Del: 10 Ottobre 2015 Di: Ilaria Guidi Commenti: 0

Il 9 ottobre 2015 John Lennon avrebbe compiuto 75 anni, per questo pochi giorni fa la vedova Yoko Ono ha organizzato un gigantesco appuntamento al Central Park, che presto si sarebbe trasformato in una catena umana di quattromila mani tenute insieme in segno di pace; e per lo stesso motivo ha fatto accendere la torre di luce “Imagine Peace” a Reykjavik affinché “dia luce a tutti gli auguri di Pace nel Mondo”, messaggio che John ha sempre cercato di trasmettere e al quale ancora oggi dedicherebbe senza dubbio molti sforzi, se solo fosse ancora vivo.

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Jonh Lennon, infatti, non era solo un musicista, John ha scritto parole tra le più profonde che siano mai state scritte da un autore di musica rock, è stato un pacifista molto attivo sulla scena politica del tempo – e per questo spesso considerato un sovversivo – un attore e un autore di svariati disegni e testi poetici.

Lo stesso John afferma che il motivo per cui è diventato una star è stata la sua repressione: i genitori di John si separarono quando lui era ancora molto piccolo, e lo stile di vita della madre Julia – che presto diverrà sua musa ispiratrice – non era ritenuto adeguato per crescere un figlio. Per questo visse per molto tempo con la sorella della madre, zia Mimi. Nonostante tutto questo, John cercò di riallacciare i rapporti con la madre, con la quale imparò a suonare la chitarra e il banjo ma, pochi anni dopo, nel 1958, lei morì, e Jonh aveva solo diciassette anni: “Avevo appena iniziato a ristabilire una relazione con lei quando fu uccisa”. Julia fu infatti investita da un’auto guidata da un agente di polizia ubriaco.

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Ma il posto della madre sarà ben presto preso dalla seconda moglie Yoko Ono: “Il nostro rapporto è davvero di professore e allievo. Sono io che ho la notorietà, ma è lei che mi ha insegnato tutto”, ha affermato lo stesso Lennon. Essendo figlia di un banchiere, Yoko imparò molto bene a fiutare gli affari, infatti fu quasi sempre lei a gestire il lato economico della produzione artistica del marito, e ancora oggi si trova a occuparsi di un enorme patrimonio. Moglie, musa ispiratrice, maestra di vita e anche “mamma” per lui, Yoko fu amatissima da John, e i due non si lasciarono mai a partire dal 20 maggio 1968.

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Ci sarebbe moltissimo da dire su questo personaggio così eclettico e così pieno di emozioni da gridare al mondo: a proposito della sua infanzia travagliata, del suo primo gruppo, del primo incontro con Paul McCartney – con il quale hanno posto le basi alla formazione dei Beatles – della sua produzione solista, la sua produzione figurativa, poetica, le sue riflessioni sulla religione…un artista a tutto tondo, morto troppo presto per poter esprimere tutto ciò che aveva ancora da dire.

Nemmeno la Cineteca di Milano ha mancato di fare gli auguri al celeberrimo e amatissimo Beatle, ed è per questo che in occasione del suo settantacinquesimo compleanno ha deciso di organizzare un evento speciale. Venerdì 9 ottobre 2015, infatti, si è tenuto presso il cinema Metropolis 2.0 di Paderno Dugnano (MI) un concerto della Abbey Road Band – tribute band dei Beatles da 15 anni – seguito dalla proiezione del film La vita è facile a occhi chiusi, di David Trueba.

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La vita è facile a occhi chiusi, che trae il titolo da un verso della canzone Strawberry fields forever (“Living is easy with eyes closed”), è un film on the road tratto dalla storia vera di un professore deciso a intraprendere un viaggio alla ricerca di John Lennon. Il professore in questione è Juan Carrión Gañán che, alle prese con l’insegnamento dell’inglese proprio attraverso i testi di alcune canzoni dei Beatles, alla notizia che John Lennon si trova ad Almerìa (Andalusia) per girare un film, inizia la sua bizzarra ricerca. Il suo intento è quello di farsi correggere alcuni passaggi poco chiari proprio di quei testi sui quali insegna e, inevitabile, quello di incontrare l’artista di cui è un grandissimo fan. Juan incontrò davvero Lennon nel 1966, e da quel momento le canzoni dei Beatles saranno sempre accompagnate dal rispettivo testo.

Nel film Juan è il buffo professore Antonio, magistralmente interpretato da Javier Cámara, il quale intraprenderà il viaggio assieme a due stravaganti autostoppisti: la bella Belen, una ragazza di ventuno anni incinta scappata dall’istituto nel quale era rinchiusa; e il sedicenne Juanjo, in fuga dalla rigida educazione del padre poliziotto. Nonostante la differenza di età, i tre instaurano un rapporto di complicità, e Antonio non si presenta come l’adulto che deve a tutti i costi comandare, ma al contrario si pone alla pari dei due giovani amici, allo stesso tempo proteggendoli nelle situazioni di pericolo.

Quel che accomuna i tre compagni di viaggio è la solitudine, e la voglia di scappare, o di cercare qualcosa. Antonio è uno scapolo che ripone tutte le sue gioie nei libri, nelle poesie, nella musica, costretto a insegnare in una scuola di stampo religioso dove i bambini disobbedienti vengono maltrattati; Belen è rinchiusa in un istituto per volere della madre, dal quale le è impedito uscire finché non avrà partorito; Juanjo è un adolescente alle prese con le prime liti per la propria libertà, che soffre le ristrettezze dell’educazione del padre. Si può dire che tutti e tre siano imprigionati in una ricostruzione in miniatura del regime franchista, e incontrarsi consentirà loro di ritrovare sé stessi. È proprio vero che, nella situazione in cui si trovavano prima del fortuito incontro, la loro vita poteva risultare facile soltanto a occhi chiusi, ed era proprio questa la realtà della dittatura.

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La ricerca di John è il pretesto per la riscoperta delle loro personalità, e per il tentativo di dare un senso alla loro esistenza. John ci viene infatti raccontato indirettamente, attraverso le parole di Antonio, soprattutto:

“Ci sono canzoni che ti salvano la vita, sapere che qualcuno ha sentito prima di te ciò che stai provando in quel preciso momento, ti fa sentire meno solo”.

Non vediamo mai un attore che interpreti il Beatle, al massimo vediamo il vero Lennon nelle immagini documentarie che introducono il film. Appare così quasi come un idolo intoccabile, tanto che quando Antonio riesce finalmente a incontrare il suo mito, i due giovani sono costretti ad aspettarlo fuori, poiché viene presentato come un po’ timido e schivo.

Questo film rende omaggio a uno tra i musicisti più significativi del Novecento, e allo stesso tempo lascia una serie di emozioni tra il malinconico e l’umoristico nello spettatore: il modo migliore per festeggiare il settantacinquesimo compleanno di un uomo che ha basato tutta la sua esistenza, e la sua arte, sulle emozioni.

Musicato da Pat Metheny e Charlie Haden, e vincitore di ben sei premi Goya, è sicuramente un film che vale la pena vedere.

Ilaria Guidi

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