo come involucro di un concetto senza sostanza, come un lifting che viene ogni volta apportato per nascondere le crepe. Non si può parlare di cultura né di promozione e valorizzazione di essa senza che alla base ci sia la coscienza di questi valori; e purtroppo, come tutte le cose, essi vanno coltivati fin da piccoli. Non solo smettere di insegnare Storia dell’Arte impedisce una maggior crescita personale, ma fa perdere completamente importanza ad una materia che lo Stato, in un momento di crisi come questo, dovrebbe saper sfruttare al meglio, facendo della cultura un motore di sviluppo.
Ogni volta speri che sia soltanto un brutto sogno, ma ormai declamare l’articolo 9 della Costituzione
La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.
Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.
è paragonabile al raccontare una barzelletta agli amici al bar.
Paola Gioia Valisi