Del: 27 Novembre 2015 Di: Guido G. Beduschi Commenti: 2

Nel maggio 1797, il giovane Napoleone Bonaparte attraversa le Alpi con 30.000 soldati, puntando direttamente su Vienna. Giunto in Italia sbaraglia l’esercito piemontese e conquista Milano. Dopo questi straordinari successi Venezia accoglie con giubilo il condottiero francese.

Il 17 ottobre 1797, l’Austria e la Francia trovano un accordo con il trattato di Campoformio, che segna la fine delle ostilità. Viene ufficialmente riconosciuta la Repubblica Cisalpina (costituita da Lombardia, Romagna e parte dell’Emilia), ma viene ceduta all’Austria l’antichissima Repubblica Veneziana. La pace con l’Imperatore lascia l’Inghilterra sola contro la Francia rivoluzionaria.

Essendo un’invasione in grande stile della Gran Bretagna fuori discussione, Napoleone convince il Direttorio a colpire gli intessi economici del nemico, prendendo possesso dell’Egitto. Così facendo, i Francesi avrebbero minacciato direttamente l’India, dove gli Inglesi avevano sviluppato relazioni commerciali consistenti. La conquista dell’Egitto era quindi il primo passo verso le Indie Orientali, e una volta lì, oltre ad attaccare i possedimenti inglesi, la Francia avrebbe anche potuto estendere e proteggere le proprie tratte commerciali.

L’Armée d’Orient, comandata da Napoleone in persona, salpa nel maggio del 1798. La flotta francese, dopo essersi impadronita dell’isola di Malta, che si rifiutava di rifornirne le navi, si presenta al principio di luglio davanti al porto di Alessandria d’Egitto. L’Egitto era dal 1519 parte dell’Impero Ottomano, ma all’epoca era già fuori dal suo controllo diretto. Il Paese era guidato da una élite di mamelucchi, che ne costituivano anche la principale forza militare. Sbarcato con l’esercito, Napoleone sbaraglia i mamelucchi nella battaglia delle Piramidi (21 luglio 1798), ma nei primi giorni di agosto dello stesso anno subisce una pesante sconfitta navale nella battaglia del Nilo, svoltasi nella rada di Abukir, dove gli Inglesi guidati da Orazio Nelson annientano la flotta francese.

Nel frattempo anche il controllo dell’Egitto si dimostra tutt’altro che semplice per i Francesi. Il 22 ottobre 1798 scoppia al Cairo una grande rivolta contro gli occupanti, e il comandante francese della città viene assassinato insieme ad altri ufficiali. La popolazione viene istigata dagli imam a giurare davanti al Profeta di uccidere senza pietà ogni francese che si fosse parato loro innanzi. Inutile dire che la rivolta venne sedata nel sangue da Napoleone, con l’uccisione di 3.000 mila Egiziani contro le 300 vittime francesi.

Nel frattempo, venuto a conoscenza della sconfitta navale subita da Napoleone ad Abukir, il sultano turco Selim III decide di muovere finalmente i suoi eserciti contro i Francesi, attaccando l’Egitto via mare da Rodi, e via terra dalla Siria. Napoleone decide allora di riprendere iniziativa, come egli stesso scrive nelle sue memorie: “le regole della guerra mi chiedevano di anticipare i nemici, di attraversare il grande deserto durante l’inverno, di impossessarmi di tutte le munizioni che il nemico aveva disseminato lungo la costa della Siria, e di attaccare e distruggere in successione le truppe turche man mano che si radunavano”. Quindi, il 28 dicembre 1798, Bonaparte attraversa l’istmo di Suez e giunge nella penisola del Sinai, puntando verso la Siria. Anche questa regione era una provincia dell’Impero Ottomano, e comprendeva, oltre all’attuale Siria, anche Israele, Giordania e Libano. La provincia, dal momento che era più vicina alla capitale Istanbul, non solo era rimasta sotto un controllo più diretto del Sultano, ma era anche più facilmente difendibile da questo.

Sempre nelle sue memorie, Napoleone ci informa sulle cause profonde della campagna militare: “il principale obbiettivo della spedizione verso oriente, era quello di sondare la forza degli Inglesi”. Infatti, fin dal principio, la stessa invasione dell’Egitto faceva parte di un disegno più grande finalizzato a colpire il vero nemico della Francia: l’Inghilterra. “L’armata che doveva cambiare il destino dell’India”, continua infatti Napoleone, “doveva marciare dal Nilo”. Il Corso non esita affatto ad affermare che la conquista della Siria “avrebbe provocato la rovina di tutti i possedimenti inglesi in America e nella penisola de Gange”, e che “il Mediterraneo sarebbe diventato un lago francese”.

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Nelle sue memorie, Napoleone descrive la situazione interna della Siria Ottomana e i suoi abitanti alla fine del ‘700. Tra questi “ci sono molti ebrei che vengono da tutte le parti del mondo per morire nella Terra Santa di Jafet. Ci sono anche molti Cristiani, alcuni dei quali sono discendenti dei Crociati; altre ancora sono famiglie indigene, che non hanno abbracciato il Maomettismo al tempo della conquista degli Arabi, Sono confuse tra di loro, e non è più possibile distinguerle”. Il Bonaparte sembrerebbe comprendere a pieno la variegata quanto delicata situazione politica e sociale dell’area, e forse spera di poter contare in un aiuto contro i Turchi da parte dei suoi stessi abitanti. In ogni caso, la situazione della Siria gli doveva essere parsa ottimale per un’invasione, scrive infatti che: “la provincia dell’Impero Ottomano nella quale viene parlato l’arabo, implorava vigorosamente per un cambiamento, e aspettava una guida”.

Dopo alcuni successi iniziali, l’armata francese si ritrova ferma ad assediare la città di San Giovanni d’Acri (l’odierna Akko in Israele) tra il marzo e il maggio del 1799. Dopo una serie di vicende alterne, sembra che Napoleone stia finalmente per avere la meglio quando un esercito del Sultano riesce a raggiungere l’antico porto crociato. I Francesi, ormai in netta inferiorità numerica, sono costretti a togliere l’assedio e a ritirarsi in Egitto.

Intanto la situazione in Francia richiama l’attenzione del Bonaparte, e questi decide che sia ormai giunta l’ora di tornare in patria. Sfuggendo miracolosamente alla vigilanza delle navi inglesi, Napoleone sbarca a Fréjus il 9 ottobre 1799. Il 9 novembre dello stesso anno (18 brumaio anno VIII, secondo il calendario rivoluzionario), un colpo di stato segnerà la fine del Direttorio e della Rivoluzione stessa. Segue l’instaurazione del Consolato, e Napoleone, diventato Primo console, si dimentica ben presto dell’Egitto (da dove nel 1801 i Francesi saranno costretti a ritirarsi); ormai, infatti, ha obbiettivi molto più grandi: il dominio assoluto in Francia ed Europa.

Per quanto la presenza francese in Egitto sia stata di così breve durata, per non dire passeggera, questa ebbe una grandissima risonanza in Europa. Infatti, durante il dominio francese vennero condotte numerose campagne archeologiche e scientifiche (furono in ben 167, tra scienziati e studiosi, a seguire Napoleone e l’Armée d’Orient) che portarono l’Egitto e la sua plurimillenaria cultura al centro dell’attenzione. In Europa iniziò allora una vera e propria “mania”, al punto che si imitò lo stile egiziano perfino nella foggia dei mobili e delle ceramiche di uso domestico (moda chiamata Retour d’Egypte).

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Guido G. Beduschi
Studente di Storia, da grande voglio incastellarmi. Ho una bicicletta.

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