Del: 8 Ottobre 2014 Di: Guido G. Beduschi Commenti: 0

Quest’anno ricorre un anniversario fondamentale per la storia d’Europa: un secolo fa scoppiava il conflitto mondiale che avrebbe dissanguato e radicalmente trasformato le più grandi potenze mondiali.
Oltre all’anniversario dello scoppio della Grande Guerra, ricorre anche l’anniversario di un altro evento, determinato proprio dal primo: l’espulsione di Benito Mussolini, già direttore de l’Avanti!, dal Partito Socialista Italiano.

Il 29 novembre 1914 Benito Mussolini viene espulso per indegnità morale dal Partito Socialista Italiano. Cinque giorni prima era stata la Sezione Socialista milanese ad approvare la proposta di espulsione e Mussolini, presente all’assemblea, aveva affermato: “Sono e rimarrò socialista: ci sono 12 anni della mia vita di partito che sono e dovrebbero essere garanzia. Non è possibile tramutarsi d’animo. Il socialismo entra nella carne” e aggiungeva: “Voi mi vedrete ancora, lo vogliate o no, al vostro fianco (…). Non crediate che mi separi gaiamente di questa tessera. Strappatemela pure, ma non mi impedirete di essere in prima fila per la causa del socialismo. Viva il socialismo. Viva la rivoluzione”. Oggi, dopo cent’anni di storia italiana, sembra incredibile che queste parole siano state realmente pronunciate da colui che sarà fondatore e “duce” del fascismo. Ma andiamo con ordine, ripercorrendo l’esperienza politica e i 12 anni di “vita di partito” di Mussolini.

Il credo politico di Mussolini ha le sue radici nel socialismo del padre Alessandro, dalle “tinte accentuatamente populistiche e anarchiche” (De Felice). Il padre fu determinante tanto che è lo stesso figlio ad ammettere che: “Con l’esempio di un altro padre sarei divenuto diverso” (E. Ludwig, Colloqui con Mussolini). Omaggio agli ideali politici del padre sono anche i tre nomi che Mussolini riceve: Benito per Benito Juarez (eroe messicano contro l’occupazione francese del Messico, restauratore della repubblica e presidente riformatore), Amilcare per Amilcare Cipriani (patriota anarchico, segue Garibaldi in Sicilia e combatte per la Comune nel 1870), e Andrea per Andrea Costa (“padre” del Partito Socialista Italiano, primo deputato nel parlamento di idee socialiste).

Nel luglio del 1902, a soli 19 anni, spinto dal desiderio di tentar fortuna e dal suo animo avventuroso e ribelle (era stato chiamato alla ferma di leva militare), Mussolini emigra in Svizzera, dove rimarrà fino al novembre del 1904. La Svizzera in quegli anni era meta di molti italiani, che qui svolgevano soprattutto l’attività di muratori e manovali. Mussolini, partito senza una meta precisa, si sposta tra Losanna e Berna e, trovando lavoro come manovale, collabora con alcune riviste “rosse”.

Il giovane Mussolini aveva già avuto qualche esperienza giornalistica in Italia, ma è in Svizzera, si può dire, che inizia per davvero quella che sarà una fortunata carriera che lo porterà alla direzione de l’Avanti!; qui si specializza subito in temi antireligiosi e antimilitaristi: l’influenza più importante nel pensiero di Mussolini è il sindacalismo rivoluzionario di Georges Sorel, ideologia secondo cui con l’azione diretta e lo sciopero generale si poteva dare nuovo vigore al proletariato e che, identificando lo Stato con la classe borghese, poneva come unico obbiettivo della lotta l’espropriazione della classe capitalistica. Questa posizione non poteva che scontrarsi con quella del socialismo riformista, all’epoca alla guida del Partito Socialista Italiano, che cercava di ottenere risultati concreti attraverso la pratica parlamentare e le riforme. In Svizzera Mussolini conosce anche la filosofia di Nietzsche da cui fu profondamente impressionato: nel 1924 affermerà addirittura che fu il filosofo tedesco a “guarirlo” dal suo socialismo.

A seguito di un paio di espulsioni da un cantone all’altro, e dopo essersi guadagnato una posizione di spicco tra i socialisti italiani in Svizzera, quasi inaspettatamente Mussolini torna in Italia.

Prestato il servizio militare, nel 1908 ottiene la direzione del settimanale socialista La lima, dove firma i suoi articoli veementemente anticlericali con lo pseudonimo “Vero Eretico”. Lo stesso anno scrive un saggio su Nietzsche, La filosofia della forza, dove si può distinguere un embrionale “superomismo” mussoliniano. Nel febbraio 1909 emigra a Trento, allora città dell’Impero Austro-Ungarico, chiamatovi per ricoprire l’incarico di segretario della Camera del lavoro e di direttore del suo organo, L’avvenire del lavoratore. Qui collabora con Il Popolo diretto da Cesare Battisti con il quale instaura un rapporto profondo di stima reciproca. Le idee irredentiste influiscono notevolmente sul pensiero di Mussolini, che tuttavia rimane convinto internazionalista e contrario ad ogni forma di patriottismo pur iniziando a dare importanza al fattore linguistico e alla lotta per l’autonomia, come strumenti necessari per ridestare la coscienza sopita dei trentini e per dare linfa vitale all’ambiente politico, necessaria per far trionfare il socialismo.

Bersaglio preferito degli articoli polemici di Mussolini in questo periodo è ancora una volta il mondo cattolico, soprattutto il loro giornale Vita trentina, diretto da Alcide De Gasperi (eletto al Parlamento austriaco nel 1911 e futuro fondatore della Democrazia Cristiana), con il quale Mussolini tenne un violento contraddittorio.
Per la sua attività “sovversiva” e di agitatore, il 3 ottobre 1909 Mussolini viene espulso e torna a Forlì, dove diventa segretario della Federazione Socialista e direttore del suo settimanale La lotta di classe. Mussolini renderà la piccola federazione forlivese la base di un nuovo partito che avrebbe potuto realizzare, se non l’unità di tutta la sinistra, almeno quella dell’ala rivoluzionaria. Trae suggestioni da autori sindacalisti-rivoluzionari, da anarco-sindacalisti, da riviste di stampo sindacalista-Sorelliano (come La Voce di Giuseppe Prezzolini) e dal socialista Gaetano Salvemini.
Proprio da Prezzolini e da Salvemini trae la propria polemica contro l’ala riformista di Turati, contro i blocchi con le altre sinistre e contro la massoneria. In questi anni caldeggia la conquista del suffragio universale. Mussolini matura la convinzione che le minoranze del Partito Socialista, efficienti e consce delle mete rivoluzionarie, debbano essere l’avanguardia di un movimento di massa, pronto ad usare qualsiasi mezzo, anche violento, per raggiungere il proprio scopo; compito di queste minoranze è alimentare un’agitazione continua e permanente per mantenere vive le condizioni giuste per la rivoluzione.

Al Congresso Nazionale del Partito Socialista che si svolge a Milano nel 1910, i riformisti ottengono il doppio dei voti dei rivoluzionari. Sono presenti anche i delegati della federazione di Mussolini, che votano l’ordine del giorno rivoluzionario, anche se il segretario preferirebbe porre fine a questo “matrimonio adultero” e dare vita a un partito socialista rivoluzionario autonomo. Nel marzo del 1911 scoppia il caso Bissolati: il parlamentare socialista era infatti salito al Quirinale per le consultazioni con il Re; la direzione del partito, guidata Turati, scende in sua difesa, mentre contro di lui si scaglia la sinistra del partito. Mussolini vorrebbe l’espulsione di Bissolati, tuttavia la corrente riformista riesce ad avere la meglio: per protesta e per dare il buon esempio la Federazione Socialista di Forlì si distacca dal partito, come primo embrione di un futuro partito socialista rivoluzionario.

Nell’estate dello stesso anno una nuova vicenda sconvolge il mondo politico italiano: la questione di Tripoli, o meglio l’imminente Guerra di Libia. Mussolini è nettamente contrario alla guerra e afferma in un discorso del settembre che sarebbe stato “molto meglio colonizzare le molte Tripoli dell’Italia contemporanea”. La situazione degenera: il 29 settembre si tiene uno sciopero generale contro la guerra e due settimane dopo Mussolini viene arrestato in seguito ad un discorso incitante alla violenza, pronunciato proprio durante lo sciopero. Con lui viene incarcerato un altro “sovversivo”, l’allora repubblicano Pietro Nenni.
Mussolini viene scarcerato a metà marzo del 1912 e il 14 aprile la federazione forlivese rientra nel Partito Socialista Italiano, in vista del congresso di luglio che si terrà a Reggio Emilia. Ragione del frettoloso rientro tra le fila del partito è la preparazione al congresso e la resa dei conti con l’ala riformista; Mussolini riesce a superare con facilità l’isolamento politico successivo al distaccamento della sua federazione e rientra nel partito non come uno sconfitto, ma addirittura da eroe.

A fine giugno viene introdotto il suffragio universale maschile; l’ala rivoluzionaria è tutt’altro che soddisfatta: la concessione del diritto è un freno all’agitazione proletaria, quando invece questo poteva essere un elemento di sviluppo rivoluzionario. Il 7 luglio si apre finalmente il XIII Congresso del Partito Socialista, e Mussolini vi presenta un ordine del giorno per l’espulsione in seguito a “gravissima offesa allo spirito e alla dottrina socialista” dei riformisti di destra (tra cui lo stesso Leonida Bissolati e Ivanoe Bonomi). L’ordine del giorno ottiene la stragrande maggioranza dei voti. Costantino Lazzari, leader dell’ala rivoluzionaria, viene eletto segretario del partito, mentre i “destri” espulsi fondano il Partito Socialista Riformista. Il rinnovamento non avviene solo alla segreteria, ma investe anche la direzione del quotidiano del partito, l’Avanti!, la cui direzione passa da Claudio Treves allo stesso Mussolini. Il segretario della federazione di Forlì viene proposto dal neo-eletto segretario del partito in quanto giovane ritenuto controllabile — la storia avrebbe dimostrato tutto il contrario.

To be continued…

Guido G. Beduschi
Studente di Storia, da grande voglio incastellarmi. Ho una bicicletta.

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