Del: 10 Gennaio 2014 Di: Francesco Floris Commenti: 0

Nonostante diversi cloni del ministro Saccomanni e del premier Letta si aggirino come spettri per l’Europa ad invocare fantasmagoriche riprese, la realtà dei duri pessimisti e dei piegati cittadini europei si riprende sempre e comunque la scena.

A un paio di giorni dagli orgasmi fiscali del ministro dell’Economia italicus sapiens sapiens, torna a farsi sentire la voce del compagno Draghi, il noto castigamatti del sistema bancario.

Il governatore della BCE ha semplicemente ratificato quello che gli abitanti del pianeta Terra – inquilini di Palazzo Chigi esclusi – sanno perfettamente e cioè che anche nel 2014 la crescita nell’intera zona euro sarà limitata ad un gaudente zero-virgola-numero-sotto-il-cinque.

Come sia possibile in un questo roseo contesto attuare politiche di riduzione della pressione fiscale sui contribuenti e contemporaneamente tagli di spesa improduttiva (suona meglio se la chiamo spending review?), rimane un mistero irrisolto anche senza un PhD ad Harvard.

Nonostante tale l’evidenza, svettano sulle prime pagine della carta straccia che riempie le edicole del Belpaese virgolettati di ogni genere: “La ripresa a portata di mano”, “Il 2014 sarà un anno di riscossa”, “William Wallace è alto tre metri e spara fulmini dal culo” e altre amenità che non meritano i commenti degli esseri razionali.

Daniele Luttazzi diceva sempre che dinnanzi a mirabolanti annunci bisogna porre la scomodissima domanda: “Sì, ma come?”.
Quesito in grado di sgretolare in un’infinita serie di uno e di zeri la matrice virtuale nella quale sopravviviamo a stento – e poi certo, anche l’unica domanda sensata di fronte alle idiozie del “governo del fare” e il suo chimerico pragmatismo americano da quattro soldi.

Questo disegnino tristissimo è stato scelto intenzionalmente

Poi esiste una tragicomica scuola di pensiero, quella che sostiene che “criticare è facile mentre governare è complesso”, tra i quali annoveriamo quegli splendidi imprenditori progressisti alla Della Valle o alla Montezemolo, uomini da battaglia, uomini per i quali le “chiacchiere stanno a zero” tranne quando devono trionfalmente entrare nei salotti televisivi per ribadire che è il Sole a girare intorno alla Terra e non viceversa.

hiA parte che anche criticare in maniera seria pare un atteggiamento oramai in disuso—almeno a giudicare dagli editoriali di Battista o altri amanuensi governativi che assomigliano sempre più a dei pompini ambulanti e non richiesti al presidente della Repubblica o al presidente del Consiglio. In secondo luogo “governare” sarà anche complesso, ma fallire è estremamente semplice. Forse vale la pena di rivalutare la nozione di fallimento, umano o politico che sia, piuttosto che perseverare nell’errore e nella negazione dello stesso.
Fallire in politica si può, anzi azzarderei che è quasi scontato sul lungo periodo vista l’impossibilità empirica di fare sempre la cosa giusta. Che la nozione di fallimento sia stata completamente stroncata dal nostro dibattito pubblico proprio nel periodo storico in cui ci riempiamo la bocca con “fallimenti degli stati”, “default”, “fallimenti delle imprese private” è un vuoto semantico che va riempito al più presto.

Non con intento punitivo –Togliatti “perdonò” i fascisti, figuriamoci Letta o Alfano– ma per ristabilire la superiorità della realtà sui nostri desideri.
I bambini vivono nelle favole, nei “sogni che son desideri” per l’appunto, agli adulti spetta il duro compito di insegnare loro che non funziona così—che non arrivano cavalieri, che le bestie non si trasformano in principi, che non si vive felici e contenti per l’eternità.

Prima lo facciamo e prima torneremo a vedere la Terra che gira intorno al sole e non il contrario.

Poca roba. Ma è la verità – facciamocela bastare.

Francesco Floris

 

Francesco Floris
BloggerLinkiesta
Collaboratore de Linkiesta.it, speaker di Magma, blogger.

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