Del: 7 Ottobre 2014 Di: Erin De Pasquale Commenti: 0

“Diventa leggenda”, proprio così recita la tag line del videogioco più atteso degli ultimi tempi. Il 9 settembre 2014 Destiny — nuovo capolavoro preannunciato della software house Bungie — è infatti uscito per Playstation 3, Playstation 4, Xbox 360 e Xbox One. Si presenta come un FPS (First-Person Shooter, ossia uno sparatutto in prima persona) fantascientifico ambientato in un futuro distopico e post apocalittico con l’aggiunta di forti componenti da MMO — o Massive Multiplayer Online, traducibile come “videogioco multigiocatore online di massa”. Benché i creatori del gioco non condividano questa definizione e preferiscano definirlo uno “Share World Shooter” o “sparatutto a mondo condiviso”, poco cambia. Ogni giocatore, ad avvio partita, sceglie dunque il sesso del proprio personaggio, la sua razza e una classe, ma qualsiasi sia la scelta si finirà per vestire i panni di un Guardiano della Città, ultimo baluardo umano contro l’invasione da parte di razze aliene della Terra e delle colonie spaziali terrestri fondate negli anni antecedenti all’inizio della trama.

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Per capire quanta cura e quante speranze sono state risposte dalla casa di sviluppo — creatrice della celebre saga videoludica di Halo — nei confronti del suo nuovo prodotto basti pensare ai lunghi tempi di gestazione prima dell’uscita definitiva: nonostante i lavori siano iniziati ufficialmente nel 2011, diverse dichiarazioni da parte del team di sviluppo dimostrano che il gioco era in cantiere già dal lontano 2009. A novembre 2012 vengono rilasciati i primi dettagli sotto forma di artwork e prime indiscrezioni sulla trama, e in principio il titolo viene annunciato in esclusiva solo per Playstation 3 e Playstation 4 — probabilmente a causa degli screzi tra Bungie e Microsoft, responsabili tra l’altro della rottura tra le due aziende. Più i mesi passavano e nuove caratteristiche venivano svelate, più le aspettative crescevano:

Destiny sarebbe stato ambientato in un universo “con una vita propria”, quindi non solo con una storia passata, ma in grado evolvere e modificarsi indipendentemente dalle azioni dei giocatori, come se fosse una sorta di vera e propria realtà virtuale.

Avrebbe dovuto essere accessibile allo stesso modo sia da giocatori più navigati che dai principianti; sarebbe dovuto essere così esteso che l’esperienza di gioco – tra DLC, espansioni e seguiti – sarebbe dovuta durare dieci anni. In pochissimo tempo quindi divenne non solo il gioco più atteso del 2014, ma una sorta di baluardo di una rivoluzione videoludica che avrebbe dovuto portare una ventata d’aria fresca al genere degli sparatutto in prima persona, di grande successo negli ultimi anni ma diventato un po’ stantio a causa del continuo utilizzo delle stesse meccaniche.

Ma a quanto pare non è stato così, o almeno non per tutti.

Dal giorno della sua uscita, Destiny ha spaccato in due il mondo videoludico: da una parte, la maggioranza della stampa specializzata – insieme ad un buon numero di giocatori – sembra aver gradito moltissimo il titolo, elargendo voti generosi (9 come se piovesse, per intenderci) e consacrandolo di volata nell’Olimpo dei videogiochi; dall’altra, moltissimi utenti sono rimasti delusi dal loro acquisto.

I problemi riscontrati sembrano toccare diversi aspetti del gioco: la trama viene considerata banale e confusionaria, le missioni da poter intraprendere durante il gioco sono poco contestualizzate e molto ripetitive dal punto di vista delle azioni da svolgere, gli elementi MMO sono presenti, ma non sfruttati al meglio — basti pensare che ci sono solo tre razze, le quali modificano il personaggio solo dal punto di vista estetico, e tre classi, uguali per ogni razza e non molto differenti l’una dall’altra a livello di giocabilità.  Infine, se la componente di gioco cooperativo online viene molto incentivata – è infatti impossibile giocare a Destiny se non si ha la propria console collegata ad Internet – allo stesso tempo i metodi per comunicare con gli altri giocatori ed organizzare sessioni di gioco di gruppo risultano essere estremamente macchinosi.

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In linea generale, chi critica il gioco non lo stronca totalmente, e alcune caratteristiche sono oggettivamente positive, come la bellezza degli ambienti e della colonna sonora, il gameplay delle sezioni di shooting e il PvP (ossia la modalità di scontro tra due giocatori, o player) — tutti elementi ereditati e migliorati dalla serie di Halo; ma la delusione nasce dall’aver acquistato un gioco presentato come perfetto per ritrovarsene tra le mani uno mediocre.

È impossibile non riconoscere, d’altra parte, l’enorme successo commerciale di Destiny: secondo le dichiarazione di Activision, la software house che ha pubblicato il gioco, la sua uscita sugli scaffali è stata il lancio di un nuovo brand con il maggior successo nella storia videoludica, incassando più di cinquecento milioni di dollari dalla vendita ai negozi di settore.

Come mai un videogioco criticato da molti ha venduto così tanto? Perché è diventato un fenomeno sociale.

Dopo aver aperto la fase di beta a quattro milioni e mezzo di giocatori, la Bungie ha intrapreso una campagna pubblicitaria martellante nei mesi precedenti alla pubblicazione, sia sotto forma di immagini promozionali sui social network e sui siti specializzati, sia attraverso un gran numero di trailer, uno dei quali in live action, ossia con attori in carne ed ossa. Inoltre, il doppiaggio di Spettro – l’intelligenza artificiale aiutante del personaggio principale – è stato affidato a Peter Dinklage, attore sulla cresta dell’onda grazie alla sua interpretazione del nano Tyrion nella serie tv Game of Thrones. Tutti questi fattori, insieme alle aspettative altissime di cui godeva già da tempo, hanno contribuito a rendere Destiny un vero e proprio status symbol per i giocatori di tutto il mondo, il videogioco da possedere e da giocare nonostante tutto, l’evento a cui tutti vogliono e devono partecipare per far parte come si deve della community del gaming.

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Probabilmente il motivo per cui questo gioco viene elogiato e quello per cui viene demolito coincidono: Destiny è un ibrido tra un FPS (in particolar modo, l’ispirazione da Halo è fortissima) e un MMO da cui trae qualche caratteristica sviluppandole però in modo superficiale; i puristi dei due generi, o coloro che si aspettavano un titolo rivoluzionario, rimangono quindi delusi dalla mancanza di profondità, mentre i giocatori meno esigenti trovano del puro e semplice divertimento da questa amalgama di elementi.

In realtà è forse presto per dare un verdetto definitivo: è sempre più comune nell’industria videoludica in generale e nel genere degli MMO in particolare l’usanza di correggere gli errori e modificare gli aspetti meno funzionali dei videogames tramite aggiornamenti successivi all’uscita, e la Bungie ha già dichiarato di voler andare incontro il più possibile alle critiche degli acquirenti del loro gioco. Alcuni difetti più strutturali, invece, come quelli legati alla trama e all’universo di gioco, possono essere corretti solo tramite il rilascio di seguiti e di espansioni, e infatti sono stati già annunciati due DLC a pagamento.
Ora Destiny deve affrontare la sua sfida più difficile: la prova del tempo. Tra sei mesi questo titolo verrà ancora giocato o sarà solo ricordato come un tentativo di rinnovamento non andato a buon fine? Ne riparleremo, forse.

Erin De Pasquale
@SirRexin

Erin De Pasquale
Studente di Lettere. Amo i videogiochi, fumetti, serie tv e libri: se esiste qualcos’altro là fuori, non voglio saperlo.

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