Del: 28 Luglio 2014 Di: Jacopo Iside Commenti: 0

Göring. Un nome certe volte può fare tantissimo: ispirare grandezza, benevolenza e virtù, oppure bassezza d’animo, malvagità e ripudio.
Ai più, Göring suona come un nome che la storia ha avvolto pesantemente nelle coperte dell’infamia: il numero due del Terzo Reich, comandante in capo della Luftwaffe, il ‘pezzo più grosso’ che gli Alleati siano riusciti a portare davanti alla corte militare del tribunale di Norimberga con l’accusa di crimini di guerra (benché abbia poi ingerito una fiala di cianuro dopo la condanna all’impiccagione). Eppure, il Göring qui descritto è Hermann, biondo omone corpulento con gli occhi azzurri, niente di più lontano dal fratello Albert, che è il soggetto della nostra storia.

Goring

Fisicamente agli antipodi del fratello, quasi calvo già a trent’anni, pelle olivastra e fisico modesto, Albert Günther Göring era più giovane di due anni; calmo e riflessivo, siccome il padre era responsabile coloniale dell’Africa sud-occidentale, era cresciuto insieme alla madre e ai fratelli nel castello di Mautendorf, di proprietà di un aristocratico ebreo di nome Ritter von Epenstein, di cui si dice potesse essere il figlio illeggittimo. Il suo proposito di vita era quello di ricalcare il tracciato da bon vivant del patrigno e diventare un regista, ma l’avvento al potere dei nazisti e la loro violenza e brutalità spinsero Albert a impegnarsi in prima persona per mettere in qualche modo i bastoni tra le ruote ai nazisti sfruttando il suo nome, tanto da riuscire ad ottenere la scarcerazione del suo vecchio capo, l’ebreo Oskar Pilzer, e a far fuggire tutta la sua famiglia dalla Germania.
Dato che il fratello maggiore Hermann, oltre ad essere numero due del regime era anche il redattore dei piani quadriennali (e quindi direttore in capo dello sviluppo economico del Reich), Albert venne nominato direttore delle esportazioni dalla fabbrica della Škoda, e da quella posizione riuscì sia a progettare piccoli sabotaggi, sia ad utilizzare la firma del fratello sui documenti di transito per permettere la fuga in Svizzera ai dissidenti e agli ebrei indirizzati verso i campi di sterminio.

Col passare del tempo, ma soprattutto con l’allontanarsi della vittoria, il potere di Hermann Göring diventava ogni giorno più debole e di questo, considerati i molti giochi di potere che avvenivano alla ‘corte hitleriana’, desiderava approfittare il più spietato di tutti, quell’Heinrich Himmler appena diventato capo del reparto costituito da Göring stesso, la Gestapo. Con il diminuire del potere del fratello maggiore, Albert si trovava sempre più esposto agli artigli del generale Frank, capo delle SS di Vienna, che dal 1944 lo aveva messo sotto la sua lente di osservazione.
Aveva scritto in una richiesta di arresto del 24 agosto inviata all’Alto Comando a Berlino: “Data la sua ampia rete di relazioni con i compartimenti industriali, bisogna considerare la sua libertà di movimento politicamente pericolosa e da qui la richiesta che venga arrestato dalla Gestapo e inviato a Berlino per essere interrogato affinché fornisca chiarimenti a proposito di questi fatti sospettosi”. Quella fu l’ultima volta che Hermann riuscì a salvare il fratello, al quale intimò di trasferirsi a Salisburgo e stare lontano dai guai.

Il giorno dopo la resa della Germania, Albert si consegnò spontaneamente nelle mani degli americani che lo spedirono alla prigione di Norimberga, dove si stava per celebrare il famoso processo; non poteva certo immaginare che sarebbe stato trattenuto là per due anni prima di essere rilasciato, tanto che nell’ultimo colloquio tra Hermann e il fratello egli si scusa: “del dolore che stai passando per causa mia”, e aggiunge: “sarai presto libero”.
Durante l’interrogatorio, Albert presentò una lista dei trentaquattro ebrei più importanti che aveva salvato, ma non venne creduto, anzi; deriso e sbeffeggiato.

Il suo nome, che tante vite era riuscito a proteggere durante la guerra, in quel momento lo stava condannando.

Quattordici mesi dopo, una serie di coincidenze fortunose avrebbero cambiato il destino di Albert: durante un nuovo interrogatorio eseguito dal maggiore Victor Parker, lo sguardo di questi si posò sul numero 15 della Lista, Sofi Paskys, moglie di Franz Lehár, noto compositore dell’epoca, che era stato costretto a lasciare la moglie ebrea per continuare a lavorare. Albert Göring salvò la moglie di Lehár e la carriera del compositore.

Nel rapporto finale dell’interrogatorio, il maggiore scriveva: “Il soggetto è stato arrestato perché fratello di Hermann Göring. Il soggetto non si affiliò mai al partito o ad altre organizzazioni e anzi venne riconosciuto come antifascista in tutta la Germania e soprattutto in Austria, dove ha risieduto per gli ultimi quindici anni. (…) Dopo l’occupazione dell’Austria, il soggetto ha usato la sua influenza sul fratello per aiutare diverse persone che ha elencato sulla lista. Molte di quelle persone possono essere rintracciate facilmente e dare testimonianza. Questa storia sopra menzionata comincia a sembrare la verità perché colui che compie l’interrogatorio è personalmente a conoscenza del fatto che il soggetto ha salvato la moglie di Franz Lehár, zio dell’interrogatore. Si consiglia la liberazione del soggetto”. Infatti il maggiore Parker era immigrato dalla Cecoslovacchia anni prima e aveva anglicizzato il suo nome da Paskys in Parker.

Finita la guerra, col fratello suicidatosi prima che la giustizia lo cogliesse, Albert era pronto ad una nuova vita, ma il cognome che portava non lo permetteva davvero e, dopo la separazione dalla moglie, passò il resto della vita nella miseria, convivendo con la sua governante. Per la stessa ragione faticò a trovare lavoro e subì la persecuzione di una giustizia inflessibile – solo di facciata, dato che ad esempio quello che è universalmente conosciuto come il Dottor Morte, Aribert Heim ‘dottore’ del campo di Dachau, che aveva bruciato gran parte delle prove che lo compromettevano, venne arrestato due volte e rilasciato altrettante, per poi riuscire a scappare probabilmente in Cile e non dover mai rendere conto dei suoi atroci misfatti.

Il giornalista inglese William Hastings Burke, il quale ha anche scritto un libro sulla vicenda intitolato Thirty-four, ha ufficialmente richiesto allo Yed Vashem (il Museo dell’olocausto di Gerusalemme) l’inserimento del nome di Albert Göring nella speciale lista di Giusto tra le nazioni, riservata a coloro che hanno salvato vite umane durante una delle più grandi stragi etniche della storia e del XX secolo.

Jacopo Iside
@JacopoIside
Jacopo Iside
Appassionato di Storia e di storie. Studente mai troppo diligente, ho inseguito di più i sogni

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