Stefano Colombo
@Granzebrew
Da quando è terminata l’operazione Mare Nostrum, il bilancio delle vittime nel tratto di mare compreso tra le coste africane e la Sicilia è aumentato in modo drammatico. Nell’ultimo mese sono morte 1000 persone; in tutto l’anno di durata dell’Operazione, le vittime sono state circa 2000. Forse la tragedia di ieri avrebbe potuto essere evitata se Mare Nostrum fosse stata ancora in vigore. Perché si è deciso di sospendere un piano di soccorso umanitario che funzionava?
Le ragioni sono sia politiche che economiche. Vari Paesi UE erano ostili a Mare Nostrum per questioni di politica interna: molti di loro avevano bacchettato l’Italia, accusandola di portare avanti una politica troppo invitante per i migranti e sostenendo che abbandonarli al loro destino in mare sarebbe stato un valido deterrente alla loro voglia di partire – idea molto di moda all’estero ma anche nel nostro Paese, nonostante sia documentato che gli sbarchi siano diminuiti durante il funzionamento di Mare Nostrum per poi tornare a crescere.
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Mare Nostrum costava all’Italia nove milioni di euro al mese. Il Governo Letta, ideatore dell’operazione, riteneva che questa cifra valesse la pena di essere spesa per non lasciare annegare migliaia di persone. Quando nell’autunno scorso si dovette procedere a rinnovare Mare Nostrum, il nuovo Governo Renzi fece pressione sugli altri Paesi perché dessero un contributo economico e materiale all’Operazione, lamentandosi di come una questione comunitaria come l’emergenza migranti gravasse sulle spalle della sola Italia. Ma i Paesi europei non avevano alcuna voglia di aderire al progetto italiano.
Il nostro Governo, dovendo scegliere se continuare a sostenere da solo il costo dell’Operazione o abbandonarla ha preferito quest’ultima scelta, ritenendo evidentemente che le vite salvate non valessero un simile esborso. Il punto più meschino fu toccato nella vergognosa conferenza stampa del 31 ottobre, in cui il Ministro Alfano affermò che Mare Nostrum non aveva salvato tutte le vite che intendeva salvare e che dunque, visto che incidentalmente costava anche troppo, era meglio accantonarla.
È così che è nata Triton. Triton è un’operazione che non ha come scopo il salvataggio dei profughi ma “il pattugliamento delle frontiere” e molti – compresa la totalità degli addetti ai lavori – l’hanno definita in modi che variano da insufficiente a inutile, da ipocrita a deliberatamente criminale.
Il principale pregio di Triton è che costa alle casse dello Stato tre milioni di Euro al mese anziché nove.
Il Governo italiano e tutti i governi europei sono da considerarsi i responsabili materiali dell’assassinio di 900 persone, assassinio compiuto con indifferenza umana e coscienza politica. Non si può dire che il dramma sia incidentale perché è stato non solo preannunciato, ma di fatto voluto. La linea “se li facciamo annegare non partono piú” non poteva che produrre questi risultati e chi l’ha promossa è un criminale: viene in mente Cameron, ad esempio, che addirittura ha deciso di non far partecipare la Gran Bretagna a Triton perché la ritiene troppo clemente. O la Merkel che nega supporto logistico all’operazione e ancora due giorni fa era contraria a ogni incremento dei fondi destinati all’Operazione. O le molte voci del centrodestra italiano, sempre unite a dipingere gli sbarchi come i prodromi di un’invasione dell’ISIS (?).
Invece di considerare un’operazione come Mare Nostrum punto di partenza per fermare la strage di migranti che dura ormai da decenni (si stima che negli ultimi venticinque anni nel Mediterraneo siano morte almeno 23.000 persone), i governi europei hanno fatto un passo indietro, dimostrando di non voler salvare migliaia di vite nonostante fossero in potere di farlo.
È la più grave macchia sulla giovane
coscienza comunitaria europea.
Pare che l’evento sia stato comunque abbastanza drammatico da spingere le alte sfere della politica continentale ad agire, almeno commentando i fatti.
Il Presidente della Commissione Juncker non ha preso parola in prima persona – mentre aveva definito la caduta dell’aereo Germanwings “Una tragedia che ci riguarda tutti” nonostante quei morti non fossero sulla sua coscienza. La Commissione però ha diramato un comunicato, che non sembra promettere granché: dopo un’iniziale dichiarazione di cordoglio, il comunicato esprime la volontà di voler agire immediatamente, promettendo nuove politiche migratorie entro un mese. Tralasciando il fatto che “tra un mese” e “immediatamente” non sono sinonimi, il documento prosegue così:
Finché ci saranno guerre vicine e lontane, le persone continueranno a cercare un approdo sicuro sulle coste europee. E finché i Paesi di origine o di transito non prenderanno l’iniziativa per prevenire questi viaggi disperati, le persone continueranno a mettere a repentaglio le loro vite. Ecco perché larga parte dell’approccio a cui stiamo lavorando consisterà nel collaborare con Paesi terzi.”
I Paesi di origine e di transito sono soprattutto Siria e Libia: sono questi i “Paesi terzi” con i quali la Commissione intende collaborare? Né in Siria né in Libia c’è un governo – sono Paesi dilaniati da guerre, e proprio per quello la gente scappa. Come si può collaborare con qualcosa che non esiste? Forse ci si deve aspettare un intervento militare in quei Paesi? Se la proposta europea per affrontare la crisi è aiutare i governi libico e siriano a ripristinare l’ordine sul loro territorio, l’intervento militare è l’unica soluzione logica e inevitabile.
D’altronde anche Matteo Renzi, durante una conferenza stampa convocata dopo la strage, ha dichiarato che il problema va risolto “Alla radice” e che “Siamo pronti a fare tutto ciò che è necessario perché non partano. L’idea di un coinvolgimento delle Nazioni Unite e delle istituzioni europee è sul tavolo. Ma il problema è risolvere il problema in Libia” e che “Molte delle soluzioni passano per l’intelligence.” Anche qui, non è ben chiaro cosa si intenda con “risolvere il problema in Libia”. In Libia, purtroppo, non c’è solo un problema da risolvere e il problema della tratta umana è collegato a doppio filo con quello della guerra civile nel Paese: per risolverne uno, bisogna inevitabilmente invischiarsi anche nell’altro. Dobbiamo aspettarci qualche genere di soluzione militare?
In ogni caso, fermare subito la strage non sembra essere il primo pensiero di nessuno, né in Europa né in Italia: la nuova linea europea ed italiana è diventata nel giro di una notte quella triste, trita e ritrita dell’“aiutiamoli a casa loro”. Se ci fosse la volontà di non avere più alcuna vittima in mare bastere attuare una soluzione almeno temporanea, in attesa magari di un corridoio umanitario: il ripristino immediato di Mare Nostrum con suddivisione di costi e risorse tra tutti i Paesi dell’Unione. Ma questa volontà, oggi, non c’è. L’ipocrisia e la meschinità della politica degli europei è perfettamente riassunta dal tweet del Presidente del Consiglio Europeo, Donald Tusk, convinto di poter alleviare la morte:
Talked to PM Muscat after tragic deaths in Mediterranean. Will continue talks w/ EU leaders, Commission & EEAS on how to alleviate situation
— Donald Tusk (@eucopresident) April 19, 2015
Per approfondire:
Magma #102: Una marea di cadaveri
Tutti i limiti di Triton, l’operazione europea di sorveglianza delle coste — navi che non salpano, soldi che mancano e il numero dei morti che sale, come in una guerra navale.