Del: 13 Ottobre 2014 Di: Jacopo Musicco Commenti: 0

Nel 1974 Bob Fosse, regista di Cabaret e All That Jazz, decide di rendere omaggio alla figura controversa –per i suoi tempi – del comico Lenny Bruce raccontando la sua vita travagliata. Il film segue il comico dai primi anni di attività, segnati da una comicità povera e banalotta, per passare poi alla fase più matura in cui ottiene contemporaneamente il successo del pubblico e la persecuzione giudiziale.

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Prima inquadratura. Una bocca. Le parole. Ecco i protagonisti di questo film.

È l’America perbenista e puritana a cavallo tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta che fa da cornice alle vicende realmente accadute di Lenny Bruce, comico ebreo che tentò di svegliare il suo Paese da un torpore ipocrita sbattendogli in faccia una comicità basata sulla realtà della vita quotidiana.
Bob Fosse costruisce in sede di montaggio un saliscendi narrativo, in cui le vicende della vita personale di Lenny si alternano a parti dei suoi spettacoli, creando così un rapporto empatico tra ciò che vive l’America (e quindi Lenny) e quello che viene detto sul palcoscenico. Le riprese in bianco e nero rafforzano visivamente questo rapporto, ricordando allo spettatore come gli anni Sessanta furono un periodo di grande apertura grazie alle lotte per i diritti civili e alla cultura hippie, ma anche anni di grande repressione a causa di guerre e censura.

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Dustin Hoffman mette in scena una figura la cui forza non fu fisica bensì verbale, un uomo che tentò di incarnare la coscienza dell’America, con tutte le sue contraddizioni, consapevole del fatto che la comicità deve diventare riflessione altrimenti perde il suo potere. Fosse, deciso a non idealizzare troppo il “suo” personaggio, ne racconta anche il lato oscuro: la droga.

E si sa, droga e comicità vanno spesso a braccetto, forse perché più aumenta l’attenzione ricevuta più si ha paura di ricadere nell’indifferenza generale o forse perché in un ambito come quello del “far ridere” si vuole sempre dare il massimo, chissà… Fatto sta che, da Lenny Bruce a John Belushi, tanti sono stati i comici finiti nel tunnel della tossicodipendenza e mai più usciti. Fosse descrive tutto questo per ricordarci che la droga non è altro che la via di fuga per una società che non ha libertà di espressione, incapace di guardarsi allo specchio.

«Il guaio è che viviamo tutti in una cultura da lieto fine, una cultura di “come dovrebbe essere” invece che “come è”»

«Nel cesso e per sempre», la voice over di Hoffman commenta così l’immagine del corpo nudo di Lenny Bruce morto a quarant’anni. Questo il com’è stato. Ecco come avrebbe dovuto essere: una società riconoscente verso una persona che tentò per tutta la vita di farsi sentire perché sapeva che le persone avevano bisogno delle sue parole.

Lenny Bruce (13 ottobre 1925 – 3 agosto 1966)

Jacopo Musicco
@jacopomusicco

Jacopo Musicco
“Conosco la vita, sono stato al cinema."

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