Del: 14 Settembre 2014 Di: Redazione Commenti: 0

Il 19 Maggio 2014 esce Ghost Stories, sesto album dei Coldplay, preceduto da ben quattro singoli nei mesi successivi all’annuncio dell’imminente pubblicazione. Registrato presso gli studi The Bakery e The Beehive di Londra per tutto il 2013, l’ultimo prodotto di Martin e compagni aveva l’arduo compito di far dimenticare Mylo Xyloto, album dal sapore incompleto e notevolmente sotto tono uscito solo tre anni prima, incontrando molte critiche e ben pochi consensi (giustamente).

Ghost Stories, al contrario, sembra promettere bene quando viene annunciato come un concept album, basato sull’influenza che le azioni passate hanno sul nostro presente e sul rapporto con l’amore, spiegato dallo stesso Martin con queste parole: «L’idea di Ghost Stories per me era: come si fa a permettere che le cose che accadono a voi, ai vostri fantasmi, come si fa a permettere che essi influenzino il vostro presente e il vostro futuro?. Perché c’era stato un periodo in cui mi sentivo come se [questi fantasmi] stessero andando a trascinarmi verso il basso e a rovinare la mia vita e quella di chi mi circonda».
Ad aumentare l’attesa, la crisi del matrimonio tra il cantante e l’attrice Gwyneth Paltrow, conclusasi con l’annuncio della loro separazione poche settimane prima dell’uscita dell’album.

Ma se le premesse erano buone, il risultato lo è molto meno. Sebbene il sound sia notevolmente migliorato e basato su di un linguaggio musicale che è quasi una totale novità rispetto agli album precedenti — e soprattutto rispetto all’eccessivo Mylo Xyloto, in cui era quasi difficile a tratti distinguere le sezioni armoniche — grazie alla scelta di un’elettronica molto meno esagerata, dai tratti decisamente minimal, qui a venir meno è la qualità compositiva del gruppo, intesa come capacità di far intrecciare liriche e musica.
La causa? Un Chris Martin notevolmente sotto tono.
E se il motore del gruppo, inutile negarlo, non gira come sempre, anche se gli altri eseguono il loro compitino senza strafare, il risultato è poco sopra la sufficienza. Non che l’intenzione non vi sia: ascoltando l’album con attenzione e rileggendo i testi, si ha la netta sensazione che Martin voglia veramente aprirsi come mai prima, ma che non vi riesca, forse per la necessità di rispondere alle enormi aspettative che ormai da anni precedono ogni uscita di un loro album, con quel mix che esse richiedono: un buon pop-rock orecchiabile con qualche testo notevole.

Ma quando si vuole parlare con il cuore, rientrare in schemi così fissi diventa come stringersi delle catene e chiudere la porta delle gabbia.

Martin prova ad uscirne, con musicalità difficili da trovare negli altri album dei Coldplay, ma non riesce ad esser convinto e dai testi viene fuori un’impressione fastidiosa di artificialità che non permette di crederci neanche a te. E gli arrangiamenti, che vorrebbero sopperire alla mancanza di una buona songwriting, non vi riescono quasi mai, vincendo solo nella loro immediatezza.

L’album si apre con “Always In My Head”, una lenta ballad ben riuscita in cui vi sono evidenti riferimenti alla sue vicende sentimentali. Il brano aperto da cori quasi angelici è poi sostenuto da una buona ritmica su cui la voce di Martin, qui bellissima tanto quanto ferita, si muove tenue ed espressiva.
Il secondo brano è “Magic”, primo singolo estratto dal progetto, rappresentazione pratica di quello che si troverà nel resto dell’album: ritmo misurato, synth d’atmosfera e quasi totale mancanza di parti vocali d’impatto. Fanno in parte eccezione per motivi diversi gli ultimi due brani dei nove che compongono l’album. “A sky full of stars” — dall’intro di synth evidentemente ed inequivocabilmente firmato Avicii — è il pezzo che mancava a Mylo Xyloto e sembra quasi esser stato scritto per esso. Su di una decisa struttura armonica e ritmica, Martin è ancora una volta abbattuto. Lo sappiano le ragazzine che cantano questa Hit a squarciagola convinte che si tratti di una spensierata canzoncina d’amore: “Cause in a sky full of stars I THINK I saw you”.
Chiude l’album “O“, una dolce ballad al piano ben strutturata e senza dubbio convincente, ma che non ti lascia nulla di più, così come tutto l’album, perfetto per un ascolto leggero, ma che non si presta ad una ricerca approfondita: per quanto cerchi, trovi poco o nulla.

Federico Arduini
@FedesArdu

Tracce
1. Always in My Head – 3:36
2. Magic – 4:45
3. Ink – 3:48
4. True Love – 4:05
5. Midnight – 4:54
6. Another’s Arms – 3:54
7. Oceans – 5:21
8. A Sky Full of Stars
9. O – 7:46 – Suddivisa in Fly On (0:00–3:50) e O (6:22–7:46)

Formazione
Chris Martin – voce, chitarra acustica, pianoforte, tastiera
Jonny Buckland – chitarra elettrica; tastiera (traccia 5)[28]
Guy Berryman – basso; arpa laser (traccia 5)[28]
Will Champion – batteria, voce; loop station e ReacTable (traccia 5)[28]

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