Il 23 maggio 1941, Adolf Hitler emana la Direttiva del Führer N. 30, nella quale afferma:
Il Movimento di Liberazione Arabo è il nostro alleato naturale contro l’Inghilterra in Medio Oriente. In questo contesto la rivolta in Iraq assume un’importanza speciale. Questa rinvigorisce le forze ostili all’Inghilterra in Medio Oriente aldilà della frontiera irachena, disturba le vie di comunicazione inglesi, e vincola truppe inglesi e rifornimenti a spese di altri teatri.
Ho per questo deciso di sollecitare gli sviluppi in Medio Oriente supportando l’Iraq.
[…]
L’idea alla base della nostra propaganda è: la vittoria dell’Asse libererà le nazioni del Medio Oriente dal giogo inglese, e darà loro il diritto di autodeterminazione.
Qualche settimana prima, si era consumato in Iraq un colpo di stato che aveva deposto un governo filo-inglese e corrotto; nella guerra che di lì a poco era scoppiata tra ribelli iracheni e inglesi, i primi si erano ritrovati a combattere fianco a fianco con i nazisti.
La natura di questa alleanza, che Hitler definisce “naturale”, va cercata nelle origini stesse del nazionalismo arabo.
Il nazionalismo arabo nasce alla fine del XIX secolo con l’obiettivo di ottenere l’indipendenza dal controllo straniero, all’epoca incarnato nel multietnico Impero Ottomano. È un nazionalismo dai toni ecumenici, che si pone come fine ultimo l’unione di tutti gli arabi e la creazione di uno Stato pan-arabo. In questi anni l’aspetto religioso non sembra essere così determinante come in tempi più recenti, anche se rimane un importante fattore identitario. Come oggi, spesso una guida politica è anche un capo religioso: è questo il caso di Haj Amin al-Husayni, Gran Muftì di Gerusalemme (interprete della legge islamica), capo di un’organizzazione nazionalista in Palestina e più volte tacciato di esplicito filo-nazismo.
Nel novembre 1914, l’Impero Ottomano entra nel primo conflitto mondiale a fianco della Germania, dichiarando guerra a Gran Bretagna e Francia. Gli inglesi cercano allora di favorire la disgregazione dell’Impero Ottomano dall’interno, incoraggiando le popolazioni arabe che ne fanno parte alla rivolta contro i turchi. Per convincere i leader arabi, la Gran Bretagna fa intendere che, a guerra finita, avrebbe favorito la creazione di uno stato arabo indipendente, comprendente Iraq, Siria, Giordania e parte della penisola araba. In questo contesto di una poco chiara alleanza tra inglesi e arabi, si distingue il gallese Thomas Edward Lawrence, che guida una grande rivolta contro i turchi tra il 1916 e il 1918, passando alla storia come Lawrence d’Arabia.
Alla fine della guerra, tuttavia, gli inglesi deludono le aspettative degli arabi: questi infatti non solo non ottengono l’indipendenza, ma vedono sostituirsi al dominio turco quello della Francia e della stessa Gran Bretagna. Nel 1919 infatti, le due potenze europee assumono rispettivamente il mandato (una sorta di tutela) su Siria e Mesopotamia, diventando, da questo momento, le nemiche principali del nazionalismo arabo.
Fin dal principio, però, la situazione in Iraq non si rivela favorevole agli inglesi, che non riescono ad assumere il potere effettivo sul territorio e si trovano costretti a scendere a compromessi. Nel 1932, in parte a causa delle pressioni dei nazionalisti, viene stipulato un trattato che riconosce la formale indipendenza del Regno d’Iraq, con l’obbligo però che esso stringa una stretta alleanza con la Gran Bretagna, al fine di tutelare gli interessi economici e strategici inglesi. In Siria, al contrario, il mandato francese sarà più duraturo, sopravvivendo allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale.
Dai primi Anni Trenta, il Regno d’Iraq è quindi formalmente autonomo, ma di fatto soggetto al controllo degli inglesi: la nuova situazione non accontenta certo i nazionalisti arabi. Nel 1939 diviene re del Paese un bambino, Faisal II, e la reggenza viene assunta da un vero amico degli occidentali, il principe ‘Abd al-Ilah. Nel settembre dello stesso anno il mondo precipita in un’altra guerra mondiale e in Iraq i nazionalisti arabi approfittano della confusione internazionale per rafforzarsi.
Dopo una disastrosa campagna in Nord Africa contro gli inglesi, nel febbraio 1941 l’Esercito Italiano viene affiancato dalla famosa Afrika Korps comandata dall’abile Feldmaresciallo Erwin Rommel. Insieme, italiani e tedeschi riescono a respingere il nemico verso l’Egitto, mettendo Londra in serie difficoltà. Per i nazionalisti arabi la situazione non è mai stata così favorevole per insorgere contro il governo filo-inglese, e riscattare finalmente il popolo arabo: il 1 aprile 1941 un colpo di stato porta alla deposizione del reggente e all’instaurazione di un governo di difesa nazionale guidato da Rashid Ali al Kaylani, leader dell’ala nazionalista e già primo ministro.
Il nuovo Iraq trova subito l’appoggio materiale e ideologico della Germania — come del resto abbiamo letto nella direttiva numero 30 — e dell’Italia fascista. Anche la Francia di Vichy, che aveva mantenuto il controllo sulla Siria, non esita a riconoscere il nuovo governo; il riconoscimento arriva addirittura dall’Unione Sovietica, ancora alleata con i tedeschi attraverso il Patto Molotov-Ribbentropp, e da sempre interessata ad espandere la propria sfera di influenza sul Medio Oriente. Gli Inglesi comprendono allora di trovarsi accerchiati, stretti in una tenaglia che potrebbe essere loro letale: l’Egitto, il cui controllo era strategicamente essenziale per la presenza del Canale di Suez, si trova schiacciato tra Rommel a Ovest, e Iraq e Siria francese a Est. Perdere l’Egitto avrebbe potuto significare perdere il Mediterraneo Orientale, e ciò avrebbe potuto determinare l’entrata in guerra della Turchia e della Spagna a fianco dell’Asse.
Tutto questo doveva essere impedito ad ogni costo.
La Guerra Anglo-Irachena scoppia il 2 maggio del 1941. Gli inglesi invadono velocemente il Paese senza che gli iracheni riescano a opporre una efficace resistenza. Agli scontri partecipano anche un contingente tedesco (una ventina di aerei) e uno italiano (12 aerei) passati attraverso la Siria a metà maggio e con base a Mosul. Gli aiuti dell’Asse non riescono però a risolvere la situazione a favore degli iracheni, e, trovandosi presto isolati, i contingenti sono costretti a ritirarsi dopo solo una decina di giorni. Il 27 maggio gli inglesi marciano verso Baghdad: il governo di difesa nazionale fugge in Persia, mentre il 31 cessano le ostilità. Il 2 giugno 1941, il Feldmaresciallo Keitel (il Capo di Stato Maggiore tedesco) scrive al suo omologo italiano:
Il governo Iracheno ha attaccato troppo presto. Gli aiuti non sono stati preparati in anticipo. La Germania e l’Italia erano determinate a rendere disponibili aiuti effettivi, ma ciò è fallito a causa di un collasso troppo rapido della volontà irachena a resistere, e delle difficoltà nel trasportare truppe, armi e rifornimenti.
Questa dichiarazione tiene presente sia delle esitazioni iniziali dell’Asse, sia delle incompetenze delle forze armate irachene, ma omette il fattore forse decisivo: la ferma e impetuosa reazione inglese. In Iraq viene allora instaurato di nuovo un governo filo-inglese, e ‘Abd al-Ilah riassume il ruolo di reggente.
La guerra in Iraq porta inevitabilmente alla risoluzione di un’altra questione: quella della Siria. Il Mandato è infatti passato sotto il controllo dei collaborazionisti di Vichy, e, come abbiamo visto, nella Guerra Anglo-Irachena il Paese era servito come base per gli aerei del contingente dell’Asse. Nel 1941 è nel frattempo arrivato al Cairo De Gaulle, leader della Francia Libera; egli propone agli inglesi di prendere controllo di Siria e Libano, strappandoli al controllo indiretto dell’Asse. L’8 giugno uno schieramento composto da Francia Libera, Gran Bretagna e Australia attacca la Siria; a questo si contrappone solo la Francia di Vichy, supportata, anche se per breve tempo, dall’aviazione tedesca. Anche se è chiaro fin dall’inizio che il conflitto non possa risolversi positivamente per Vichy, questa resiste, continuando a combattere fino al 14 luglio. Sembra che la strenua resistenza dimostrata dai collaborazionisti francesi fosse in realtà motivata dalla speranza di migliorare la posizione della Francia metropolitana agli occhi dei nazisti nei contemporanei negoziati di pace tra Berlino e Parigi, a seguito della sconfitta francese del 1940.
Preso possesso di Siria e Libano, nel novembre del 1941 la Francia Libera riconosce loro l’indipendenza, formalizzata poi un paio d’anni più tardi. Le neonate nazioni non esitano a dichiarare subito guerra alla Germania.
Le vicende mediorientali si concludono con la disfatta del Movimento di Liberazione Arabo e la conclusione delle azioni di disturbo dell’Asse in Medio Oriente. Molti dei capi del movimento, tra i quali lo stesso ex-primo ministro Rashid Ali al Kaylani e il Gran Muftì di Gerusalemme, trovano rifugio in Germania.
L’alleanza “naturale” tra Germania nazista, Italia fascista e nazionalismo arabo è stata sicuramente determinata dalla lotta comune contro la Gran Bretagna.
Del resto, la direttiva n° 30 escludeva la Francia dagli obiettivi della propaganda che dipingeva i tedeschi come i “liberatori” del popolo arabo dal giogo colonialista. Anzi, nel testo Hitler afferma chiaramente che “non si deve svolgere alcuna propaganda contro i francesi in Siria”. Il che svelerebbe un cortocircuito nelle manifeste ragioni dell’intervento tedesco, smascherando i fini unicamente strategici di un’alleanza con gli arabi, e il disinteresse alle reali sorti di questo popolo. Tuttavia non è da escludere che oltre al sentimento anti-inglese ci fossero anche ulteriori affinità ideologiche tra nazionalsocialismo e mondo arabo: lo stesso l’antisemitismo, per lo meno in Palestina, potrebbe essere un altro comune denominatore.
Il 16 maggio 1942, in una conversazione privata, Hitler sentenzia:
Recentemente ho avuto l’occasione di segnalare più di una volta il livello al quale i diplomatici sono estraniati dalla realtà, e la loro abissale ignoranza di affari politici. Questi hanno cercato di persuadermi ad indirizzare una proclamazione agli arabi, ignorando completamente il fatto che, fino al momento in cui le nostre truppe fossero state a Mosul, una proclamazione tale sarebbe stata stupida, in quanto gli Inglesi erano abbastanza pronti a sparare ad ogni e qualsiasi arabo che si fosse sollevato ad appoggiare la nostra azione.
Questo stralcio di discorso non può che far sospettare l’esistenza di un’attenzione particolare di Hitler nei confronti del popolo arabo, attenzione che andrebbe oltre i fini strategici militari. Nonostante i diplomatici gli consiglino di approfittare della situazione di instabilità per far scoppiare una più ampia rivolta contro la Gran Bretagna, il Führer si rifiuta, prevedendo una strage — che sarebbe stata poco utile alla strategia della Germania.