La scritta è sul muro. L’Unione Europea è in serio pericolo. Con il trionfo di Marine Le Pen alle amministrative francesi ogni dubbio sulla direzione delle prossime elezioni europee è sollevato — il bivio non è mai stato più chiaro, o si fa l’Europa davvero, o non si fa l’Europa.

Sfiancati da una crisi economica soffocante, non c’è niente di sorprendente nella ricerca da parte dei cittadini di risposte in nuove forze politiche, o in forze estremiste. I partiti “tradizionali”, e l’Europa, hanno completamente fallito nel tentativo di dare risposta alle paure, assistenza ai deboli, giustizia per la società. La crisi economica è diventata vera crisi di valori, crisi sociale e culturale —le famiglie si trovano divise tra una generazione di giovani, che vede svanire qualsiasi sogno di autorealizzazione, e adulti che sembrano doversi scordare il diritto ad una vecchiaia dignitosa. Mentre l’insoddisfazione e la rabbia montavano, l’Europa miope era curva a cercare di risolvere la propria crisi, quella finanziaria. Oggi non c’è più tempo per lunghe dissertazioni, per speranze di ripresa lontana. In troppi vogliono una risposta immediata, un colpevole, la strada verso gli estremismi è spianata.
Mentre nemmeno come unione continentale riusciamo ad essere allo stesso tavolo da gioco delle grandi potenze, nasce e cresce il desiderio antistorico di tornare ad essere piccoli Stati recintati. È irrazionale, perché nessuno nel Fronte Nazionale Francese sarà in grado di rispondervi su come il proprio Paese possa competere alla pari con forze dal potere mozzafiato come Cina, Russia, India o Stati Uniti, ma è comprensibile — forse è infantilismo, certamente è odio, ma è anche il desiderio di un mondo più semplice.
Il mondo non è mai stato semplice, e la verità è che l’Europa non è mai stata una priorità di nessuno degli Stati dell’Unione, di nessuno dei partiti “europeisti”. Si è visto chiaramente nel deprimente vuoto che ha seguito il fallimento della Costituzione Europea. Oggi l’Europa deve salvare se stessa, e nessuno ha idea da che parte cominciare.
Le fondamenta ci sono, e sono solide. I Paesi che la compongono sono diversi, hanno Storie ed economie diverse, ma soprattutto sono così simili. Si vede nelle campagne, dai paesi italiani indistinguibili da quelli francesi, si vede nella letteratura, nella filosofia, nell’arte. Le fondamenta dell’Europa sono quelle di tutto il mondo classico occidentale.
A Bruxelles devono pulire la lavagna. Servono nuove risposte economiche, politiche sociali contro il populismo, e un nuovo progetto culturale di unificazione.
Vuol dire superare l’incubo degli investimenti in deficit e iniziare a parlare di unione politica, vuol dire prendere una posizione vera in politica estera, e non essere solo un’estensione della NATO.
Questa mattina in televisione Romano Prodi sperava nella saggezza dei popoli davanti al burrone. Forse quello che ci serve di più è il coraggio. Coraggio di affrontare una via impervia quando si è già stremati.
Serve una spinta politica contro i freni dei poteri finanziari e una cultura di uguaglianza, sociale e tra Stati, che sostituisca vane tensioni tra staterelli vanitosi.
La crisi è così nera, i tempi sono così disperati, che magari l’Europa la si potrebbe costruire davvero, questa volta.
Ma sembra nessuno voglia.
@amassone
Photo credit: Giampaolo Squarcina