Del: 10 Dicembre 2015 Di: Francesca Motta Commenti: 0

I’m still Jenny from the block”, diceva la cara Jennifer Lopez in una nota canzone, esaltando e sottolineando la sua appartenenza a quel gruppo di bad girls proveniente dal South Side Bronx. Le faceva eco Rihanna, un’altra nota bad girl, che, in abiti discinti e orecchini a cerchio grandi quanto la ruota di un triciclo, ancheggiava da un lato all’altro di una via della periferia newyorkese, lanciando occhiate di fuoco alle (potenziali) rivali.

Far le cattive ragazze, in buona sostanza, non passa mai di moda, ma essere convincenti nel ruolo non è cosa da poco.

Tra le storie dimenticate che vale la pena raccontare c’è anche quella di Mary Fields, prima vera bad girl degli Stati Uniti d’America. Ci sono diverse foto che ritraggono Mary, una donna monumentale (180 cm per 90 chili di peso, una stazza che all’epoca incuteva non pochi timori) dai tratti duri, capelli corti e abiti scuri. In quasi tutte le fotografie la vediamo mostrare un accessorio decisamente più inquietante di quei – se pur brutti – orecchini a cerchio: un fucile a percussione dall’aria piuttosto pesante e minacciosa. Ma, si sa, anche le cattive ragazze più convincenti nascondono sempre un cuore.

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Non si conosce l’esatta data di nascita di Mary – si racconta a tal proposito che festeggiasse il suo compleanno due volte all’anno, quando ne aveva voglia – ma secondo gli storici avvenne attorno al 1832, in una piantagione di Hickman, nel Tennessee. Tra le piantagioni di cotone, in cui lavorava come schiava, Mary conobbe Sarah Theresa Dunne, amica dei suoi padroni. Tra le due donne, descritte come opposte sia caratterialmente che fisicamente, nasce un’amicizia molto forte, che porterà Mary a lasciare al sua terra per raggiungere Sarah a Toledo, in Ohio, dove l’amica, fattasi suora, si era trasferita. Sono gli anni 70 dell’ottocento, il Tredicesimo Emendamento è stato ratificato e Mary può dirsi una donna libera. Insieme a Sarah vivrà all’interno del convento delle orsoline per dieci anni, occupandosi del giardino con dedizione quasi religiosa (“Dio aiuti chi cammina sul prato dopo che Mary l’ha tagliato”, diceva una suora, facendo intuire che la Fields non fosse troppo gentile nei confronti di chi vanificava il suo lavoro). Qui prese l’abitudine di vestire interamente di nero, un’usanza che non abbandonerà mai. Nel 1884 Sarah dovette partire per il Montana, con l’incarico di aiutare i missionari gesuiti nella costruzione di centri d’accoglienza per i nativi americani cacciati dalle loro terre. Mary inizialmente sembra non voler partire, sembra essersi affezionata ai suoi giardini e al convento di Toledo, dove una donna come lei, sempre squadrata dal baso verso l’alto a causa del suo aspetto e – di conseguenza – piuttosto irosa, aveva finalmente trovato un po’ di pace. Mary, però, non aveva fatto i conti con i suoi sentimenti (presenti anche là in fondo, sotto quelle vesti nere e l’aria burbera), e, venuta a conoscenza del fatto che Sarah fosse in pericolo di vita a causa di un malanno, non esitò a fare i bagagli e partire per un viaggio di 1600 miglia verso il vecchio west.

Si è spesso parlato della presenza dei black cowboy, figure dimenticate, presenti solo raramente nelle fotografie e nei ritratti e dunque ingiustamente estranee all’immaginario comunque. Di certo erano meno numerosi, ma i pionieri di colore esistevano in tutto il west, e Mary era una di questi. Arrivata a Cascade, in Montana, fu la prima donna di colore a stabilirsi nella cittadina. Qui non si limitò a curare a vecchia amica, ma decise di prendere parte alla costruzione di un convento. Per i successivi otto anni Mary, rifiutando aiuti da parte degli uomini, si caricò sulle spalle monumentali blocchi di pietra e lavorò senza sosta, con una costanza e una instancabilità che hanno dell’incredibile. Per una donna come lei la vita non era affatto facile, soprattutto nel far west, ma Mary – possiamo intuirlo – non era tipa da farsi mettere i piedi in testa. In breve tempo fu definita “Il terrore delle campagne” e di lei si raccontarono storie, spesso romanzate ma comunque verosimili, in cui la vediamo stendere a suon di pugni chiunque osasse offenderla e, quando la situazione si scaldava un po’ troppo, estrarre da sotto le vesti una Smith & Wesson calibro 38. A quanto pare sparava come un cecchino addestrato. Mary beveva whiskey, fumava un sacco di sigari – niente di più vergognoso per una donna dell’epoca – e pare che il suo linguaggio fosse anche piuttosto colorito. Nei duelli batteva ogni uomo, e secondo il Great Falls Examiner, un giornale dell’epoca, “ruppe da sola più nasi di ogni altra persona nell’intero Montana”.

“Ruppe da sola più nasi di ogni altra persona nell’intero Montana”.

Espulsa dal convento dove viveva a causa del suo comportamento poco ortodosso, Mary tentò la fortuna aprendo una locanda ma, poco dopo, finì in bancarotta per aver offerto un po’ troppi pasti ai nullatenenti (le cattive ragazze, dicevo, hanno un cuore d’oro). Mary non si diede per vinta e, anche grazie a Sarah, riuscì a ottenere un posto presso l’US Postal Service, acquisendo così il titolo di prima donna afroamericana impiegata come corriere postale. Nei successivi anni la vediamo rivestire il suo ruolo con disciplina e impegno ferreo. Quello del corriere era un lavoro pericoloso, e Mary lo affrontava senza paura, con una fiaschetta di whiskey nella tasca e il suo fucile a portata di mano. Non ci dovevano nemmeno provare a mettersi tra lei e le sue consegne.

A settant’anni lasciò il lavoro e aprì una lavanderia. Tutti i cittadini di Cascade si ricordavano bene dell’aiuto che l’anziana donna aveva recato in passato ai meno abbienti, così la sostennero economicamente in questa sua ultima impresa. Mary passò la vecchiaia tra la gente della sua città, amata e rispettata. La bad girl con il cuore d’oro fu l’unica donna ammessa nei saloon, dove poteva discorrere di politica — era, ovviamente, repubblicana convinta — e sport. Si affezionò molto anche alla squadra di baseball della cittadina e, ammessa alle partite come ospite d’onore, pare portasse ai giocatori di entrambe le squadre dei portafortuna fatti a mano da mettere all’occhiello.

Aveva un cuore grande come tutto il Montana, la ragazza più cattiva del West.

Francesca Motta
Studio Lettere, scrivo (meglio se di inutilità), non ho idea di cosa sia il dono della sintesi, a volte fotografo, spesso inciampo, ascolto molto volentieri.

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