Esattamente vent’anni fa, davanti al municipio di Tel Aviv, il Primo Ministro israeliano Yitzak Rabin veniva ucciso da un estremista di destra. Più di tutti i suoi predecessori — e successori — si era speso per la pace, e più di tutti ne pagò il prezzo.
Oggi Rabin viene ricordato soprattutto per gli Accordi di Oslo, per i quali nel 1994 vinse il Premio Nobel per la Pace insieme a Yasser Arafat e a Shimon Peres, ma per buona parte della sua vita è stato tutto tranne che una colomba. I militanti palestinesi ricordano ancora la sua gestione della prima Intifada nel 1987, quando Rabin era Ministro della Difesa.
Il futuro Nobel per la pace aveva ordinato la linea dura, facendo spezzare le braccia a chi lanciava pietre. Per gli israeliani era “Mr. Sicurezza”.
Già prima, il futuro premio Nobel si era distinto per azioni ancora più nefande, come la firma all’ordine di espulsione degli arabi dalla città di Lod durante la guerra del 1948: un fatto che si può archiviare come pulizia etnica a tutti gli effetti. Allora Rabin aveva solo 26 anni, ma era già un membro piuttosto in vista del neonato esercito israeliano, di cui avrebbe scalato le gerarchie fino a diventare Capo di Stato Maggiore nel 1964. Quando, nel 1967, Israele travolge gli eserciti della coalizione araba, il merito va soprattutto a lui e alla sua abilità strategica e militare.
Ciononostante, all’inizio degli anni ‘90, Rabin si rende conto che la via della pace e della trattativa è quella che potrebbe fruttare di più al proprio Paese. Nel 1992 riesce a farsi eleggere nuovamente Primo Ministro e nel 1993 si diffonde la notizia che il suo Governo sta conducendo negoziati diretti e segreti con i leader palestinesi, sulla linea “due nazioni, due stati”: è il nucleo dei cosiddetti accordi di Oslo, che cominciano a essere ratificati nello stesso anno. La destra israeliana, sia quella laica che quella religiosa, reagisce con ferocia e sul Primo Ministro si scatena una campagna mediatica dai toni durissimi — durante le manifestazioni iniziano a spuntare cartelli che lo ritraggono in uniforme da SS. Ed è in questo clima che Rabin trova la morte.
Yigal Amir è uno studente e un fanatico religioso. E’un ebreo Mizrahi, ovvero mediorientale, di origine yemenita, e per questo la famiglia della sua ragazza lo ritiene inadatto alla propria figlia, mandando a monte il matrimonio. Amir cade in una profonda depressione e si immerge completamente nell’attivismo di estrema destra: i camerati della brigata Golani, nota per essere schierata a destra e di una religiosità fondamentalista, lo giudicano “un fanatico religioso”. Amir si convince che il Capo del Governo sia un rodef, ovvero che sia intenzionato ad uccidere, e che dunque sia legittimo ucciderlo a sua volta, secondo la Legge Ebraica: Rabin — presume Amir — cedendo un pezzo della terra israeliana alle rivendicazioni dei palestinesi, sta cedendo anche delle vite. Dunque dev’essere fermato.
Il 4 Novembre 1995 aspetta Rabin davanti alla sua limousine e, alla fine del comizio a cui sta partecipando, lo fredda con due colpi di pistola.
Si verrà a sapere che lo Shin Bet, l’agenzia di servizi segreti interni di Israele, conosceva Amir ed era al corrente delle sue intenzioni ma, nonostante ciò, non aveva fatto nulla per fermarlo. L’agente segreto che lo seguiva pensava che non avrebbe mai messo in atto i suoi piani, anche se, prima di riuscire nel suo intento, Amir aveva provato già altre due volte ad uccidere Rabin. Tutto ciò ha sollevato dubbi inquietanti sulla responsabilità e sul possibile coinvolgimento dei servizi segreti e di alte cariche dello stato nell’assassinio del Capo del Governo.
Pochi omicidi sono stati politicamente più efficaci: con la morte di Rabin muoiono anche le speranze di pace. Ne era convinto lo stesso Yasser Arafat, nei suoi ultimi anni di vita. Con gli accordi di Oslo, Israele ha riconosciuto al popolo palestinese il diritto all’autodeterminazione, e la Palestina ha riconosciuto ad Israele il diritto ad esistere. Ma nessuno dopo ha raccolto l’eredità più profonda di Rabin e la situazione è sotto gli occhi di tutti: Israele tiene la Palestina sotto la minaccia di farla fallire a livello finanziario, costruisce muri e soprattutto uccide persone. Benjamin Netanyahu, nel 1995 capo dell’opposizione e tra i più accesi detrattori di Rabin, è Capo del Governo. La famiglia Rabin non l’ha mai perdonato per la campagna spietata contro l’allora Primo Ministro, che avrebbe contribuito a creare un clima favorevole all’azione di Yigal Amir.