Sono ormai migliaia e sono sempre di più: uomini e donne, fieramente tedeschi, fieramente cristiani; sostengono d’esser “patriottici”. Non parlano coi giornalisti, lasciano che siano i loro slogan a farlo, e non cercano dialogo alcuno, nessun compromesso con politici e partiti.
“Wir sind das Volk” – “Siamo il popolo” – scandiscono nel corso della loro marcia per le strade di Dresda.
Si fanno chiamare PEGIDA, acronimo sotto cui viene celato l’inquietante “Patriotische Europäer gegen die Islamisierung des Abendlandes”, “Europei patriottici contro l’islamizzazione d’Occidente”, e da ottobre, da quando hanno dato il via alle loro manifestazioni – una ogni lunedì – il numero dei loro simpatizzanti non fa che crescere.
La prima marcia contro “le guerre di religione sul suolo tedesco” non ha raccolto più di cinquecento adesioni: guidati dal leader del movimento Lutz Bachmann, questi crociati del nuovo millennio hanno sfilato davanti agli sguardi attoniti dei passanti per le vie della città sassone, brandendo striscioni e bandiere.
Il 10 novembre la schiera dei paladini dell’integrità europea toccava già i 1.700 rappresentanti, il 17 la questura ne contava circa 3.500, il 24 quasi 5.500, il 1 dicembre 7.500.
Lo scorso lunedì a sfidare il gelo della notte erano in 10.000, avvolti nei cappotti, a intonare canti, a difendere orgogliosamente le radici “tedesche di Germania”, messe a repentaglio quotidianamente dall’invasore musulmano; uomini e donne comuni, i tremanti membri della società piccolo-borghese tedesca, nell’atto d’esprimere la loro fragilità e la loro paura nella più classica delle sublimazioni: il populismo, la generalizzazione, il dito puntato. Contro le misure del governo per l’accoglienza e l’asilo dei migranti, contro le tutele garantite dallo Stato agli stranieri, ma è il dato religioso e culturale a preoccupare “il popolo” — è l’Islamizzazione.
La Germania da decenni è interessata da un intenso flusso migratorio, in particolare dalla Turchia (sono circa 3,2 milioni gli abitanti di origine turca), e l’Islam, coi suoi 4 milioni di fedeli, è la seconda religione più praticata del Paese. La convivenza con la comunità musulmana però, pur segnata da tensioni e da reciproca diffidenza, non ha mai dato luogo a simili campagne esplicitamente xenofobe e discriminanti. Sebbene dal 2000 a oggi vi sia stata una relativa chiusura nelle politiche migratorie, l’ingombrante fardello del passato, che grava come un macigno sulla cultura tedesca, ha sempre imposto un atteggiamento estremamente cauto in materia.
Di movimenti neonazisti ne esistevano e ne esistono numerosi in ogni Land, da tempo conducono le loro attività a livello locale e sovralocale, compiendo atti intimidatori e dimostrativi, alla stessa stregua di quelli presenti in Italia. Tuttavia, con buona probabilità (difficilmente potrebbe essere altrimenti) in modo molto più netto che in Italia, la condanna di queste cellule è sempre stata unanime e condivisa. Pur essendo un fenomeno preoccupante, la presenza di gruppi nazifascisti è sempre stata limitata e limitabile, non certo dotata della forza né degli argomenti per attecchire in modo sensibile nella vita politica tedesca.
Ma la minaccia della crisi economica ha scosso il ventre di tutti, anche quello del colosso germanico, risvegliando le paure, i fantasmi e i mostri del secolo scorso. Ben nascoste, almeno fino a oggi, dietro formule di rito e un linguaggio politicamente corretto, un’ostilità serpeggiante e sempre meno celata. Come del resto in tutta Europa, anche in Germania si è registrato un aumento dei consensi dei partiti euroscettici: l’AdF (Alternative für Deutschland), partito populista di estrema destra, si è attestato alle scorse elezioni europee al 7,4%, dopo solo un anno dalla sua fondazione.
A questo partito si suppone faccia riferimento – almeno idealmente – PEGIDA, che rigetta qualsiasi accusa di razzismo, nega di avere legami con le formazioni neonaziste e di estrema destra, accusa i mass media di condurre nei suoi confronti una campagna denigratoria, ma nei fatti raccoglie il sostegno di migliaia di persone per l’esplicita opposizione ai costumi islamici e per il suo richiamo all’ “idea cristiana di uomo”, l’idea dell’Abendland, occidentale ed europea. Il pretesto è quello del fondamentalismo islamico, la difesa contro la brutale avanzata dell’IS, il timore riguardo all’arrivo di terroristi mescolati alle masse di migranti dai Paesi musulmani.
Ma sull’orlo della psicosi queste istanze si concretizzano in una generica caccia allo straniero, e il passo per la teorizzazione di una supposta superiorità, più o meno dichiarata, dell’uomo europeo è breve, brevissimo; e non c’è popolo che conosca i rischi di questi afflati, non a caso coincidenti con le crisi economiche, più di quello tedesco.
Anche per questo motivo PEGIDA, dopo poco più di un mese di attività, ha iniziato a suscitare profondo allarme nelle istituzioni, collezionando l’unanime biasimo di figure di spicco del panorama politico tedesco, con l’unico risultato di una diffusione virulenta del movimento, che in pochi giorni ha conquistato una rilevanza nazionale.
Lenz Jacobsen, commentatore di Die Zeit Online, sottolinea come questa minoranza spaurita non riducibile all’etichetta neo-nazi stia cercando di razionalizzare un terrore privo di fondatezza: un sentimento quantomai vero mancante però di qualsiasi verità di fondo. Appunto per questo, però, una minoranza simile può arrivare a coinvolgere se non la maggioranza del Paese una larga parte di esso. Proprio perché non razionale, apartitica, ultraconservatrice, populista e soprattutto – almeno a parole – non ispirata all’ideologia nazista.
Arianna Bettin Campanini
@AriBettin