Del: 7 Novembre 2014 Di: Tommaso Sansone Commenti: 2

Aggiornato: 29/11/2015

Nell’aprile 2014, l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), l’organizzazione mondiale incaricata di monitorare il cambiamento climatico terrestre, ha pubblicato i risultati del proprio terzo gruppo di lavoro.

Questo avvenimento segna l’imminente conclusione del quinto Rapporto di Valutazione (IPCC’s 5th AR), ovvero un insieme di documenti che indicano lo stato attuale della suddetta problematica ambientale.

Alle spalle c’è l’elaborazione di un’immensa mole di dati e statistiche: migliaia di operatori, di differente formazione e nazionalità, hanno collaborato riuniti sotto il nome di un’unica organizzazione per fare il punto della situazione sul Climate Change, sfruttando tutta la conoscenza scientifica a disposizione.

Il 2 novembre 2014, quasi sei mesi dopo, è stato pubblicato il relativo Rapporto di Sintesi (IPCC’s 5th SYR) e il corrispondente Summary for Policymakers (SPM) ovvero il sommario del riassunto – di molti altri riassunti – delle conclusioni che sono state tratte in seguito a questa grande operazione di analisi dei dati.

Il destinatario di tale documento è l’intera società umana: l’obiettivo è divulgare quale sia lo stato delle cose in fatto di cambiamenti climatici, che cosa dobbiamo aspettarci dal futuro e come prepararci ad affrontarlo.

Ai contenuti del quinto Rapporto di Sintesi, che certamente non sono rassicuranti, il sottoscritto vorrebbe aggiungere un pensiero personale: difficilmente il potere di un’autorità “superiore” riuscirà a imporre le leggi necessarie affinché il delicato equilibrio terrestre possa perdurare. È più verosimile sperare che i cittadini del mondo prendano coscienza di quali conseguenze scaturirebbero da uno sviluppo sregolato della nostra società, e che agiscano loro stessi per chiedere alle autorità sovrastanti di far sì che le leggi necessarie vengano stilate e fatte rispettare.

Le copertine dei blocchi di documenti del quinto Rapporto di Valutazione, pubblicati dall'IPCC sul proprio sito web.

Dietro le quinte dell’IPCC: come lavora l’organizzazione che sorveglia i cambiamenti climatici

Immaginate un gigantesco ordine di scienziati il cui scopo sia fare la previsione di come sarà il mondo nei prossimi secoli: quest’immagine descrive con buona approssimazione l’IPCC, ovvero l’Intergovernmental Panel on Climate Change.

Fondata nel 1988 per il volere dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO), ed il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP), il vero obiettivo dell’IPCC è il monitoraggio del cambiamento climatico e la libera divulgazione di tutta la conoscenza scientifica esistente sul fenomeno, attraverso la pubblicazione di dati e resoconti accessibili a tutti. Sebbene a prima vista questo compito appaia circoscritto al campo ambientale, la formulazione di una previsione sulle future condizioni climatiche della Terra costringe a includere nello studio una gamma di fattori talmente ampia che si può pensare all’IPCC come un sofisticato organismo di previsione del futuro.

Infatti, deve necessariamente tenere conto non solo di tutte le dinamiche naturali (precipitazioni, irraggiamento solare, moto dei venti, moto dei mari, comportamenti di fauna e flora, ecc.) ma anche di tutte le dinamiche umane (emissioni atmosferiche, andamento demografico, andamento dell’economia, conflitti bellici, ecc.), suddividendo ognuna di esse in fenomeni di dimensioni inferiori, ciascuno dei quali attivo in un diverso contesto locale.

Tuttavia, non sarebbe scientificamente valido studiare singolarmente ogni sistema, poiché ciascuno di essi è in relazione con gli altri, dunque, ognuno di essi va analizzato considerando contemporaneamente tutti quelli coi quali interagisce.

Ad esempio, se da una parte l’emissione di gas serra di origine artificiale, la deforestazione e gli interventi di modifica sugli ecosistemi naturali aumentano la quantità d’acqua in atmosfera e la temperatura media globale, dall’altra parte l’innalzamento del livello dei mari e l’intensificazione degli eventi di precipitazione e di siccità sottopongono a maggior stress lo sviluppo della civiltà, aumentando la sperequazione sociale e favorendo lo scoppio di conflitti bellici per il controllo dei territori e delle risorse.

Da qui si comprende immediatamente quale sia la gigantesca mole di lavoro che l’IPCC si trova a dover affrontare.

L’esigenza di valutare sistemi molto diversi tra loro è il motivo per cui una grossa fetta del personale dell’IPCC è costituito da esperti di settore (ingegneri, chimici, fisici, ecologi, biologi, climatologi, geologi, sociologi, ecc.), ognuno dei quali è specializzato nell’analisi di un ambito particolare (precipitazioni, livelli dei mari, temperature, composizione di suolo e atmosfera, sviluppo e migrazioni di flora e fauna, demografia umana, condizioni sociali, economiche, culturali, politiche delle varie comunità, ecc. – l’elenco è estremamente lungo).

L’altra grossa parte degli operatori è composta da specialisti nel trattamento delle informazioni (statistici, matematici, informatici, tecnici).

L’elaborazione di questi dati si rende necessaria per capire come si sta spostando l’equilibrio delle dinamiche attive sulla Terra e in che modo sono correlate tra loro.

Le due tipologie di operatori collaborano in tre macro-gruppi di lavoro, ciascuno con proprio campo di indagine e un corrispondente obiettivo:

  • Gruppo di Lavoro I (WG I): Costruire una conoscenza teorica sui cambiamenti climatici;
  • Gruppo di Lavoro II (WG II): Descrivere gli impatti dei cambiamenti climatici sui sistemi naturali e umani e individuare opzioni di adattamento e le loro vulnerabilità;
  • Gruppo di Lavoro III (WG III): Quantificare l’efficacia degli approcci di mitigazione dei cambiamenti climatici, in particolare della riduzione delle emissioni di gas a effetto serra. A quest’ultimo gruppo viene fornito il supporto di una cosiddetta unità “Task Force”, il cui compito è trovare dei metodi efficienti per calcolare gli impatti derivanti dai gas serra.
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Alla fase lunga di elaborazione di dati segue quella ancora più delicata di editoria e pubblicazione dei documenti che illustrino quanto effettuato nell’arco di tutto lo studio, ovvero il Rapporto di Valutazione.

I risultati vengono riorganizzati da ciascun gruppo in un primo dossier (Full Report), che pertanto contiene un’elevatissima quantità di informazioni (circa 1200 pagine).
Il dossier viene suddiviso in altri di entità minore, incentrati su un solo tipo di fenomeno, su una sola zona del pianeta, su un solo punto di vista, ecc.; quindi ciascuno di essi viene riassunto più e più volte in documenti via via sempre più sintetici ma meno tecnici.

Ciascuno dei tre gruppi arriva a sintetizzare il frutto del proprio operato in un fascicolo riassuntivo di circa 40 pagine, il cosiddetto “Summary for Policymakers”, un resoconto conciso e di terminologia abbastanza semplice, indirizzato nello specifico ai rappresentanti politici delle varie nazioni, ma comprensibile anche da un pubblico generico che abbia un minimo di conoscenza scientifica sull’argomento.
Ma ciò che molti esponenti del mondo scientifico hanno atteso con trepidazione durante quest’autunno è il rilascio del quinto Rapporto di Sintesi.

Prodotto ultimo di tutta la procedura del Rapporto di Valutazione, il Rapporto di Sintesi contiene l’unificazione di tutte le conclusioni tratte dai tre gruppi e costituisce quindi la più recente ed esauriente conoscenza scientifica sullo stato del cambiamento climatico.

 

Il corrispettivo “Summary for Policymakers”, il sommario super-sintetico di tutto il Rapporto di Valutazione (IPCC’s SYR SPM), è il documento che incarna la vera raison d’être dell’IPCC: è infatti idealmente destinato all’umanità nel suo complesso, di modo che chiunque lo desideri possa prendere coscienza dei problemi ambientali che interessano il nostro pianeta.

Ovviamente, il personale e i volontari di questo ente non hanno una posizione imparziale sulla materia che trattano, ma anzi sono convinti che il Climate Change sia dovuto esclusivamente a cause antropiche, una teoria che, nonostante possa contare una grande quantità di prove a suo favore, ancora non viene accettata da tutta la comunità, scientifica e non.

Non mancano infatti le critiche al lavoro dell’IPCC, manifestatesi soprattutto nel novembre 2009 con lo scoppio del cosiddetto “Climategate”, ovvero la presunta falsificazione di dati da parte di alcuni operatori, al fine di rendere più evidenti le conseguenze del surriscaldamento globale causato dall’uomo.

Il caso è stato usato come pretesto dai negazionisti del surriscaldamento globale per mettere in discussione non solo i dati eventualmente modificati, ma in generale tutta la struttura e l’operato dell’IPCC.

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Nonostante le numerose critiche, l’IPCC rimane l’autorità scientifica leader a livello internazionale in fatto di cambiamenti climatici e l’importanza del suo operato è stata riconosciuta il 12 ottobre 2007, con tramite l’assegnazione del Premio Nobel per la Pace.

La sua mastodontica funzione di indagine e divulgazione ai soli fini dell’informazione pubblica è praticamente unica nel suo genere, non esiste infatti un’altra organizzazione che condivida liberamente sul web i risultati di analisi e studi orientati al futuro condotti da personale con un così alto grado di specializzazione e supportati da una così consistente letteratura di dati scientifici.

Credits: @Hpayne

Tutti i documenti del quinto Rapporto di Valutazione, suddivisi per Working Group, sono consultabili qui.
Il Summary for Policymakers del quinto Rapporto di Sintesi (IPCC’s 5th SYR SPM) è consultabile qui.
Tutti i documenti del quinto Rapporto di Sintesi sono consultabili qui.

Tommaso Sansone
Mi piace fare e imparare cose nuove. Di me non so quasi niente.

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