
Stefano Colombo
@Granzebrew
Il sistema di ripartizione dei rifugiati tra i vari Paesi UE attraverso un sistema di quote, proposto dalla Commissione Europea settimana scorsa, è minato dall’opposizione smaccata di un numero sempre maggiore di Stati membri.
Il 13 maggio la Commissione aveva presentato un documento per affrontare l’emergenza immigrazione, proponendo in un capitolo la suddivisione dei richiedenti asilo tra i Paesi UE in base a quattro parametri: popolazione, PIL, disoccupazione e migranti già accolti sul territorio. Sembrava la fine del “Muro di Dublino”, come il Ministro dell’Interno Angelino Alfano ha definito il sistema vigente che affida i rifugiati ai soli Paesi d’arrivo e contro il quale l’Italia si è più volte schierata. Fin da subito però Gran Bretagna, Irlanda e Danimarca si sono chiamate fuori, approfittando di una clausola speciale a loro disposizione, e vari Paesi dell’Est Europa non hanno fatto lo stesso solo perché non ne hanno la possibilità politica, iniziando comunque un’aspra polemica con la Commissione.
“Per principio respingo qualsiasi politica delle quote”, ha detto il Premier slovacco Robert Fico, prevedendo “un difficile scambio di opinioni” con le istituzioni continentali. Nel giro di qualche giorno altre voci hanno affiancato quella dei Paesi orientali, alcune delle quali ben più pesanti e inattese. A cominciare dalla Spagna, che ha espresso perplessità sulla quota a lei destinata, per arrivare alla Francia, che rappresenta forse la defezione più grave: inizialmente con le dichiarazioni del Premier Manuel Valls, noto per posizioni sul tema non molto in linea con il centrosinistra europeo, poi con la ghigliottina del Presidente Hollande, che ha definito ieri sera “fuori discussione” l’introduzione delle quote.
La veemenza delle reazioni dei vari governi sembra essere direttamente proporzionale al numero di migranti in più che dovrebbero accogliere rispetto ad oggi. La Germania, che dovrebbe accogliere in proporzione meno rifugiati, è tra i più favorevoli all’introduzione delle quote; la Francia al contrario vedrebbe aumentare il numero dei profughi sul proprio territorio e, infatti, ha risposto con l’alterigia di cui sopra.
Secondo una nostra fonte all’Europarlamento, il Consiglio Europeo a questo punto cercherà di limare le quote e trattare con i vari Paesi, cercando di trovare una soluzione che accomodi tutti senza far perdere la faccia a nessuno. In effetti pare difficile, nonostante le dichiarazioni più o meno bellicose di questo o quel Capo del Governo, che si facciano passi indietro sostanziali sulle politiche di ripartizione dei profughi: la situazione degli sbarchi è sotto gli occhi di tutti, così come il sovraccarico del sistema di accoglienza italiano.
Gli Stati sono recalcitranti a sobbarcarsi gli oneri pratici ed economici che il sistema di quote comporterebbe. Il fattore economico, che spesso passa in secondo piano rispetto a prese di posizioni ideologiche, non è da sottovalutare, sostiene la nostra fonte. L’UE pretenderebbe la costruzione di strutture adatte all’accolgienza di profughi, strutture come i nostri CARA (Centri di Accoglienza per i Richiedenti Asilo) che hanno un costo non irrilevante e sono stati al centro di polemiche annose – basti pensare a quello di Mineo. Tutti gli stati dovrebbero poi attenersi a procedure ben definite e comuni per il trattamento delle pratiche di richiesta d’asilo, procedura lunga e piuttosto macchinosa. Si è alcolato che ogni profugo costaalle casse italiane 35 euro al giorno. Spesa doverosa in ambito umanitario, ma che tutti cercano di limare con uno scaricabarile piuttosto avvilente.