Se avete la sfortuna di essere possessori di tubi catodici, schermi ultrapiatti al plasma umano in cinque dimensioni oltre che utilizzatori finali di canone Rai, conoscete già la sofferenza che vado oggi narrandovi.
Imperversa dal 22 marzo il nuovo spot Epic-Troy-Gladiator-BenHur di quella società per azioni che ha nome Enel, o come preferisce autodefinirsi sulla Homepage del proprio sito “la seconda utility quotata d’Europa”. Utility a chi? Questione di prospettive.
Dopo l’impagabile successo di #Guerrieri, già massacrato e vessato sul web da Wu Ming, con la gloriosa partecipazione degli internauti a dir poco infastiditi dal ritmo martellante con il quale la campagna di promozione si era imposta nei palinsesti televisivi, Enel ci riprova con #Guardiamoavanti – riassunto in un minuto della Storia d’Italia per anime belle, ovviamente edulcorata da qualche macabro passaggio trascurabile – tipo la Storia d’Italia.
L’intero spot è come se ti dicesse: “Ehi biondo, dopo Virgilio e la donazione di Sutri ci siamo noi dell’Enel corporation! Siamo la final destination del Risorgimento, ci puoi contare!”.
Siamo la final destination del Risorgimento, ci puoi contare!
Andiamo ad analizzare ogni singola proposizione di questo spot postmoderno, dove con l’espressione “postmoderno” intendiamo l’accostamento a cazzo di fotogrammi e parole
La Dolce Vita, il Neorealismo, la grande commedia anni ’60
La voce narrante di Luca Ward legge qualche capitolo a caso del dizionario Mereghetti, accompagnandosi con le immagini di un tizio post apocalittico che sembra Marco Mengoni dopo una cura ricostituente a base di eroina nell’appartamento di Trainspotting.
Marco McGregor Mengoni sta tornando a casa al mattino, ubriaco, in mezzo alla strada deserta di I am Legend che sputa teste in marmo di Carrara di Giulio Cesare; si guarda attorno alla ricerca disperata della propria abitazione e poi, per un breve istante, ammicca in camera con la sua occhiaia malata, come a voler flirtare con la ragazzina anemica fanatica di Morgan che lo sta osservando dal suo televisore di casa.
La cucina italiana, gli spaghetti al dente, il tramonto sulla costiera
Un po’ di stereotipi gastronomici tanto per alimentare il razzismo agroalimentare che ci circonda ogni qual volta mettiamo piede fuori dalle frontiere nazionali.
Lo strano strano riferimento al “tramonto sulla costiera” serve a evocare qualcosa a metà fra Montale che osserva immobile la sua donzella dalla spiaggia e Step e Babi che limonano rotolandosi nella sabbia di Ostia-Lido.
Peraltro le costiere esistono un po’ in tutto il globo terracqueo e, se Galileo non ci ha ingannati, anche i tramonti – non sembra proprio il caso di farne una specificità della terra che fu garibaldina.
Queste riflessioni sono accompagnate dalle immagini della futura vincitrice di X-Factor Italia, mentre attraversa in punta dei piedi la terrazza di Posillipo di Un posto al sole, per l’occasione arredata in stile pranzo nuziale fra i figli di Roberto Saviano e Carmine Schiavone.
La notte del Bernabébeu e “il cielo è azzurro sopra Berlino”
Un po’ di sana passione sportiva non poteva ovviamente mancare al Gran Galà dello stereotipo: tedeschi di merda come la mettiamo adesso con il Fiscal Compact? Imparateve a memoria sta filastrocca che ve serve: Rossi, Tardelli, Altobelli, Grosso, Del Piero e Balotelli.
Ce stavano Pertini e Bearzot, Craxi e Forlani e voi ancora stavate a scavalca’ i muri pe passa’ da na parte all’altra – a zingari se vedemo in Brasile.
In uno stadio deserto, avvolto da una triste coltre di fumo passivo, entrano quattro bambini con il pallone fra le braccia e l’aria di sfida – così piccoli eppure già intamarriti oltre i limiti del codice penale.
Lo stile, il gusto, l’eleganza
Basti sapere che alla parola “stile” vengono inquadrati due tocchi di gamba femminea indossanti un paio di calzini turchesi, come quelli del giudice Mesiano pedinato dai giornalisti da riporto del gruppo Mediaset.
I giganti della moda, i capitani dell’industria, i maestri dell’artigianato
Da questo momento in poi (0:23) il marketing di Enel vira decisamente verso la propaganda “Capitalism for life” – lasciate cinque euro o voi ch’entrate.
Luca Ward decide di adottare la stessa apertura faringea che lo rese celebre nel famoso “Mi chiamo Massimo Decimo Meridio”. Un respiro profondo, si volta verso l’imperatore comunista e gli sbatte in faccia la dura verità: “I CAPITANI DELL’INDUSTRIA”.
Ma brutti stronzi arricchiti, io cerco di frenare lo spirito proletar-grillino che dimora in ognuno di noi e voi ci prendete pure per il culo? Perché non usate la corda di Calvi al posto delle cravatte? Perché non uscite a bere un caffè corretto in compagnia di Sindona?
E se al posto della minimal techno berlinese reazionaria che avete scelto come colonna sonora del vostro spot filo-massonico ci mettessimo Bandiera Rossa? E se vi nazionalizzassimo i testicoli per farci un parco giochi in cui insegnare Marx agli infanti?
Perdonate lo sfogo, sono tempi duri.
L’Impero Romano, il Colosseo, il Rinascimento
Ci si sposta nuovamente in un contesto mitologico proto-fascista così, per non farvi dubitare nemmeno un istante dell’ideologia sottostante. Vittorie mutilate, camicie a scacchi e acconciature dal dubbio gusto si fondono fra di loro nel tentativo di ricostruire quell’egemonia italica venuta meno per l’avanzata dell’internazionalismo.
Le invenzioni di Leonardo, i viaggi di Marco Polo, le scoperte di Colombo, le Stagioni di Vivaldi, poi Raffaello, Michelangelo, Caravaggio, Pinocchio e la Divina Commedia
A questo punto siamo in piena visione mistica, nella testa affetta da delirium tremens di un bibliotecario sull’orlo di una crisi di nervi: com’era quella storia? Dante e Virgilio si trovano nel ventre di una balena bianca per giocarsi a poker le monete d’oro, ma qualcosa va storto e quindi scolpiscono con l’intestino tenue del mammifero acquatico la Pietà, poi però arriva Pinocchio assieme alla sua fata turchina – Beatrice – e trasformano l’italiano volgare in una lingua letteraria con la quale un mercante veneziano tenterà di colonizzare i cinesi.
Sotto testo: comprate energia elettrica da noi se non volete leggere al buio.
Il nostro è stato un grande passato ma adesso è ora di #Guardareavanti, di costruire qualcosa di cui essere di nuovo fieri
Rimandiamo le lezioni sull’uso sessualmente violento della preposizione “di” nella lingua italiana ad altre più opportune sedi e concentriamoci sul “messaggio”. Enel sta sostanzialmente dicendo che è ora di smetterla con le stronzate sul passato: i vostri avi erano dei fighi della Madonna. Voi proprio per niente.
Quindi mentre elaborate il lutto vi suggeriamo di correre allegramente alle Poste per pagare la bolletta prima che qualche zelante funzionario si decida a tagliarvi l’allacciamento – da sfigati si sopravvive comunque mentre senza frigorifero la faccenda si fa più complessa – cari i nostri buoni selvaggi.
Sul finale l’intero spot assume senso, sottraendosi alla trappola dell’incomprensibilità ermetica nella quale sembrava incappato: la campagna si chiama “#Guardiamoavanti” e tutti i personaggi fisicamente guardano avanti. Ahah – caso risolto, elementare Watson!
Ora: provate per un istante a immaginarvi quanti strabilioni di miliardi di euro sono stati sborsati da Enel per questa trovata comunicativa che un poppante, con problemi all’emisfero sinistro del cervello, non esiterebbe a definire “chippettona ai limiti del paraculismo”.
Riusciamo quasi ad immaginare la riunione fra i creativi la sera prima di consegnare l’advertising plan:
«Minchia Gianni siamo nella merda!»
«Cazzo perché?»
«Minchia vogliono qualcosa che rimandi al concetto di futuro, insomma vogliono che convinciamo i consumatori a guardare avanti, hanno pure un asctag, una di quelle cose che sta sui coglioni a Michele Serra.»
«Cazzo, hai già pensato a Cubric?»
«Minchia se c’ho pensato, il problema è che quello stronzo è già morto… Non ci può aiutare!»
«Cazzo stavo pensando… Se interpreto correttamente i loro desideri vogliono che le persone guardino avanti giusto? E cazzo allora perché non le facciamo guardare esattamente avanti? Una massa di persone diverse fra loro che camminano guardando avanti, una cosa un po’ per la diversità un po’ per il cazzo di futuro, intuitivo capito?… Una cosa tipo il Quarto Stato!»
«Minchia ma da dove ti vengono queste? Hai studiato a New York con Bill Bernbach?»
«Cazzo no… Però ho finito Mad Men ieri sera.»
«Minchia come finisce?»
SPOILER ALERT
«Cazzo c’è lui che si fuma una sigaretta e si beve un bicchiere di Bourbon»
«Minchia non ci posso credere!»
«Cazzo genio!»
Per questo non serve la nostalgia, serve l’energia
O più in generale una qualunque rima baciata: entropia, fantasia, mamma mia, emorragia e così via; se v’interessa il rap adesso sapete come cominciare.
Guardiamo pure avanti verso l’infinito e oltre, liberiamoci da questo eterno presente che ci annichilisce, abbeveriamoci alla fonte del futuro – facciamo tutto questo ma con un minimo di accortezza. Il suolo è costellato da viscide sostanze poco inclini alla simbiosi, quindi mentre guardiamo avanti, una rapida occhiata alle scarpe è periodicamente consigliabile.
@FraFloris