Angelica Mettifogo
Foto, Unisì
Ieri, giovedì 3 marzo, nell’atrio di fronte all’Aula Magna (sede di via Festa del Perdono) si è svolto un presidio di protesta contro l’approvazione, avvenuta il 18 febbraio, della Riforma del calendario di Studi Umanistici (Appelli e Lauree).
Il presidio era stato organizzato nel corso di un’assemblea straordinaria convocata il 25 febbraio scorso per illustrare le conseguenze della riforma – praticamente immediate, dato che entrerà in vigore già nel prossimo anno accademico – e presentare eventuali proposte a riguardo.
Non è quindi la prima volta che gli studenti intervengono nel tentativo di contribuire o, quanto meno, per essere tenuti in considerazione nella formulazione di alcuni aspetti della Riforma.
Da quando il Preside di Facoltà Corrado Sinigaglia ha presentato la proposta, i rappresentanti di UniSì e Lista Aperta – Obiettivo Studenti hanno seguito da vicino la questione, riuscendo ad ottenere – grazie a una raccolta firme che ha raggiunto quasi 5000 adesioni e un primo presidio organizzato nel giorno previsto per il voto, il 21 dicembre scorso — che la votazione fosse rimandata a febbraio e tenesse conto di una proposta formulata nel frattempo da una Commissione Paritetica straordinaria (composta da tre studenti, tre professori e presieduta dal Preside di Facoltà).
Delle due proposte presentate dalla Commissione Paritetica (7 appelli d’esame con abolizione della discussione della tesi triennale, oppure 6 appelli e mantenimento della discussione) è stata approvata la seconda, sostanzialmente uguale alla proposta di riforma iniziale. Ha avuto un certo peso la divisione interna alla componente studentesca: i rappresentanti di Lista Aperta hanno votato infatti in linea con il corpo docente.
Di fronte a un emergente e collettivo disappunto, gli studenti hanno deciso di continuare a insistere sulle proprie posizioni e di organizzare mobilitazioni collettive affinché, di fronte a un provvedimento così incisivo, siano tenute in considerazione anche le loro esigenze.
Dal presidio di ieri, che ha avuto inizialmente la forma di un dibattito aperto e poi è proseguito in un corteo all’interno degli spazi della sede, fino alle porte del Rettorato, è emerso che la riduzione degli appelli si rivela, per gli studenti, dannosa e inefficace: consapevoli che il problema di una corretta distribuzione del calendario didattico sia urgente e si debba risolvere, gli studenti sembrano altrettanto convinti che un provvedimento di questo tipo, estremamente riduttivo e sbrigativo, rischierebbe di ostacolare il diritto allo studio, soprattutto colpendo le categorie di studenti più deboli, pendolari e lavoratori, e di provocare un grave abbassamento della qualità dell’insegnamento.
Perché?
La riforma nasce da alcune esigenze organizzative e da alcuni problemi che ora rendono difficile la scansione della didattica: la sovrapposizione di lezioni, sessioni d’esame e sessioni di laurea, la durata troppo lunga della discussione della tesi triennale (10 minuti effettivi più 5 minuti per la valutazione) e della proclamazione, il numero eccessivo di professori coinvolti (7) in ciascuna commissione di laurea.
I punti salienti della proposta di Riforma approvata il 18 febbraio, in breve, prevedono:
- scansione di tre momenti separati e non sovrapponibili: lezioni, sessioni d’esame, sessioni di laurea
- mantenimento della discussione della tesi con durata di 15 minuti per la laurea triennale (9 CFU) e di 30 minuti per la laurea magistrale (30 CFU)
- riduzione degli appelli dagli attuali 10 a 6 (numero minimo)
- riduzione a tre sessioni di laurea (autunnale, a dicembre; invernale, ad aprile; estiva, a luglio)
L’opposizione degli studenti si deve principalmente alla drastica diminuzione degli appelli disponibili per sostenere gli esami nel corso dell’anno accademico. Ma non solo: la Riforma, che si attuerà a partire dal 2017, crea non pochi disagi a tutti quegli studenti iscritti all’ultimo anno che, avendo in programma di laurearsi nel febbraio 2017, o lo faranno a dicembre, oppure saranno necessariamente fuori corso (il che praticamente significa pagare la retta dell’anno successivo). Gli studenti che si trovano in questa situazione saranno probabilmente tutelati (con una sessione di laurea straordinaria), ma ancora non c’è nulla di ufficiale.
Una soluzione simile, che, con la riduzione degli appelli, pare voler ovviare al problema dell’eccessivo numero di studenti fuori corso (combattendo la procrastination, ossia spingendo gli studenti a sfruttare al meglio meno possibilità) è più probabile che lo aggravi: gli studenti avendo meno possibilità avranno anche meno sicurezza e meno motivazione, e saranno certamente costretti ad accettare con più facilità voti più bassi, peggiorando il proprio rendimento. Conseguenze, dunque, anche a livello della qualità, che necessariamente sarà più scarsa: programmi meno consistenti, livello di preparazione sufficiente più basso, preparazione frettolosa. Per non parlare del numero di iscritti a ciascun appello, che salirà vertiginosamente, rendendo probabilmente insostenibile il sistema.
Ieri gli studenti protestavano contro una riforma che, nonostante alcuni aspetti positivi (come la nuova sessione straordinaria di laurea triennale a settembre), sembra confondere “efficienza” con “rapidità”, dando priorità alla funzionalità tecnica dell’organizzazione e non alle sue effettive conseguenze.
La volontà di ottimizzare i tempi emerge dall’email che il professor Sinigaglia ha inoltrato a tutti gli studenti della Facoltà il 29 febbraio, ignorando completamente le proteste e il malcontento, ma anzi presentando la riforma come un significativo sforzo fatto per andare incontro alle esigenze degli studenti stessi. Ma ottimizzare i tempi significa ottenere nel tempo disponibile il risultato migliore: se l’obiettivo dell’università è favorire una formazione completa e concreta dello studente, nel momento in cui si privilegia la “quantità” alla “qualità”, la scorrevolezza dell’organizzazione alle esigenze di coloro ai quali l’organizzazione è rivolta, l’università ha fallito in uno dei suoi principali compiti.