Del: 20 Marzo 2014 Di: Stefano Colombo Commenti: 0
Due nostri redattori sono andati a Rho in una notte buissima e tempestosissima, a seguire uno spettacolo basato sull’ Intervista con la storia tra Oriana Fallaci e il Primo Ministro israeliano Golda Meir. Ecco il loro reportage.

Forse quella notte di Rho non era davvero così “buia e tempestosa” come una certa tradizione addice ad incipit apparentemente promettenti, o come ci piacerebbe raccontare; tuttavia, proprio in quella tarda sera di mezzo febbraio, un mezzo ometto, cipiglio fiero e distinto, si faceva accompagnare per le vie del centro da una donna di mezza età indistinguibile da tante altre se non per l’intenso, intollerabile profumo floreale con cui doveva essersi meticolosamente incensata.
Si racconta che non più di qualche giorno prima questo nostro mezzo ometto –a quanto pare chiamato Tolomei– avesse ricevuto un certo invito a teatro da un certo tale che… Amico di amici, di amici, di amici che… Beh, si racconta dunque che, non potendo declinare in alcun modo il certo invito, abbia risolto di trascinarsi dietro proprio quella disgraziata della moglie.
Poco dopo: saluti, convenevoli, civetterie. Premuratisi di farsi notare, scostato il drappo carico di polvere, hanno finalmente preso posto; in fondo, nella speranza di evitare ogni contatto umano —tranne che con quelle poche persone importanti tra il pubblico, giusto quelli “che contano”. Un parlar vuoto, confuso, fantapolitica e finger food, ma si sono spente le luci e, tra il sollievo generale, si è sollevato anche il sipario.

Il signor Bolchini odiava quando il direttore del teatro lo chiamava all’ultimo per fare le riprese – specie quando aveva intenzione di alzare il gomito. Quella volta però il direttore l’aveva chiamato praticamente a spettacolo già iniziato, e il gomito lui l’aveva già alzato un bel po’. Così aveva biascicato qualcosa – sì direttore, va bene direttore, arrivo direttore – era andato a teatro, aveva montato la cinepresa, si era seduto in fondo, preparandosi a fare un buon lavoro… Ed era collassato, addormentato.
Sempre il direttore aveva accennato ad un’intervista, e lui subito aveva risposto che no, a fare interviste proprio non era capace. Al che il capo aveva preso a sbraitare, informandolo del fatto che a fare l’intervista sarebbe stata Oriana Fallaci – anzi, un’attrice che ne avrebbe interpretato il personaggio; che l’intervistata sarebbe stata il premier israeliano Golda Meir – anzi, un’attrice che… – e che lui doveva limitarsi a riprendere, dannazione, a fare il suo lavoro, a non bere, non dormire, far silenzio, santo cielo.

Naturalmente quell’altro, il pio de’ Tolomei, aveva notato il tale che, caracollando, si dirigeva con fare dinoccolato proprio nei posti dimenticati accanto ai loro. E avevano fatto un gran rumore, quel tale e tutta l’accozzaglia di arnesi che s’era portato appresso. Lo spettacolo era iniziato da poco, ma il Tolomei davvero non ne aveva capito nulla. Sul palco una donna e due sedie, una sui cinquanta, l’altra decisamente un po’ più in là; ma… Poi? Cercava di riprendere i fili di quel discorso che pareva essersi fatto già troppo complesso. Tuttavia, poiché da quando era stato un giovane universitario l’abitudine frenetica e incontrollata di prendere appunti non l’aveva mai abbandonato, ora – forse mosso dal tono professorale dell’Oriana— aveva inconsciamente messo mano al taccuino; e, sfidando il russare sfacciato del sedicente fotografo, aveva preso a scrivere.

 

Oriana Fallaci: Signora Meir, ma quando avverrà la pace nel Medio Oriente?

Golda Meir: Io credo che la guerra nel Medio Oriente durerà ancora molti, molti anni. […] Alla pace con gli arabi si potrebbe arrivare solo attraverso una loro evoluzione che includesse la democrazia. Ma ovunque giro gli occhi e li guardo, non vedo ombra di democrazia. Vedo solo regimi dittatoriali. E un dittatore non deve rendere conto al suo popolo di una pace che non fa. Non deve rendere conto neppure dei morti.

Oriana Fallaci: Rinuncerete mai a Gerusalemme, signora Meir?
Golda Meir: No. Mai. No. Gerusalemme no. Gerusalemme mai. Inammissibile. Gerusalemme è fuori questione. Non accettiamo nemmeno di discutere su Gerusalemme.

Oriana Fallaci: E Gaza? Rinuncereste a Gaza, signora Meir?

Golda Meir: Io dico che Gaza dovrebbe essere parte di Israele. Sì, la mia opinione è questa. La nostra, anzi.

 

Il signor Bolchini si era riscosso all’improvviso – chissà come –  e pareva un po’ agitato. Le due donne sedevano ancora lì, su quelle sedie, l’una di fronte all’altra. In qualche modo piuttosto sottile – chissà come – aveva capito che era proprio lì che doveva puntare la camera: su di loro. Urtando il tizio accanto, sistemate le sue carabattole, ciak, azione, e forse si parte.

 

Oriana Fallaci: Dopo il cessate-il-fuoco del 1967, la guerra in Medio Oriente ha assunto un volto nuovo: il volto del terrore, del terrorismo. Cosa pensa di questa guerra e degli uomini che la conducono? Di Arafat, per esempio, di Habash, dei capi di Settembre Nero?

Golda Meir: Penso, semplicemente, che non siano uomini. Io non li considero nemmeno esseri umani, e la peggiore cosa che si possa dire di un uomo è che non è un essere umano. È come dire che è un animale, no? Ma come fa a definire ciò che fanno “una guerra”? Non ricorda la frase di Habash quando fece saltare un autobus carico di bambini israeliani? «La cosa migliore è uccidere gli israeliani quando sono ancora bambini». Suvvia, la loro non è una guerra. Non è nemmeno un movimento rivoluzionario, perché un movimento che vuole solo uccidere non può definirsi rivoluzionario.

 

Ah, e così il tizio a fianco si era svegliato. Aveva fissato in modo maldestro la telecamera sul trespolino sbilenco, poi aveva fissato il vuoto per sette-minuti-buoni. Quando si era voltato verso di lui, gli aveva chiesto – il fiato di vino: «Mi scusi, signore. Ma Golda Meir, esattamente… Chi è?»
Spiazzato dalla richiesta improvvisa – ma preparato, ché aveva studiato! – lo vediamo subito metter mano al taccuino, questa volta ricolmo d’appunti. «Golda Meir? Ma come, davvero non sa chi fosse Golda Meir? Golda Meir, il Primo Ministro israeliano, in carica dal ’69 al ’74, signore mio? Non sa che guidò lo Stato d’Israele, peraltro in un periodo particolarmente difficile della sua storia, che fu abile politica, in Israele e all’estero, non lo sa?»

Il signor Bolchini ora invece fissava lui, vacuo. «La Golda Meir sembra una signora interessante, mi ricorda un po’ quella mia vecchia zia che stava al quartiere Maggiolina. Ma guardi, glielo devo proprio dire, Oriana Fallaci io non l’ho mai sopportata. Troppo professorale. Su, la guardi, quel tailleur grigio, le sigarette, l’aria austera… Ma chi si crede di essere?»

«Ma, guardi, devo contraddirla. Sta blaterando, probabilmente senza saperne granché, di una delle più grandi giornaliste, reporter e scrittrici che abbiamo il piacere di contare tra i nostri. Guerra del Vietnam, golpe dei colonnelli in Grecia, Guerra del Golfo, attacco alle Twin Towers: lei c’era. Spesso è stata controversa, e controverse e dibattute sono state le sue opinioni in merito ad alcune questioni, soprattutto nell’ultima parte della sua vita. Ciò non toglie che la grandezza della sua penna e l’importanza del suo lavoro siano riconosciute in tutto il mondo, anche da tutti quelli che – un po’ come lei – non l’hanno mai sopportata.»

Le due signore continuavano a discorrere, il Bolchini era tornato a guardarle, forse un po’ meno vacuo. Non troppo meno vacuo, ovviamente.

«Tra la fine degli anni Sessanta e Settanta, la Fallaci intervistò alcuni dei protagonisti della storia contemporanea: Henry Kissinger, Yassir Arafat, Pietro Nenni, Giovanni Leone, Ailé Selassié, Indira Gandhi, Alexandros Panagulis… Golda Meir. Raccolse le testimonianze in un unico libro, Intervista con la storia, pubblicato nel ’74; che sarebbe poi il titolo – nel caso in cui non lo sapesse – dello spettacolo a cui stiamo assistendo…o almeno, a cui starei provando a…»

«…Mi scusi, mi scusi davvero il disturbo, ma mi permetta un’ultima, piccola cosuccia e poi la lascio al suo spettacolo e amen. È che… Non capisco perché tutto questo. Perché siamo qui, io e lei, a vedere due tizie che recitano pari pari un’intervista di più di trent’anni fa? Un’intervista che probabilmente nessuno ormai si fila più, perché? Dico: non aveva davvero di meglio da fare questa sera, lei, con sua moglie magari, che suppongo sia quella che beata dorme appoggiata alla sua spalla? Ah, le dico anche questo – io, per me, avrei preferito il vino.»

«Benché, a quanto ho capito, lei non se ne interessi, si parla qui di fatti purtroppo ancora attuali; la guerra di cui parlarono quelle due donne è ancora attuale; quelle parole, caro signore, si sono fatte Storia; e mi scusi lei, ma ci troviamo qui al solito, vecchio discorso, ben trito: come potremmo pretendere, senza conoscere il passato, di comprendere il presente?».

Oriana Falaci incontrò Golda Meir due volte; la prima, a Gerusalemme, le fruttò un’intervista importante, che tuttavia le fu rubata pochi giorni dopo in un albergo di Roma. Riuscì a ottenere un secondo incontro: avete trovato qui riportati alcuni passi dell’ultima versione, quella definitiva, datata 1972, pubblicata due anni dopo nel volume Intervista con la storia, edito da Rizzoli. A questa intervista si è ispirato lo spettacolo omonimo, rappresentato lo scorso 21 febbraio presso l’Auditorium comunale di Rho. Maria Rosaria Omaggio è Oriana Fallaci, Paola Gassman è Golda Meir.

Golda Meir: La guerra è una stupidaggine immensa. Io sono convinta che un giorno tutte le guerre finiranno. Sono convinta che un giorno i bambini, a scuola, studieranno la storia degli uomini che facevan la guerra come si studia un’assurdità.

Speriamo, signora Meir. Speriamo che un giorno il mondo le dia ragione. E che mentre ora, qui, cala il sipario, Oriana non se n’abbia a male.

Marta Clinco e Stefano Colombo

Stefano Colombo
Studente, non giornalista, milanese arioso.

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