Del: 1 Marzo 2016 Di: Redazione Commenti: 0

Francesco Albizzati

Sarà scesa una lacrimuccia a Mauro Bergamasco (36 anni) lo scorso sabato, allo stadio Olimpico di Roma. La storica terza linea della nazionale italiana – azzurro dal 1998 al 2015 – e bandiera dello Stade Français, ha definitivamente appeso gli scarpini al chiodo. Un trofeo in legno a forma di ovale il riconoscimento per la sua carriera. Una lieve forma d’ironia, se pensiamo che la sua esperienza in azzurro ha coinciso praticamente con la storia dell’Italia al 6 Nazioni. E si sa, il legno, in quel torneo, non è proprio sinonimo di fortuna.

Lui c’era il 5 febbraio 2000, il giorno in cui iniziammo quest’avventura presentandoci con un’arrembante vittoria proprio contro di loro, gli scozzesi. Già, gli scozzesi. Che ne sapevano, loro, campioni in carica, che avrebbero perso 34-20 contro dei novellini? Che ne sapevano che Diego Dominguez aveva il piede più caldo di una pagnotta e che il drop tra i pali era la sua naturale forma di saluto (per capirci)? Che ne sapevano che da quell’anno in poi non sarebbero più riusciti a vincere il titolo? Già, che ne sapevano.

Fu quel giorno che iniziò una delle più insolite rivalità sportive. Una rivalità acre, senza fronzoli né pietà; perché l’unica misericordia concessa ai disperati è la legge del più forte.

Italia e Scozia. 17 sfide al 6 Nazioni: loro, per ora, conducono 10-7. L’ultima l’hanno conquistata proprio sabato, davanti al nostro pubblico. Una vittoria che non lascia adito a dubbi; ci sono stati superiori in tutto: punteggio, padronanza del campo, grinta. Persino la loro casacca – con quel blu scuro ornato dal tartan e il cardo bianco stilizzato – era più bella della nostra. 36-20 e poche storie. Curioso: ricorda assai quel 34-20 della prima volta, solo che i ruoli sono invertiti. A loro i 2 punti, a noi il cucchiaio.

foto IPP/Dave Winter / Icon Sport parigi 09-02-2014 rugby 6 sei nazioni 2014 francia-italia - foto IPP/Dave Winter / Icon Sport parigi 09-02-2014 rugby 6 sei nazioni 2014 francia-italia nella foto una mischia WARNING AVAILABLE ONLY FOR ITALIAN MARKET

Il cucchiaio di legno (wooden spoon) è il cugino inglese del cappello a forma d’asino. Pare che fosse un’usanza inventata da quei simpaticoni di Cambridge: agli ultimi della classe, in segno di scherno, regalavano questo comune oggetto da cucina. Siccome il rugby è uno sport intelligente, dell’università non ha adottato solo la tendenza a produrre infinite regole e regoline, ma anche le tradizioni più becere. Chi termina il 6 nazioni in fondo alla classifica ottiene l’omaggio. L’Italia ormai si è quasi rifatta il servizio e potrebbe passare anche ad altre posate. La Scozia segue a ruota, anche se fa di tutto per rifilarcene il più possibile. L’oggetto della discordia, infatti, è spesso una mera questione a due. Su 17 incontri, 9 avevano in palio la penultima casella della classifica, e quindi la salvezza. Troppo spesso il divario con le altre quattro (Inghilterra, Galles, Irlanda e Francia) è risultato tutt’altro che arginabile. Se già romani e caledoni non si filavano troppo, figuratevi i discendenti. Il rugby è già di per sé uno sport battagliero, di trincea, dove il terreno lo conquisti – letteralmente – un metro alla volta.

Le partite Italia-Scozia sono delle battaglie brutte, sporche e cattive, dove conta solo salvarsi. Ogni tanto però vi è l’eccezione. Una in particolare porta la firma proprio di Mauro Bergamasco, autore il 24 febbraio 2007 della meta più veloce della storia del rugby azzurro.

https://www.youtube.com/watch?v=yTP-YOPwmWg

Appena diciotto secondi gli erano bastati per gelare Murrayfield, la tana dei nemici. Appena una stoppata su un drop mal concepito dagli scozzesi e una corsa matta verso i pali erano servite per arrivare a meta. A fine gara il tabellino avrebbe recitato 17-37 per noi: la nostra miglior prestazione al 6 nazioni, finora. Guarda caso proprio contro di loro, a casa loro.

Ci sono state battaglie giocate sulla linea del filo spinato, flirtando col cronometro e l’overtime: nel 2006 sorrisero loro, nel 2008 noi grazie allo splendido drop calciato all’ultimo da Marcato. E via così, ogni anno un’avventura, ogni anno una scommessa contro la sorte. Fino ad arrivare al 26 febbraio 2016: Dominguez non c’è più, c’è Kelly Haimona, che è anche lui oriundo, ma non è Diego. Loro hanno Laidlaw, che firma assegni da 20 punti a occhi chiusi; nel corso dell’incontro ha sbagliato un solo calcio piazzato su sei.

Sull’Olimpico le prime gocce d’acqua vanno ad allungare le pinte degli scozzesi e i musi dei molti tifosi, arrivati con tante speranze.

Seppur dotati di sconfinato ottimismo, ogni tanto anche loro si aggrappano al materialismo del risultato. Fra kilt e cornamuse, i primi invece festeggiano lo scampato pericolo: mancherebbero ancora due partite alla fine del torneo, però hanno il sentore che il cameriere apparecchierà da un’altra parte. Bergamasco ha un motivo in più per essere malinconico e la rabbia di non poter marciare sull’erba lo frusta nel profondo. Ma la rivincita in fondo è solo rimandata all’anno prossimo. Il derby del cucchiaio ha in serbo molti atti ancora e la resa non è contemplata nelle opzioni.

Italia e Scozia torneranno a entusiasmare e a esasperare gli animi di tutti gli appassionati. Poco importa se il pubblico non saprà ogni regola, o se per qualche ragione perderà il filo del discorso: il rugby parla dritto allo stomaco e la fame di vittoria non ha lingua. Forse, dopo tutto, quel maledetto cucchiaio potrà esserci d’aiuto.

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