
Sono ormai in molti ad attendere con trepidazione la sentenza che il 9 marzo giungerà dalla Corte di Cassazione e deciderà l’eventuale annessione di uno o due ulteriori quesiti al cosiddetto “referendum sulle trivelle”, inizialmente previsto per domenica 17 aprile 2016.
Vulcano Statale ha deciso di seguire la vicenda pubblicando, tra lunedì e mercoledì, tre articoli per illustrare i diversi aspetti del referendum:
- Il contesto geo-politico, sociale e ambientale in cui si colloca il referendum
- L’iter burocratico del referendum
- Un vademecum per comprendere i quesiti.
Quando, dove, chi può votare al “referendum sulle trivelle” e cosa prevede l’abrogazione.
Ieri la Corte Costituzionale ha respinto la richiesta per il conflitto di attribuzione stato-regioni sul “referendum delle trivelle”, escludendo di fatto la comparsa di due nuovi quesiti nelle schede destinate agli elettori.
La bocciatura sarebbe giustificata dal fatto che le richieste di conflitto, per essere ammesse, dovevano essere sollevate da almeno cinque consigli regionali che avessero invocato il referendum prima che il governo avesse modificato la Legge di Stabilità (fine dicembre 2015).
Seppur con una certa delusione da parte degli ambientalisti, la sentenza mette fine al difficile iter burocratico del suffragio: ora che le regole sono fissate la parola passa al popolo.
La votazione è indetta per domenica 17 aprile 2016, potranno parteciparvi tutti i cittadini italiani maggiorenni e sarà necessario esibire un documento d’identità e la tessera elettorale (il seggio è indicato su quest’ultima).
Gli studenti universitari fuori sede ma in Italia possono votare compilando i moduli e seguendo le istruzioni presenti sul sito Iovotofuorisede
È anche possibile mettersi in contatto con i volontari dell’Unione degli Universitari che fornirà tutte le indicazioni su come votare agli utenti che compileranno il seguente form.
Inoltre, sia Alitalia che Trenitalia riservano sconti fino al 70% per chi desideri tornare a votare al proprio seggio di residenza.
Fino al 15 marzo si potrà votare anche dall’estero, ma la procedura è piuttosto complicata e adesso le informazioni al riguardo sono state raccolte temporaneamente in un post Facebook del comitato nazionale NOTRIV, in cui vi sono le risposte ad altre FAQ sul referendum.
In risposta al problema è nata anche una petizione per chiedere al parlamento di semplificare la procedura a chi non potrà presentarsi al seggio del proprio comune di residenza.
Il logo ufficiale del comitato nazionale Comitato nazionale Vota SI per fermare le trivelle
Comprendere il referendum, evitando le bufale
Il quesito referendario sarà il seguente:
“Volete voi che sia abrogato l’art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, “Norme in materia ambientale”, come sostituito dal comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)”, limitatamente alle seguenti parole: “per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”?
Le conseguenze legali saranno:
- Nel caso in cui vincesse il Sì:
Allo scadere dei contratti correntemente in vigore, verranno sospese tutte le concessioni (royalties) per le estrazioni di petrolio e metano dalle piattaforme situate entro le 12 miglia nautiche (circa 22 chilometri) dalla costa italiana.
- Nel caso in cui vincesse il No o non si raggiungesse il quorum:
Le suddette concessioni rimarranno valide fino a quando i giacimenti interessati non saranno esauriti.
Sembrerà assurdo, ma il termine “trivellazione”, che per oltre 6 mesi ha accompagnato tutti i discorsi sul referendum, è fuorviante, in quanto il decreto si riferisce alle attività di estrazione, non a quelle di trivellazione.
Del resto, come segnalato da ASPO Italia (Association for the Study of Peak Oil), sul tema sono circolate diverse bufale e la scarsa attenzione che i mass media hanno rivolto all’evento non ha certo aiutato la popolazione a fare chiarezza.
“Innanzitutto”, scrive l’ingegnere Dario Faccini “nel referendum non sono coinvolte le nuove perforazioni, bensì le sole concessioni marine già in essere”, diciassette nello specifico, le cui date di scadenza vanno dal 2017 al 2027.
Dunque, i flussi di petrolio e di metano corrispondenti diminuiranno molto lentamente, così come la mole di attività degli impianti e quindi anche il numero di posti di lavoro. Ed è questo un fatto che smentisce l’inesattezza più clamorosa tra quelle apparse su internet, cioè che la vittoria del Sì avrebbe bloccato da un giorno all’altro il 60-70% della produzione nazionale di idrocarburi, provocando il licenziamento di migliaia di operatori.
In realtà, la quantità di risorse in questione è stimato rispettivamente a 500.000 tonnellate e 1,21 miliardi di metri cubi all’anno, che rappresentano il 9,1% e il 17,6% della produzione, nonché lo 0,8% e il 2,1% dei consumi annuali.
Secondo Faccini, la mancata vendita di tali quote sono attualizzabili in circa 180 milioni di dollari (petrolio) e 360 milioni di dollari (gas), che alla peggio (secondo gli sfavorevoli tassi di conversione attuali) si traducono in 327 e 163 milioni di euro, quando la scelta del governo di non accorpare il referendum alle elezioni di giugno 2016 ha provocato una spesa di 360 milioni di euro.
Inoltre, i giacimenti interessati dalla votazione sono quasi esauriti, perché sono già stati sfruttati in larga misura una ventina di anni fa, quando il regime di estrazione era dalle 6 alle 10 volte più intenso di quello corrente.
Del resto, il suffragio incide sulla maggior parte della produzione di gas in Italia, che si trova a terra (34%) o in mare oltre le 12 miglia (36%). A questo proposito, l’altro dettaglio compreso non da tutti è che il testo fa riferimento solo alle trivellazioni in mare (offshore) e non a quelle sulla terraferma (onshore).
L’ingegnere di ASPO Italia conclude l’analisi affermando che: “Le perdite produttive imputabili ad una eventuale vittoria dei sì sarebbero del tutto trascurabili a livello continentale ed internazionale, e non produrrebbero quindi una variazione sensibile nei mercati dei prezzi del gas o del petrolio. E’ quindi difficile pensare ad una ripercussione sui prezzi praticati al consumatore italiano”.
A questa asserzione bisogna anzi aggiungere che, come abbiamo mostrato in un altro articolo, l’abrogazione comporterebbe diversi benefici per l’intero paese.
Ecco perché questo referendum non è solo questione di trivelle.