Del: 4 Novembre 2015 Di: Ilaria Guidi Commenti: 1

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Dal 23 settembre 2015 al 17 gennaio 2016 si terrà al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia di Milano la mostra fotografica Don’t forget Nepal, con scatti realizzati dal fotoreporter Enrico De Santis.

La mostra si divide in tre sezioni: Kathmandu, Kaos and Gods, Himalaya Recycling Mission e The Pyramid in the rock. La prima sezione è dedicata essenzialmente all’indagine di una cultura altra, quella di Kathmandu, capitale del Nepal,


con i suoi costumi e gli usi legati alle religioni principali, Induismo e Buddhismo; la seconda documenta la spedizione Top Recycling Mission, mirabile impresa portata avanti da Cobat (Consorzio Nazionale Raccolta e Riciclo) durante la quale si sono trasportati pannelli solari e relative batterie verso il Laboratorio-Osservatorio Piramide; infine la terza sezione mostra la Piramide, un nido di tecnologia immerso nel bel mezzo della natura, a 5050 metri di altezza, vicino al campo base dell’Everest.

La missione si è tenuta nel 2013, e anche le foto scattate a Kathmandu risalgono a questa data, cioè prima del terremoto di magnitudo 7.8 che ha devastato gran parte della zona il 25 aprile 2015.

L’intento della mostra non è quindi solo quello di documentare la spedizione Top Recycling Mission ed entrare in contatto con un popolo a noi estraneo, ma anche quello di riportare alla memoria quei luoghi come erano prima della devastazione. Alla mostra è disponibile anche un video che riporta le testimonianze di alcuni abitanti del luogo, fra cui dei bambini che vengono tenuti durante il giorno da un gruppo di educatori, bisognosi di sostegno avendo subito notevole trauma. Vengono incoraggiati passando del tempo tra di loro e intrattenuti con attività di vario genere.

Kathmandu, Kaos and Gods

In questa prima sezione l’osservatore è invitato a entrare in contatto con un mondo altro, accompagnato nel vivo di una cultura fatta di yak, di asceti che aspirano alla totale fusione con l’universo e il divino, consumando cannabis e praticando mortificazioni di vario tipo, di una continua fusione tra Induismo e Buddhismo, due religioni che convivono in un’unica terra e che si sono perfettamente integrate, nonostante le loro diversità.
Nel magico mondo di Kathmandu saltano agli occhi i colori, a cui le fotografie dell’esperto Enrico De Santis fanno onore, lasciando emergere una popolazione variopinta, e che sa amare la vita. Le due donne che lavorano il cotone per ricavarne stoppini per le diya – lampade alimentate a olio o a burro chiarificato – mostrano grandi sorrisi, inusuali per una popolazione che, tutto sommato, vive in una notevole povertà.

Usanze ai nostri occhi particolarmente fuori dal comune sono penetrate dall’obiettivo del fotografo, che riesce a immortalare la piccola bimba protagonista della fotografia “Dea vivente”, perfettamente a suo agio in questo ruolo: si tratta della Kumari – dea venerata sia dai Buddhisti che dagli Induisti -, una bambina scelta tra le famiglie di etnia Newari di religione buddihsta. La bambina dovrà rispondere ai 32 requisiti fisici prestabiliti e superare una prova di coraggio, prima di diventare ufficialmente una Kumari. Perderà questo titolo non appena raggiungerà la pubertà e non potrà né sposarsi né avere figli, ma verrà mantenuta con una pensione da parte del governo e potrà studiare. Quella che a noi sembra una cosa del tutto innaturale, come vedere una bambina nei panni di una dea agghindata da capo a piedi, appare qui spontanea grazie all’abilità del fotografo di entrare in questo mondo senza risultare invadente.

Himalaya Recycling Mission

La seconda sezione, dedicata alla fase della spedizione, fa emergere un’unione di tipo diverso. Non sono più due diverse religioni a incontrarsi, ma un gruppo di scienziati italiani con collaboratori del luogo.
La missione consiste nel trasporto di nuovi pannelli solari da applicare sul Laboratorio-Osservatorio Piramide, grazie ai quali il gruppo di studiosi porta avanti i suoi rilevamenti con il fine di studiare i cambiamenti climatici e ambientali, e occupandosi anche di studi fisiologici e di medicina.
Il progetto è portato avanti da Cobat (Consorzio Nazionale Raccolta e Riciclo) ed EvK2-Cnr, associazione da sempre impegnata nella realizzazione di progetti di ricerca scientifica e tecnologica ad alta quota.
Al faticoso trasporto hanno partecipato, oltre agli italiani in missione e ai volenterosi abitanti della zona, grossi gruppi di yak, un animale a quanto pare fondamentale per gli sherpa – gruppo etnico che popola la zona orientale del Nepal. Lo yak, infatti, oltre ad essere molto utile per trasporti di questo tipo grazie a una capacità polmonare superiore agli altri animali, è importante anche per i poteri magici che si attribuiscono alle sue corna, ed è infine una delle principali fonti di sostentamento poiché vi si ricava carne, latte e formaggio, e anche ottime pellicce per proteggersi dal freddo.

09-[Immagine_3]-Un-passo-dopo-l'altro_Yak-della-spedizione-sotto-al-monte-Nuptse-nella-valle-del-Khumbu-a-4930-mt-Nepal_-eds

Quel che colpisce di queste fotografie è che, per quanto il cammino richieda grandi sforzi (considerando il peso che i portatori sono costretti a tenere sulle spalle per una lunga distanza), la fatica è l’ultima cosa che si percepisce. Portatori e yak portano avanti la loro missione senza esitazione e senza riportare segni dell’affaticamento. E il tutto appare ancor più impressionante se si pensa che a queste altitudini l’ossigeno è il 60% rispetto al livello del mare, e che il vento e il freddo rendono il lavoro ancora più difficile.

05-[Immagine_4]-Another-breath_sherpa-verso-Pheriche-4280-mt-Nepal_eds

The Pyramid in the rock

Passiamo alla terza e ultima sezione, dedicata a una serie molto suggestiva di fotografie che hanno come soggetto il Laboratorio-Osservatorio Piramide. Si tratta di un nido di tecnologia inserito in un contesto del tutto inusuale, interamente gestito da italiani integrati in una realtà cui non erano abituati; un edificio che, riprendendo la forma appuntita delle montagne circostanti, accentua il contrasto che si fa manifesto nell’accostamento di qualcosa che è interamente opera dell’uomo (la Piramide) a un luogo a cui l’uomo non può che sottostare, tutto naturale, dove qualsiasi azione umana sarebbe del tutto inutile (le montagne che circondano la Piramide, tra le più alte del mondo); una “spada nella roccia”, come recita il titolo della foto seguente.

10-[Immagine_5]-La-spada-nella-roccia_-laboratorio-della-piramide-5050-mt.-Nepal_eds

Enrico De Santis riesce perfettamente a rendere il contrasto attraverso composizioni fotografiche che mettono il più possibile a confronto le due diverse realtà.
Dopo il terremoto del 25 aprile 2015 la Piramide non ha riportato danni, nonostante il campo base dell’Everest sia stato colpito da una valanga che ha causato 22 vittime e 62 feriti, e anche i ricercatori che si trovavano all’interno del Laboratorio sono rimasti illesi.
Il laboratorio che controlla la salute del Pianeta dal tetto del mondo porta quindi avanti le sue ricerche ancora oggi con notevole successo.

con la collaborazione di Elena Buzzo

Ilaria Guidi

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