Le recensioni di In ordine di sparizione, film norvegese in questi giorni nelle sale, sostengono che sia una dark comedy geniale, e la paragonano a Tarantino e ai fratelli Coen. Non fatevi ingannare. Le recensioni mentono.
In una sperduta regione della Norvegia, un ragazzo muore di overdose in una stazione. Il padre, cittadino dell’anno, sa che suo figlio non è un drogato e, quando la polizia si rifiuta di indagare, decide di cercare vendetta da solo, andando all’inseguimento di efferati (ma mica poi tanto) gangster della mafia norvegese. Rintracciandoli con sorprendente facilità (ma siamo in Norvegia d’altra parte, e la popolazione è scarsa), li uccide uno dopo l’altro, con grande sangue freddo e un’ammirevole capacità di non cambiare mai espressione, per arrivare infine al boss che ha dato l’ordine di uccidere suo figlio e che è conosciuto come “Conte”.
L’idea non sembra male, così a leggerla, tant’è vero che sono andata a vederlo al cinema. Il problema è tutto il resto. Il film ricorda, è vero, Tarantino e i fratelli Coen, ma proprio non è in grado di reggere il confronto, e risulta alla fine un tentativo di imitazione sbiadito e poco convincente. E’ dark? Forse ci prova. Di sicuro il sangue non manca, ma il cinismo grottesco che finge di avere non è poi così cinico. I personaggi si ammazzano a vicenda senza pensarci due volte, ma il bel bambino biondo non lo tocca nessuno, e quelli che ci sono sembrati i più buoni e simpatici arrivano illesi alla fine dello storia. E’ una comedy? Fa ridere? Ecco, non direi. Vuole far ridere. Non ci riesce. Al massimo strappa un sorriso un po’ annoiato, ma di risate in sala io non ne ho sentita nessuna, nemmeno di quelle nervose che ti vengono davanti alla scene più terrificanti dei Coen o, appunto, di Tarantino, per restare in tema. Magari è un problema di doppiaggio, non si sa mai.
E i personaggi? I personaggi vogliono essere la forza del film. Hanno quella stilizzazione fumettistica e irreale che potrebbe renderli magnifici. Purtroppo si incastrano a metà strada tra il credibile e l’eccesso che li renderebbe degni di nota, e falliscono nel conquistare il pubblico. Il terribile boss mafioso è vegano, porta la colazione a tutti i suoi gangster e litiga in continuazione con l’ex-moglie. Il killer professionista è un idiota che non sa fare il suo mestiere. Poi c’è la coppia di gangster omosessuali e innamorati. Se sviluppate bene, queste idee sarebbero esilaranti. Non lo sono. Risultano macchiettistiche, per lo più inutili e poco in armonia le une con le altre.
Perché andarlo a vedere? Non mi viene in mente nessun buon motivo. In questo momento il cinema è pieno di ottimi film, guardate qualcos’altro. Badate bene, potrei anche sbagliarmi. Visto il fiorire di recensioni entusiastiche che girano su internet, mi viene il sospetto di esser stata io a guardarlo male. Ma è un sospetto debole. E se non siete d’accordo, commentate — sono curiosa di capire dov’è tutta questa genialità che mi è sfuggita.
Bianca Giacobone
@BiancaGiac