Del: 17 Ottobre 2014 Di: Redazione Commenti: 0

Prende avvio da questo pomeriggio — in una Milano blindata per il vertice euro-asiatico — la mostra sul pittore olandese Vincent Van Gogh dal titolo L’uomo e la terra a Palazzo Reale. L’esposizione, che resterà aperta al pubblico fino all’8 marzo 2015, è stata scelta in occasione del 125° anniversario della morte del pittore e si inserisce in un programma internazionale più ampio dal tema “125 anni di ispirazione”, che parte proprio dal capoluogo lombardo per spostarsi poi in Francia, Belgio e ovviamente in Olanda.

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La mostra proposta a Palazzo Reale si compone di 47 opere provenienti principalmente dal Kröller-Müller Museum di Otterlo, dal Van Gogh Museum di Amsterdam e dal Centraal Museum di Utrecht ed è stata curata da Kathleen Adler, esperta del movimento Espressionista e autrice di diverse monografie sull’artista olandese.
Il tema principale – il rapporto tra l’uomo tra l’uomo e la terra – ricalca uno dei soggetti più frequenti e apprezzati dal pittore, che ha sempre prestato un occhio di particolare riguardo a quel mondo contadino, dalla vita umile e difficile, interprete di un’esistenza dura e semplice, ma pregna di dignità data dal lavoro onesto.

L’artista, infatti, riporta in uno dei suoi scritti pervenutoci che “il disegno della mano di un contadino è meglio dell’Apollo del Belvedere” sottolineando così quell’attaccamento quasi viscerale alla terra e alla natura, al lavoro manuale e alla sua religiosità, che dal momento della sua svolta artistica nel 1881 lo accompagna fino alle ultime opere.

L’allestimento, curato dall’architetto giapponese Kengo Kuma, coglie perfettamente questo senso. Ispiratosi ai colori della terra e alle sue forme, Kuma ha voluto disporre le opere su pareti ondulate in un ambiente molto buio, illuminandole solo attraverso una luce calda proveniente dal basso — dalla terra appunto. Quello che ne scaturisce è una completa immersione dello spettatore nell’esposizione, facendo sì che questi si senta avvolto, circondato e cullato dalla morbidezza e dal calore delicato delle superfici, che mettono in risalto i dipinti e fungono da guida orientativa che accompagna il visitatore lungo tutto il percorso.

PicMonkey Collage

La mostra, pur seguendo un unico filone interpretativo, è stata divisa in sei sezioni — L’uomo e la terra, Vita nei campi; Il ritratto moderno; Nature morte; Le lettere; Colore e vita — che si differenziano per lo sviluppo della tecnica cromatica e del tema rappresentato.

Ad aprire la mostra, quasi a riconfermare la sua presenza viva all’interno della sala, si colloca il celebre “Autoritratto” dell’artista, che vuole quasi porsi esso stesso come guida per lo spettatore attraverso una serie di didascalie poste al di sotto delle opere, tratte dalle molte lettere che Van Gogh inviava al fratello Theo, a descrizione dei suoi dipinti.

Un lavoro immenso, quello del pittore olandese, impossibile da capire all’epoca perché forse troppo avanti coi tempi, che ci permette in quest’occasione unica per la città di Milano di approfondire attraverso i suoi occhi il complesso rapporto tra l’uomo, il suo lavoro e il mondo che lo circonda.

Pietro Repisti

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