Del: 19 Novembre 2014 Di: Ilaria Guidi Commenti: 0

Ritorna nella città dove tutto è iniziato Gabriele Salvatores, per parlare di cinema e teatro agli studenti dell’Università degli Studi di Milano in occasione di un ciclo di incontri dedicati ai 40 anni dalla nascita del Teatro dell’Elfo di cui è tra i soci fondatori. Napoletano di origine, Salvatores si traferisce presto nel capoluogo lombardo con la famiglia e qui, assieme a Ferdinando Bruni ed altri giovani artisti, nel 1972 dà vita all’esperienza teatrale collettiva e indipendente del Teatro dell’Elfo.

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Iscritto a Giurisprudenza, abbandona presto questo percorso di studi, raccontando come il suo unico possibile modello di avvocato sarebbe potuto essere il Jack Nicholson di Easy Rider. Frequenta quindi la facoltà di Lettere e, con il benestare del padre, si iscrive alla celebre scuola per attori Paolo Grassi, introducendosi così alla sua passione per il teatro.

Salvatores ci racconta di avere un bellissimo ricordo della Milano degli anni ’70, città viva e di un fermento culturale fondamentale per la sua carriera successiva: «Senza quella Milano probabilmente non avrei fatto ciò che ho fatto».

Tra i pomeriggi passati a contestare la Prima della Scala assieme all’amico Mauro Pagani — com’era quasi un dovere morale fare in quegli anni — e i tour teatrali a bordo di un furgoncino Volkswagen, Salvatores inaugura una prolifica stagione di spettacoli, con la collaborazione di un altro personaggio che ha fatto la storia del teatro milanese – Elio De Capitani  – incontrato un po’ a fortuna e un po’ per caso una mattina dopo uno spettacolo.

L’importanza del gruppo è una delle abitudini più prolifiche e principali che ci confessa essersi portato dallo spettacolo al cinema e il gruppo formato da questi ragazzi sarebbe oggi un cast veramente d’eccezione se lo si volesse rimettere assieme, con nomi come Giuseppe Cederna, Claudio Bisio, Doris Von Thury, Ferdinando Bruni, Ida Marinelli, Elio De Capitani, Luca Barbareschi, Corinna Augustoni, Cristina Crippa, Luca Torraca e Renato Sarti.

Nei primissimi anni ’80 la compagnia mise in scena il musical Sogno di una notte d’Estate, con un testo collettivo liberamente interpretato dal quello shakespeariano, che ebbe tre anni di repliche e fondeva assieme generi diversi della musica e del teatro classico. Un successo.

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E proprio a partire da questo successo nel 1983 Salvatores si dedicò alla celluloide, con un primo lungometraggio omonimo che riprendeva il musical dell’Elfo, a cui seguì nel 1987 Kamikazen – Ultima notte a Milano, pellicola per certi versi autobiografica girata di notte vicino ad Abbiategrasso, che dipinge una Milano dei bassifondi, multietnica e misteriosa, fatta di poveracci a cui tuttavia raramente manca la voglia di sognare.
Il ricordo più bello avuto sul set ci racconta però essere l’arrivo per la prima volta in Africa, alle soglie del deserto marocchino, in occasione delle riprese del suo terzo film – Marrakech Express – assieme a Bentivoglio ed Abatantuono — «Quel deserto mi sembrava immenso e lo dovevo attraversare tutto».
E quel deserto l’ha attraversato Gabriele Salvatores, almeno metaforicamente, arrivando nel 1992 a vincere l’Oscar per il miglior film straniero per Mediterraneo. Oscar inaspettato, come ci racconta l’autore, dal momento che quell’anno erano in concorso diversi film molto validi.

Tuttavia il teatro sembra essere rimasto fortemente radicato nel DNA di questo regista, che alla domanda: «Cinema e teatro, la grande somiglianza e differenza tra i due, quali sono per te i tratti più distintivi?», ci risponde che entrambi hanno in comune la possibilità di raccontare una storia e di rappresentarla, che sia essa un’esperienza di vita o una pura invenzione.

Il teatro, però, è il luogo della distanza, fornisce uno spazio di pensiero più ampio e più libero e durante la scena ti accorgi che si sta rappresentando qualcosa, che si sta fingendo.

Nel cinema questo non accade. Spesso sei da solo tu e il film e come nella caverna di Platone: scambi le immagini proiettate sullo schermo per realtà. Nel cinema, inoltre, è il regista che sceglie cosa farti vedere, dove farti cadere l’occhio attraverso le diverse inquadrature, per questo il grande schermo è il mondo del regista, il teatro quello dell’attore.

Pietro Repisti

Foto di Ilaria Guidi
@ilovemingus

Ilaria Guidi

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