Nel confronto di venerdì tra i candidati PD si è registrato un grande assente: la questione meridionale. Il moderatore, così solerte nel domandare quanto costa un quotidiano online, non ha chiesto ai candidati se è normale che un ragazzo del Sud si senta ancora costretto a frequentare un’ università al Nord per un percorso di studi serio e completo: ma forse nessuno di loro è mai stato in Statale, e non ha mai visto la percentuale di studenti meridionali emigrati a Milano. I tre candidati hanno parso ignorare che il Sud dall’inizio della crisi ha perso ulteriore terreno in termini economici rispetto al nord, come segnalato qualche giorno fa da Stella e Rizzo sul Corriere insieme a una valanga di altri dati noti e drammatici: spese amministrative doppie rispetto al Nord, media di donne impiegate dimezzata rispetto al settentrione, reddito medio in Calabria pari a 2/5 di quello valdaostano.
Non è una novità. Nonostante sia grande come una casa da più o meno 150 anni, è difficile che la questione meridionale venga affrontata in un dibattito di qualsiasi natura. Ieri, questo dramma nostrano è solo stato sfiorato: quando, parlando di tesseramento gonfiato, Cuperlo ha parlato di ”episodi circoscritti” ―magari avendo in mente Mirello Crisafulli, pascià di Caltanissetta che lo sostiene con percentuali bulgare quantomeno sospette per lui, uscito da variegati processi penali― e quando Renzi ha parlato degli sprechi dei fondi europei, usati con leggerezza demenziale soprattutto al Sud (per dire: alla trattoria ”Don Ciccio” di Bagheria sono stati girati 3541€ dei fondi di Bruxelles).
Parlare del dramma del Sud e della criminalità organizzata ad esso correlata non ha mai reso entusiasti i politici (e i media) italiani. Ultimamente , però, è addirittura diventato un tabù, se si escludono gli show di Fazio e Saviano. Il risultato è che alla presidenza della Commissione antimafia, per un gioco di poltrone, ci finisce Rosi Bindi(!), e che si parla di “terra dei fuochi” come se fosse stata una curiosa fatalità e non un’associazione criminale potentissima a farcire la propria terra di uranio e altro. Gli abusi edilizi, le case costruite nell’alveo dei torrenti, vengono ciclicamente condonate, e poi si piange sul sangue versato alla prima alluvione.
Al Nord, spesso il problema è sentito come lontanissimo: in effetti, per motivi storici e attuali, è più facile che la criminalità organizzata venga associata alle regioni meridionali. Ma non si tratta affatto di un problema esclusivo del Sud. Forse Giuseppe Civati sa che giovedì 24 ottobre (per citare un esempio recente) a Barlassina ―provincia di Monza, suo feudo ― sono stati arrestati il boss della ‘Ndrangheta Francesco Orazio Desiderato e due suoi tirapiedi, fermati con un fucile militare e un chilo di cocaina. Forse anche lui ha letto Le Fondamenta della città, bellissimo libro del procuratore Giuseppe Gennari, in cui sono ben espossti gli interessi e il potere della criminalità ‘ndranghetista in Lombardia.
Però di questo, venerdì, nessuno ha parlato. Peccato: perchè, dai candadati alla segreteria del primo partito italiano, sarebbe stato bello sentire proposte per risolvere il primo problema italiano. Finché la questione meridionale, insieme a tutti i suoi annessi e connessi, non sarà riaperta e definitivamente risolta, l’Italia non potrà dirsi un Paese compiuto e compiutamente civile.
Come ha detto Roberto Saviano, questo non è un problema: è IL problema.
Stefano Colombo