Quando si parla di inquinamento si pensa solitamente a quello atmosferico, idrico o del suolo; ma esiste anche quello luminoso — cioè quello proveniente dalle onde luminose, che sconvolge la percezione dell’ambiente o altera i processi fisiologici che riguardano la luce, e il nostro Paese è uno dei più colpiti.
Così ha raccontato l’astronauta Paolo Nespoli durante un convegno a Ferrara nel febbraio 2012, mostrando una foto scattata da nord verso sud, dalla Gran Bretagna fino alla Sicilia, dove la nostra nazione è l’unica riconoscibile.
[youtube]https://www.youtube.com/watch?v=yydemA95O9o[/youtube]
In Lombardia, Campania e Lazio circa tre quarti della popolazione non può vedere la Via Lattea; in Liguria, Toscana ed Emilia i due terzi; in Sicilia, Veneto, Piemonte, Puglia, Friuli Venezia Giulia la metà; in Sardegna e Marche un terzo, in Abruzzo un quarto. In Umbria, Calabria e Molise una persona su dieci. In Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige e Basilicata al contrario ogni notte quasi tutti gli abitanti possono ammirare il cielo stellato senza problemi di sorta.
Città come Los Angeles, Copenaghen, Oslo e Stoccolma hanno deciso di limitare l’inquinamento luminoso grazie all’installazione sulle loro strade di lampadine a LED ed entro agosto 2015 la città di Milano, prima in Italia, farà lo stesso.
Usare questa innovazione vorrà dire più efficienza e ogni anno la riduzione del 52% dei consumi, di 23.650 tonnellate di CO2 nell’atmosfera, di circa 9 tonnellate di rifiuti RAEE (rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche) di circa 9 tonnellate e un taglio del 31% delle spese comunali.
L’amministrazione di Palazzo Marino spende attualmente per la fornitura di illuminazione pubblica intorno ai 42 milioni di euro che scenderanno a 32 entro il 2015 e a 29 milioni nel 2016.
Anche sulla BreBeMi, la nuova autostrada inaugurata questa estate, che mette in collegamento le città di Brescia, Bergamo e Milano, l’illuminazione rispetta la normativa sul contenimento dell’inquinamento luminoso.
Per la sua approvazione, fondamentale è stato il contributo dell’associazione CieloBuio-Coordinamento per la protezione del cielo notturno, un’associazione senza fini di lucro attiva nella tutela del cielo e dell’ambiente notturno tramite attività di sensibilizzazione dell’opinione pubblica.
L’associazione collabora con la sezione italiana dell’International Dark-Sky Association, fondata negli Stati Uniti nel 1998 da un gruppo di astronomi — gli studi astronomici risentono fortemente dell’eccessiva quantità di luce diretta verso l’alto.
Non va meglio per quella puntata verso il basso: gli studiosi hanno dimostrato che l’esposizione alla luce artificiale durante le ore notturne provoca danni al ritmo circadiano e comporta l’aumento del rischio di tumori, in particolare al seno.
Prima del 1879, anno a cui risale l’invenzione della lampadina elettrica, l’uomo adattava le proprie attività quotidiane in base al ciclo solare: si svegliava all’alba e andava a dormire al tramonto. Queste abitudini consentivano un migliore funzionamento fisiologico della temperatura corporea, della secrezione e della produzione di ormoni.
Nella società moderna uno stile di vita del genere è pressoché impensabile, con rischi per la salute molto seri.
La melatonina, ad esempio, è una sostanza prodotta dalla ghiandola pineale che agisce sull’ipotalamo e serve a regolare il ciclo sonno-veglia. Di giorno la sua produzione è quasi nulla, perché avviene quasi interamente durante la notte, quando è buio. L’esposizione alla luce inibisce la sua generazione.
La produzione di melatonina è connessa strettamente al ritmo circadiano, dal latino circa diem, letteralmente “intorno al giorno”. Esempi di questo sono il ritmo sveglia-sonno, il ritmo di secrezione di sostanze biologiche, il ritmo della variazione della temperatura corporea. Anche in questo caso la luce può agire su di esso, azzerando l’orologio biologico: la luce può avanzare o ritardare il ritmo circadiano.
L’esposizione all’illuminazione durante le ore notturne quindi altera questo processo, portando di conseguenza alla riduzione della produzione di melatonina che è regolare solo quando i ritmi quotidiani sono costanti.
Secondo alcune ipotesi la diminuzione della funzione della ghiandola pineale aiuta lo sviluppo del cancro al seno. Questo perché l’alterazione della quantità di melatonina porterebbe ad un incremento del livello di ormoni legati alla riproduzione, in particolare l’estradiolo, che producono l’aumento di cellule ormoni-sensibili nel seno.
Alcuni studi hanno sostenuto questa teoria, dimostrando che le donne che sono esposte alla luce artificiale durante le ore di lavoro notturno presentano un alto rischio di tumore al seno, mentre l’incidenza cala nei casi in cui ad essere esposte sono donne non vedenti.
Ma l’inquinamento luminoso colpisce anche la flora e la fauna. Per quanto riguarda la prima basta guardare le foglie vicine ai lampioni lungo i viali in autunno: restano verdi più a lungo poiché la vicinanza alla luce altera il loro ciclo stagionale e il loro processo fotosintetico.
Alcuni uccelli o insetti, invece, perdono la rotta migratoria, rischiando l’estinzione. Emblematico il caso dei piccoli di tartaruga marina che nel 1998 sulle coste di Creta, disorientati dalla fortissima illuminazione notturna proveniente dagli alberghi, invece di tuffarsi in mare, sono morti sulla spiaggia. E qualche anno fa un falco pellegrino, appollaiandosi sui tralicci di una raffineria di petrolio a Cagliari, ha potuto cibarsi di numerosi uccelli migratori notturni che perdevano la rotta attratti dal potentissimo faro che per motivi di sicurezza illuminava gli impianti.
Insomma, come ogni altra forma di inquinamento, anche quello luminoso porta a conseguenze che danneggiano anche l’uomo, oltre che l’ambiente. Il dubbio amletico consiste nel decidere, consapevolmente, se ne valga la pena.
Maria C. Mancuso
@MariaC_Mancuso