C’era una volta la legge 40.
C’era una volta perché oggi ne è rimasto poco e niente.
Approvata definitivamente il 19 Febbraio 2004 per regolamentare le norme di procreazione assistita, la legge 40 è stata sin da subito osteggiata e criticata su vari fronti e per un buon numero di ragioni. Queste si estendono dalla più o meno voluta ambiguità del testo di legge, al contenuto della stessa, spesso ritenuto eccessivamente restrittivo.
La normativa effettiva si apre affermando l’intenzione di assicurare i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il nascituro. Dopo questa dichiarazione di indulgenza e clemenza verso il genere umano su suolo italico però, la legge vieta senza possibilità di appello molte delle tecniche di ricerca e assistenza medica legate alla procreazione, ragion per cui pochi mesi dopo la pubblicazione della legge già vengono proposti e depositati —da i Radicali Italiani— ben 4 referendum abrogativi. Questi sono poi realizzati nel giugno 2005 e risolti in un nulla di fatto per il mancato raggiungimento del quorum necessario, ma si tratta solo del principio di quella che si rivelerà una battaglia decennale per il diritto alla procreazione, alla genitorialità e all’uguaglianza sul piano economico-sanitario.
Il primo a sfilare una carta vincente dalla fragile costruzione della legge 40 è il Tribunale di Cagliari, che nel 2007 respinge il divieto di diagnosi preimpianto per coppie infertili, autorizzandone la prognosi nel settore pubblico, seguito nel 2008 dal T.A.R. del Lazio. Viene quindi ammessa la procedura, complementare alle tecniche di analisi prenatale, che permette l’identificazioni di alterazioni cromosomiche patologiche nell’embrione, prima dell’impianto. Un anno dopo la Corte Costituzionale dichiara parzialmente illegittimi i commi 2 e 3 dell’Articolo 14, relativi alla quantità di ovociti fecondabili. La legge 40 in origine infatti limita a tre il numero di ovoociti fecondabili, mentre la Corte Costituzionale non indica un numero determinato, ma la quantità necessaria e appropriata secondo il giudizio del medico, per migliorare le possibilità di successo della fecondazione della singola coppia.
Nel 2012 è venuto il turno della Corte Europea dei Diritti Umani, che ha bocciato l’articolo riguardante il divieto da parte di coppie fertili ma portatrici di malattie genetiche di accedere alla diagnosi preimpianto. Il governo Monti ha tentato il ricorso, rifiutato nel 2013.
Infine, il 9 Aprile 2014, la Corte Costituzionale ha definito incostituzionale il divieto di procreazione eterologa, andando a colpire uno dei punti cardine della legge 40, retta ormai solo su ragioni formali e non contenutistiche.
Per inciso, la procreazione eterologa è l’unione artificiale dei gameti, spermatozoo ed ovocita, uno dei quali proveniente da un individuo esterno alla coppia di futuri genitori. Fino all’altro ieri l’infrazione del veto imposto dalla legge 40 comportava una sanzione pecuniaria che poteva raggiungere i 600.000 euro, per questo motivo spesso le coppie hanno scelto di rivolgersi a strutture sanitarie estere che effettuassero questa pratica, nonostante i costi elevati della pratica stessa —soprattutto in assenza della cittadinanza— a cui vanno sommate le spese del viaggio e dell’alloggio in loco. Fra le mete più gettonate per quello che ormai è definito “Turismo riproduttivo” vi sono la Spagna e la Grecia, ma non sono le uniche. Nel Regno Unito, in Belgio e in Svezia possono accedere alla fecondazione donne single, mentre in Austria sono autorizzate la procreazione omologa ed eterologa sia tra coppie sposate o conviventi, così come in Francia, dove però l’iter è differente a seconda della presenza o assenza del vincolo matrimoniale.
Gli alti oneri del turismo riproduttivo, ma anche dell’adozione, sono ostacoli non indifferenti che hanno precluso a molte coppie la possibilità di crescere un figlio, discriminandole per ragioni economiche su una questione che dovrebbe essere unicamente sanitaria, personale e incontestabile.
A condurre la battaglia per il consenso alla procreazione eterologa vi sono stati sin dal principio Filomena Gallo, Gianni Baldini e l’Associazione Luca Coscioni che ieri in un comunicato stampa hanno dichiarato «La sentenza di oggi della Corte Costituzionale che ha cancellato il divieto di eterologa previsto dalla legge 40 del 2004 ha valore di legge e non è oppugnabile. Da oggi non potrà mai più essere emanata dal Parlamento una legge che prevede il divieto di fecondazione di tipo eterologa».
Ora che è stato definitivamente demolito il divieto però, è più che necessario –è essenziale– continuare a fare pressione, perché al suo posto, vengano costruite le condizioni che tutelino e assistano le coppie che si rivolgono a strutture pubbliche e private per sottoporsi alla fecondazione eterologa, fornire padronanza del metodo scientifico e strumentazioni efficaci. Fornire ausilio sanitario, niente di più eccezionale.
Questo non è ancora il giorno dei festeggiamenti, non è ancora giunto un lieto fine, ma è un giorno di conquista, che deve però essere resa concreta, usufruibile, e da affiancare ad altre conquiste che sulle macerie della legge 40 possano essere estratte e modellate, a misura di diritto.
Giulia Pacchiarini
@GiuliaAlice1