Arianna Bettin Campanini
@AriBettin
Erano migliaia, un torrente di persone avvolte in tricolori tedeschi, una fiumana riversatasi per le vie di Dresda, di Hannover, di Monaco, di Colonia, di Bonn, Düsseldorf, Duisburg, Lipsia, persino di Berlino.
Ogni lunedì, puntuali alle 18.30, da ottobre in avanti, i sostenitori di PEGIDA hanno manifestato compatti e forti di un consenso sempre più ampio contro lo pseudo-fantasma dell’”islamizzazione d’Occidente”, al motto inquietante di «Noi siamo il popolo!».
Solo a Dresda, città natale delle Spazierengangen antimusulmane, se ne contavano quasi 25.000 il 12 gennaio.
Ieri, però, il silenzio. Solo – si fa per dire – una dimostrazione fuori dal confine tedesco, a Vienna, e qualche centinaio di persone radunatesi spontaneamente in varie cittadine: un flop.
Che fine ha fatto “il popolo”?
Per un paio di baffi. Quel che è successo in queste tre settimane all’interno del movimento che da mesi catalizza l’attenzione dei media tedeschi ed europei ha del grottesco.
Non sono serviti i richiami e gli appelli, gli articoli di giornale, le condanne da destra e da sinistra, dell’opinione pubblica nazionale ed estera, non sono servite le contromanifestazioni e gli scontri a fermare l’avanzata di PEGIDA: è bastata una foto, un selfie scattato da Lutz Bachmann, leader del movimento, dal parrucchiere.
Bachmann, in primo piano di tre quarti, fissa con occhio truce l’obiettivo, fronte corrugata, capelli bagnati e stesi di lato, un asciugamano arancione arrotolato al collo.
E un baffetto dal gusto inconfondibilmente hitleriano che si staglia fra bocca e naso.
Scandalo nel movimento, scoppia il parapiglia e Lutz — l’ex detenuto, pluricondannato per aggressione, per spaccio e detenzione di stupefacenti, per furto, per guida senza patente e in stato d’ebbrezza, l’irreprensibile agitatore di folle, autore di pesanti tweet e commenti contro figure di spicco della politica tedesca, lo xenofobo, islamofobo, nazistoide Lutz — è costretto a ritirarsi: è “il popolo”, o almeno una sua parte, a chiederlo, probabilmente i più acuti, che non si erano ancora accorti della somiglianza nelle idee e nei modi tra il capetto di PEGIDA e quell’altro capetto dei tempi che furono. Avevano bisogno del disegnino.
Così impara, Lutz, a scherzare sui baffi.

Tra le motivazioni ufficiali della cacciata, però, non si accenna nemmeno alla vicenda, tantomeno al suo passato: si fa solo – “solo”, ancora, per dire – riferimento a una serie di commenti piuttosto pesanti postati tra settembre e ottobre su Facebook all’indirizzo di immigrati e rifugiati, definiti elegantemente da Bachmann «stronzi» e «animali».
In effetti la foto non è che l’ultima bella trovata di Lutz, personaggio controverso e scomodo, a partire dalla fedina penale.
Ma solo dopo aver riempito col suo faccino baffuto le prime pagine di tutte le testate di Germania, Bachmann è stato cortesemente invitato alla porta.
A prendere il suo posto alla testa del movimento è l’ex portavoce e co-fondatrice Kathrin Oertel, biondissima trentottenne teutonica dall’occhio glaciale e dalle vertiginose sopracciglia, fervida rappresentante dell’ala moderata di PEGIDA, l’ala timorata e pudica.
La mutazione. Ad ascoltare le parole pacate e accomodanti della Oertel si ha quasi l’illusione che non si tratti più dello stesso movimento di ottobre. Certamente non si tratta più del PEGIDA di Bachmann, chiuso a qualsiasi forma di dialogo, rozzo, sguaiato, che a stento nascondeva la sua vena nazista. Il passaggio da Bachmann alla Oertel alla leadership rappresenta il tentativo di riabilitare il movimento agli occhi della nazione e contemporaneamente segna una svolta nella sua organizzazione.
L’odio, la rabbia, la paura, la diffidenza hanno riunito sotto i vari -GIDAs un’enorme massa eterogenea di persone, molte delle quali (in quantità sempre maggiore) difficilmente gestibili.
Il gioco sta sfuggendo di mano e urge un ridimensionamento.
Per questo motivo il nuovo vertice organizzativo si è dissociato immediatamente dalle frange più violente e accanite del movimento, in particolare da LEGIDA, il gruppo operante a Lipsia, composto in buona parte da hooligans facinorosi e neonazisti, che il 21 gennaio si sono scagliati su poliziotti, giornalisti e alcuni partecipanti alla contro-manifestazione antifascista svoltasi in parallelo all’usuale passeggiata del lunedì.
PEGIDA contro PEGIDA. Bachmann però non ci sta, non vuole lasciare la sua creatura, passi cedere la leadership, ma non intende indietreggiare oltre. Vorrebbe rimanere nell'”Orga-team”, il nucleo organizzativo di PEGIDA, e la Oertel, contraria alla sua inclusione, dopo una sola settimana abbandona l’incarico, trascinando con sé altri cinque membri.

Uno di questi, René Jahn, in un’intervista al quotidiano Bild addurrà a motivo della loro decisione «la permanenza del signor Bachmann nell’Orga-Team, così come lo scarso controllo di LEGIDA a Lipsia», e aggiungerà: «con questa roba da nazisti e queste manifestazioni d’estrema destra io non voglio avere niente a che fare».
Dopo le dimissioni di sei dei suoi dodici membri, il vertice di PEGIDA è decimato, i fuoriusciti annunciano di voler costituire una coalizione separata, viene revocata la manifestazione del 2 febbraio: è ormai scontro aperto tra PEGIDA-1 e PEGIDA-2.
E chi è, adesso, “il popolo”?
Wer ist nun das Volk? La risposta è piuttosto evidente. I due volti di PEGIDA, al di là delle formalità, delle figure di punta e di tutto ciò che concerne la mediaticità del movimento, non sono scindibili: il popolo che compone entrambe – quel popolo – è una cosa sola, differente solo nei modi e nel grado. Quella «roba da nazisti» muove dal medesimo groviglio di risentimento e d’ignoranza per cui la giovane impiegata bigotta il lunedì sera infreddolisce in corteo in difesa delle tradizioni occidentali.
È «roba da nazisti» anche quando non tange fisicamente o moralmente nessuno; anche se rimanesse a macerare nel basso ventre per anni senza mai vedere la luce, sarebbe «roba da nazisti».
L’avvicendarsi dei nomi alla testa del movimento è poca cosa, così come le fratture interne: quelle migliaia di persone che almeno una volta hanno partecipato a un corteo anti-islamico non sono certamente scomparse, né certamente si saranno redente e votate alla tolleranza da un giorno all’altro. Quello che può cambiare, al più, è l’etichetta. E l’etichetta neonazista, anche se meritata, tendenzialmente non piace al tedesco medio.
Per questo motivo e non per altro nel giro di dieci giorni si è scatenata nel “Volk” una vera e propria crisi d’identità. Una confusione tale da spingere Oertel e compagnia a fondare, nel pieno di un accesso schizofrenico, il “Bewegung für direkte Demokratie in Europa”, il “Movimento per la democrazia diretta in Europa”.
Cambia il nome, non la sostanza. L’ex Frau Pegida definisce la nuova formazione come un movimento «a destra rispetto alla CDU, vicino ai cittadini e conservatore», il cui obiettivo primario, stando al nome, dovrebbe essere la lotta per una maggiore democraticità europea.
Viene messo da parte, almeno all’apparenza, il tema dell’immigrazione, provvisoriamente escluso dalla dichiarazione d’intenti, ma senza dubbio ancora fortemente presente e sentito.
La Oertel, guarda caso, ci tiene a sottolineare che non si tratta di una coalizione concorrente a PEGIDA, la quale continuerà parallelamente la sua attività.
Che fossero complementari e non opposte era prevedibile: del resto, sono due teste di un unico corpo. Questo, per sopravvivere, ha bisogno necessariamente di un’evoluzione in senso istituzionale.
Un nuovo volto per una nuova facciata: dietro, gli stessi medesimi sentimenti, la stessa violenza populista e reazionaria, terreno fertile di ogni fascismo.
Quella che inizialmente era nata come una forma di protesta occasionale e locale, dopo aver raggiunto nel giro di poche settimane un’inaspettata risonanza nazionale, attirando su di sé la simpatia di molti e il disgusto di moltissimi, s’appresta ora a indossare una nuova veste, più formale, più appetibile, più presentabile di fronte all’opinione pubblica tedesca.
Kathrin e i suoi manifesteranno sonntags, ogni domenica, per le strade di Dresda, a partire da questa settimana. Lunedì toccherà di nuovo a PEGIDA.
È il weekend lungo del populismo.