Del: 3 Giugno 2015 Di: Francesco Floris Commenti: 0

Francesco Floris
@Frafloris

Il 28 febbraio del 2010 in un villaggio dell’Uganda gli abitanti stanno celebrando la messa. Si sentono degli spari. I fedeli escono dalla chiesa e trovano le proprie case distrutte, saccheggiate — l’intero villaggio sta andando a fuoco. I razziatori si concentrano sopratutto sui campi agricoli, spina dorsale dell’economia di sussistenza di quell’area. Nei mesi successivi si viene a scoprire che i terreni dovevano essere venduti dal Governo ugandese a una società britannica che li avrebbe sfruttati intensivamente. Tale vendita sarebbe stata supervisionata e patrocinata dalla Banca Mondiale.

Esordisce con un racconto di morte e distruzione William Easterly, economista americano formatosi al MIT di Boston, professore alla New York University, uno dei massimi esperti mondiali di economia dello sviluppo.
Dalla tribuna del Festival dell’Economia di Trento cita la notizia sull’Uganda riportata dal New York Times nel febbraio di quest’anno: “Il mio ex datore di lavoro – la Banca Mondiale – aveva promesso di aprire un’indagine interna, ma non se ne è fatto più nulla”.

Presenta il suo ultimo libro La tirannia degli esperti, edito da Laterza, nel quale intesse un legame fra l’approccio tecnocratico ai problemi della povertà e il colonialismo.

“È un libro lungo quasi seicento anni, il primo capitolo inizia nel 1483, quando una comandante di nave della flotta portoghese stava percorrendo il fiume che decisero di chiamare Zaire. Si fermava in ogni villaggio per caricare gli uomini più prestanti e portarli in Europa.
Ci sono studi di miei colleghi che dimostrano correlazioni fra il sottosviluppo attuale di alcune nazioni e l’intensità con cui venivano prelevati schiavi nei secoli addietro. Questo vale, per esempio, per la Repubblica Democratica del Congo (ex Zaire) che in cambio degli schiavi riceveva armi dai portoghesi”.

“Le radici della povertà stanno nella negazione dei diritti politici fondamentali” afferma sicuro Easterly, “inutile cercare di comprendere le radici dello sviluppo (o del sottosviluppo) moderno senza partire da questo punto fermo”.
Il Ghana – racconta il docente NYU – era uno dei principali produttori al mondo di noci di cocco, ma ai produttori locali era impedito vendere la loro merce al miglior offerente: “Si poteva vendere solo alle compagnie inglesi a prezzi calmierati e stabiliti in partenza. Poi loro avrebbero smerciato sui mercati internazionali a prezzi più elevati”.

Per fare ciò si utilizzavano tecniche di “governo indiretto”, appoggiando famiglie di precisi gruppi etnici, come gli Ashanti in Ghana, Togo e Costa d’Avorio. “Questi reggenti non avevano alcun interesse a migliorare le condizioni materiali del proprio popolo. Quando intorno alla metà del XX secolo molte nazioni africane raggiunsero l’indipendenza, si ritrovarono senza alcuna classe dirigente competente”. Il 30 giugno 1960, giorno in cui il Congo ottenne l’indipendenza, solo un decimo della popolazione totale era in possesso di laurea o diploma.

Questo schema si è propagato durante la seconda metà del XX secolo, prima con la Guerra Fredda e poi, dopo il crollo del Muro di Berlino, con la cosiddetta “guerra al terrore”. “Durante la guerra fra i due blocchi, gli unici Paesi che avevano accesso a programmi di sostegno, cooperazione o sviluppo della comunità internazionale, erano quelli che prendevano una posizione netta in chiave anti-sovietica”.
“A oggi invece ricevono finanziamenti coloro che collaborano alla guerra al terrorismo, come l’Etiopia, unico territorio a maggioranza cristiana dell’area”. Li ricevono nonostante i loro leader politici – nel caso etiope Meles Zenawi, che tra presidenza e ruolo di Primo ministro, ha governato la nazione per vent’anni con pugno di ferro, fino al 2012 quando è deceduto – si siano più volte macchiati di crimini e palesi violazioni dei diritti umani: nella zona Sud dell’Etiopia venne lanciato un piano per espropriare le terre degli agricoltori e venderle a società che le avrebbero coltivate in maniera “più efficiente”.

“L’approccio tecnocratico alla povertà lo riscontriamo nel passato come anche nel presente” aggiunge Easterly. Nel 1938 il colonialista britannico Lord Daley, famoso per aver pronunciato la frase “Le libertà sono insignificanti senza progresso economico” e per aver inserito i britannici in un fantomatico “movimento per gli arretrati del mondo”, redige un rapporto per la Corona nel quale sono indicate alcune soluzioni “tecniche” ai problemi africani: contro la malaria si consiglia di spruzzare sulle capanne alcuni prodotti chimici simili ai piretroidi, potenti insetticidi che verranno immessi sul mercato solo anni più tardi.
In un rapporto delle Nazioni Unite del 2005 per contrastare la malaria si consiglia ancora l’uso dei piretroidi.

“Le soluzioni tecniche sono le stesse del 1938 perché è l’approccio a non essere cambiato”.

Il rapporto per l’ONU è stato redatto dall’economista e saggista americano Jeffrey D. Sachs “con il prezioso ausilio di un’altra luminare di economia dello sviluppo: Angelina Jolie” ironizza Easterly. “Siamo pieni di filantropi in giro per il mondo”. Lo stesso Bill Gates ha ringraziato post mortem Meles Zenawi “per aver trasformato l’Etiopia” e attraverso la sua fondazione, in passato, ha anche “donato” 260 milioni di dollari al Paese.
“Per fortuna la situazione è in evoluzione: nel 1988 in Africa vi erano 31 governi dittatoriali, nel 2012 questo dato è sceso a 12.
“E se mai vi domandaste cosa potete fare voi, eccovi la risposta: protestate contro i governi. I vostri, che a quelli del continente nero ci pensano gli africani”.

Francesco Floris
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Collaboratore de Linkiesta.it, speaker di Magma, blogger.

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