Jacopo G. Iside
@JacopoIside
Una nuova sigla irrompe nel mondo dei consumatori di combustibili fossili, Gnl — o gas naturale liquefatto.
Fa parte della cosiddetta “shale gas revolution”, la rivoluzione cominciata all’inizio del nuovo millennio con la prima perforazione – con acqua ad alta pressione – di rocce argillose con basso tasso di porosità che imprigionano piccole quantità di gas in sacche di origine anaerobica. La frattura – o fracking – delle rocce permette di estrarre il gas metano intrappolato in questi angusti spazi. George P. Mitchell con la sua Barnett Shale è considerato il padre di questo sistema, essendo stato il primo ad applicarlo nel 1998.
Non si nascondono i dubbi sui rischi ecologici e geologici di questo innovativo sistema di estrazione di combustibili, sistema che ha permesso di estrarre gas da quasi ogni parte del pianeta — Stati Uniti in primis ma non solo, essendo il gas da argille molto diffuso su tutta la superficie terrestre.
Ma dubbi o preoccupazioni svaniscono nel momento in cui le cifre economiche iniziano ad essere determinanti: nel 2000 la dipendenza degli USA dal metano non superava l’1% della domanda, nel 2010 questa cifra è cresciuta fino al 20% e si è calcolato che entro il 2035 il 46% del fabbisogno energetico americano sarà soddisfatto dal gas. Inoltre, la scoperta di questi vasti giacimenti raggiungibili grazie alle nuove tecniche estrattive ha fatto crollare il prezzo mondiale del metano, e ha trasformato gli Stati Uniti da importatori ad esportatori. Una rivoluzione in piena regola, alla quale vuole unirsi immediatamente la Unione Europea.
Con la direttiva 94/2014 sulla realizzazione delle infrastrutture per i combustibili alternativi – in linea con il piano di riduzioni di consumi e inquinamento EU 20-20-20 – la Commissione Europea ha ufficialmente fatto partire la corsa del vecchio continente per l’attuazione di quelle migliorie tecniche necessaria a rendere l’approvvigionamento energetico dell’Europa più autosufficiente (e meno dipendente dai gasdotti russi).
Tutto ciò avviene nell’ottica dello sviluppo su larga scala della produzione, dello stoccaggio e della realizzazione dei punti di fornitura del Gnl, il soggetto del nostro articolo.
Il gas naturale liquefatto è composto da metano con una percentuale tra il 90 e il 99% portato alla temperatura di liquefazione, -161 gradi Celsius, e compresso. Infatti per produrre 1 L di Gnl servono 600 L di metano allo stato gassoso, rendendolo così facilmente trasportabile in grandi quantità attraverso mezzi pesanti di trasporto come navi e treni. I benefici non si fermano all’aspetto economico, dal momento che il Gnl si caratterizza per il basso livello di emissioni di anidride carbonica e ossidi di azoto, nonché per la completa assenza di diossido di zolfo e particolati.
In Italia, il ministero dello sviluppo economico ha approntato il Piano Strategico Italiano sull’utilizzo futuro del Gnl. In questo momento l’unico impianto di rigassificazione — quello che consente di riconvertire il gas liquefatto e di reimmetterlo nella rete o di renderlo poi trasportabile su gomma — si trova a La Spezia, ma il piano prevede già diversi nuovi impianti, alcuni anche in fase avanzata di sviluppo, come quello di Trieste.
Le aziende che sono maggiormente attive nel settore sono Snam – il ramo del gas di ENI – e Liquigas, che sta già realizzando uno dei primi impianti privati per aziende per l’utilizzo del Gnl a Roncoferraro per conto della Speziali, storico marchio di servizi per l’agricoltura in Italia.
Non è un business a cui si punta solo tra le due sponde dell’Atlantico. In una recentissima dichiarazione, infatti, il viceministro per il commercio del petrolio e le relazioni internazionali iraniano Amir Hossein Zamaninia ha ammesso: “In questo momento il prezzo del gas in Europa è molto più basso che in Asia orientale. E non ha senso per l’Iran pensare di fornire gas all’Europa attraverso un gasdotto, ma con il Gnl la questione potrebbe essere diversa, nel giro dei prossimi 5, 6 o 10 anni”.
Insomma, è ora di cominciare a imparare una nuova sigla e di aspettarsi una nuova aspra battaglia — ecologica e contemporaneamente attenta agli sviluppi geopolitici della scena internazionale — nel futuro.