Del: 14 Ottobre 2014 Di: Guido G. Beduschi Commenti: 0

L’1 dicembre 1912 Benito Mussolini assume la direzione de l’Avanti!. Il giovane romagnolo si trova a soli 29 anni in possesso di un mezzo formidabile per propagandare il proprio pensiero e i propri ideali politici: alla sua influenza nel partito sfuggono solo il gruppo parlamentare socialista capeggiato da Turati e la CGIL.
Il 1913 è fin dagli inizi un anno di tensioni: il 6 gennaio ha luogo l’Eccidio di Roccagorga in cui muoiono sette manifestanti per mano delle forze dell’ordine; l’episodio sarà causa di tutte le agitazioni successive, che culmineranno nell’estate con la Settimana Rossa. In risposta alla strage, Mussolini inizia una campagna contro gli eccidi di stampo fortemente antimilitarista, mentre il partito, complice la tensione generale, rifiorisce numericamente. Il giovane direttore si avvicina ai sindacalisti rivoluzionari, che nel 1912 erano usciti dalla Confederazione Generale del Lavoro (CGdL) fondando l’Unione Sindacale Italiana (USI), e agli anarchici — sostenendo una forte polemica contro i riformisti di Turati dai quali riceve a sua volta pesanti critiche per mancanza di concretezza nel programma politico.

cartolina satirica di Mussolini con Turati, 1914
Cartolina satirica di Mussolini con Turati, 1914

Nei primi di settembre il Partito Socialista apre la campagna elettorale e il direttore della prima testata socialista del Paese non può che avere un ruolo determinante nella propaganda. Tra il 26 ottobre e il 2 novembre si svolgono le prime elezioni politiche a suffragio universale maschile e i socialisti prendono poco meno di un milione di voti, pari al 17,5% dei seggi, divenendo dopo i liberali la seconda forza politica d’Italia. Il risultato è quasi un successo personale per Mussolini che continua ad aumentare la tiratura del giornale e inizia subito l’azione in funzione del congresso di Ancona dell’aprile 1914.
A seguito del fallimento di uno sciopero generale dell’Unione Sindacale Milanese (USM) nell’agosto del 1913,

il direttore de l’Avanti! inizia a maturare la consapevolezza che la via diretta al potere tramite la rivoluzione sia impraticabile e che nonostante la presenza nel Partito Socialista di élites attive e decise, queste difficilmente sarebbero riuscite a trascinare con rapidità il resto del proletariato.

Era necessario che la rivoluzione scoppiasse simultaneamente nelle campagne e nelle città: c’era bisogno di costruire un socialismo rivoluzionario nuovo. Ad Ancona i riformisti si presentano già battuti e passa la tesi dell’intransigenza assoluta nei confronti del parlamentarismo e dei blocchi con gli altri partiti. L’unica battaglia riguarda la questione massonica, che si conclude con l’approvazione di un ordine del giorno di Mussolini per l’espulsione dei membri massoni.

Il XIV Congresso socialista di Ancona, tra i relatori Benito Mussolini
Il XIV Congresso socialista di Ancona, tra i relatori Benito Mussolini

Lo stato d’animo prodotto dalla Guerra di Libia aveva dato grande vigore al partito ma si stava lentamente logorando col tempo: erano necessarie altre prospettive concrete di lotta. L’occasione viene fornita dall’ennesimo eccidio, avvenuto ad Ancona il 7 giugno, dove vengono uccisi dai carabinieri tre giovani: è la causa scatenante di quella che passerà alla storia come la “Settimana Rossa”. Il 9 giugno viene proclamato lo sciopero generale di protesta in tutta Italia dal Partito Socialista d’accordo con la CGdL, che però si sfila dopo due giorni a seguito della mobilitazione dell’esercito. Lo sciopero, che assume i caratteri di un vero moto rivoluzionario, dopo essersi propagato per tutto il Paese, va estinguendosi fino a cessare il 14 giugno (10 giorni prima dell’assassinio di Sarajevo). Mussolini è estraneo all’organizzazione dello sciopero, che è coordinato dalla direzione del partito e della confederazione, tuttavia non gli sfuggono tre aspetti emersi nelle agitazioni: la fusione tra varie esperienze regionali del movimento operaio, la partecipazione delle masse contadine nel movimento e la spinta unitaria dei vari partiti e gruppi della sinistra rivoluzionaria.

La “Settimana Rossa” conduce a un nulla di fatto e Mussolini coglie l’occasione per proporre un’unione proletaria, per costituire un fronte d’azione comune: vuole modernizzare il socialismo e ricercare una politica nuova, ormai certo dell’impossibilità di realizzare la rivoluzione dando vita a “quarantottate”, moti non organizzati, spontanei e privi di una direzione consapevole.

Il 28 luglio 1914 l’arciduca Francesco Ferdinando viene assassinato a Sarajevo, meno di un mese dopo l’Impero Asburgico presenta un ultimatum alla Serbia — Mussolini sull’Avanti! scrive “Abbasso la guerra!”.

La situazione precipita: il conflitto si estende a tutte le grandi potenze europee, l’Internazionale fallisce miseramente quando i partiti socialisti europei, tranne quello italiano, sposano la tesi della difesa nazionale. L’Italia si stacca sempre più nettamente dagli Imperi centrali e il Belgio, stato neutrale, viene aggredito dall’Impero Tedesco.

Mussolini direttore de "Il Popolo d'Italia", 1914
Mussolini direttore de “Il Popolo d’Italia”, 1914

Il Partito Socialista Italiano mantiene ferma la linea non-interventista, Mussolini dal canto suo inizia a maturare dubbi sulla capacità dei suoi compagni di direzione nel rendersi conto della situazione e di adeguarvisi. Naturale è la simpatia per il piccolo e pacifico popolo belga aggredito dal militarismo e dall’imperialismo germanico. Nel frattempo Bissolati, Salvemini e Battisti si pronunciano a favore dell’intervento, così fanno il Partito Repubblicano e quello Radicale. Mentre il Partito Socialista e l’Avanti! si irrigidiscono sulla formula della neutralità assoluta, Mussolini viene travolto da una realtà più forte di lui e sul momento conferma l’intransigenza non-interventista.

Nel frattempo si svolgono le prime manifestazione di piazza contro L’Austria-Ungheria a favore dell’intervento, e alcune frange della sinistra interventista organizzano un Fascio rivoluzionario d’azione internazionalista. Il 22 settembre viene pubblicato, per volontà della direzione del Partito Socialista, un manifesto per la neutralità assoluta steso dallo stesso Mussolini e da Turati. Il 26 e il 27 dello stesso mese, l’Avanti! organizza un referendum popolare per l’intervento o meno dell’Italia in guerra, che si risolve in un vero e proprio “plebiscito” pacifista. Intanto la situazione internazionale preme sempre di più sul mondo politico italiano e sui socialisti e, col passare dei giorni, la neutralità dichiarata verso tutti i belligeranti diventa apertamente “simpatica” nei confronti della Francia e “ostile” verso l’Austria.

Mussolini confida a pochi intimi di iniziare a condividere l’idea dell’intervento e alla convocazione della direzione del partito del 18 ottobre, muta ufficialmente posizione: passando dalla neutralità assoluta a quella “attiva e operante”.

Secondo lui, infatti, la prima imbottiglierebbe il partito e lo renderebbe complice degli Imperi, mentre l’intervento del Regno d’Italia potrebbe essere decisivo per la conclusione veloce della guerra. Il direttore de l’Avanti! ha compreso che il Partito Socialista nasconde dietro la neutralità assoluta la mancanza di un programma per il futuro, ed è convinto che si stia perdendo un’occasione irripetibile: la guerra avrebbe infatti creato le condizioni necessarie per la Rivoluzione, che avrebbe liberato l’Europa dal giogo militarista e capitalista. I problemi nazionali e l’irredentismo non potevano essere ignorati dal partito e l’interventismo avrebbe, infine, consentito ai socialisti (a Mussolini?) di inserirsi attivamente nella vita politica del Paese e diventare determinanti.
La maggioranza della direzione vuole però rimanere fedele al manifesto del 22, Mussolini, a quel punto, si dimette dalla direzione de l’Avanti!.

Il 15 novembre esce il primo numero del nuovo quotidiano di Mussolini: Il Popolo d’Italia, con il sottotitolo “quotidiano socialista”. È proprio il nuovo giornale e la dubbia origine dei fondi che Mussolini era riuscito ad accumulare in tre settimane, il motivo esplicito della sua espulsione, senza che tuttavia venisse svolta una vera inchiesta sulla provenienza dei denari.

A poche ore dell’espulsione per indegnità morale, Giuseppe Prezzolini scrive un telegramma a Mussolini: “Il Partito Socialista ti espelle, l’Italia ti accoglie”.

Guido Giulio Beduschi
@gg_beduschi

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Guido G. Beduschi
Studente di Storia, da grande voglio incastellarmi. Ho una bicicletta.

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