Del: 25 Aprile 2016 Di: Alessandro Massone Commenti: 0

Ieri, 24 Aprile, Campo 10 del Cimitero Maggiore. Stanno per scoccare le undici di mattina quando una schiera di neofascisti e fascisti d’annata di Arditi d’Italia e Unione Combattenti si riuniscono dove sono sepolti un migliaio di fascisti per dir messa e benedire le lapidi, e per raccontare storie di orrore che loro scambiano per epica.

Quello dei gruppi neofascisti che tentano provocazioni attorno al 25 Aprile è un problema puramente ontologico e non possiamo fare nulla come società per impedire si ripeta. Non si può pretendere che non esistano persone affascinate dalla violenza, dall’odio, dall’ignoranza stessa.
Ciò che è d’obbligo fare, anche in queste situazioni in cui chiunque sia ragionevole si senta così distante da questi poveretti mostri, è esercitare empatia. Non per giustificare, mai, ma per provare a comprendere.
Solo attraverso l’empatia si rivelano le vere cause e i veri colpevoli della vergogna indicibile che è benedire le lapidi di assassini fascisti.

È un punto di vista completamente deforme quello di chi ricorda il fascismo come un movimento patriottico, la dittatura come un periodo di benessere, magari di serenità.
Il piú grande insuccesso della Storia dell’Italia repubblicana è stata l’incapacità di riunire la retorica politica in un’unica voce antifascista.

Il fascismo non è mai stato degli italiani. Il fascismo era esclusivamente dei e per i fascisti. Il fascismo nasce operando attraverso gruppi di violenti organizzati in squadre paramilitari esistenti solo allo scopo di soggiogare connazionali lavoratori. Cresce accentrando il potere in un’organizzazione autoritaria, ipso facto anti-popolare. Distrugge il Paese, attraverso norme economiche miopi e insostenibili. Fa strage dei propri cittadini, spendendoli come fiche al tavolo della Guerra. Svende gli ebrei italiani per garantirsi il ruolo di subalterno tollerato. Si allea all’invasore infine, nel tentativo di realizzare lo sterminio di bande ribelli di donne, operai, e bambini.
Chi si è riunito ieri mattina al Campo 10 rivendica tutto questo come una delle pagine “d’onore” della Storia italiana.
Immaginate, se potete, a quale plagio sono state sottoposte le menti di queste persone, oggi come allora.

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Soldati dell’Italia fascista fucilano ostaggi Sloveni

Il 25 Aprile si celebra la Liberazione, ma l’epica fondativa che ne nobilita la memoria è la storia senza eguali della sollevazione popolare della Resistenza.

In qualche modo, il 25 Aprile è diventato, nel corso della Storia dell’Italia repubblicana, piú la festa della Resistenza che della Liberazione.
È uno slittamento sottile, perpetrato immediatamente nei primi anni della Repubblica. Il 25 Aprile non è diventato festa della sinistra perché la sinistra “se lo sia preso,” il 25 Aprile è diventato festa della sinistra perché alla sinistra è stato lasciato.
Fin dalle origini dell’Italia repubblicana il rapporto tra centro e 25 Aprile è stato dubbio. Non sono tensioni cresciute negli anni, dall’allontanarsi dalla guerra.
È il centro italiano che nemmeno per un minuto, dal ’46 in poi, ha provato a prendere le distanze dal fascismo.

Il 25 Aprile non è una festa divisiva. Non di piú di quanto la sia la Id al-fitr. Così come una parte di italiani non rispetta il Ramadan, il centro non ha mai davvero riconosciuto il 25 Aprile.

Rifiutare il processo di alienazione dal fascismo durante il Secondo dopoguerra è stata una tassa politica salatissima. Così, nel contesto della pericolosissima avanzata dei movimenti di estrema destra a livello continentale, l’Italia può vantare di esserne solo tangenzialmente coinvolta, ma così tanti degli argomenti cari ai neofascisti si fanno ancora piú pericolosi nelle mani di sedicenti personalità in giacca e cravatta, dal volto pulito.
Non fascisti, solo persone che cedono, volentieri, alla troppo facile retorica che reintegra così tanti italiani resosi complici di atrocità, in un nuovo affresco storico che è un falso, ma non d’autore.

Personalità come Pierluigi Battista, ex-vicedirettore del Corriere, che ha fatto uscire con i tipi di Mondadori Mio padre era fascista, e che scrive “non sono più sicuro di niente, di cosa sia giusto e sbagliato, in questa mia, in questa nostra storia di affetti e di politica mescolati insieme”; e come lo stesso Presidente della Repubblica Mattarella, che decide di dedicare il suo 25 Aprile ai due militari accusati di omicidio preferiti dalla destra italiana, in una scelta incomprensibile che sembra una barzelletta.

Leggere che il 25 Aprile sia una festa divisiva del popolo italiano, o peggio che sia un bene che stia perdendo di contenuto, così che finalmente possa diventare festa di tutti, è uno dei peggiori sfregi si possano compiere alla memoria di chi è morto per sconfiggere la dittatura.

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Morti nel campo di concentramento di Arbe, creato dal comando della Seconda Armata italiana

La manifestazione di oggi a Milano, con la partecipazione del sindaco di Lampedusa, Giusi Nicolini, sarà dedicata all’emergenza rifugiati.
All’Italia sono addebitati 500mila morti, in Eritrea, Somalia, Etiopia e Libia; le stragi italiane nei Balcani sono tra le pagine piú scure della nostra Storia, dove i fascisti si sono macchiati di tutte le colpe di cui oggi accusiamo solo la Germania — dai rastrellamenti, ai roghi, alla costruzione di campi di concentramento.
Oggi, la crudeltà chirurgica con cui l’Europa sta rispondendo alla disperazione dei migranti è l’esempio perfetto di come il 25 Aprile non sia una festa divisiva tra ideologia di sinistra o di destra, ma piuttosto tra i valori che riconosciamo come fondativi di uno Stato contemporaneo, e l’indecenza di retrogradi, vittime ignoranti o genuinamente meschini.

Alessandro Massone
Designer di giorno, blogger di notte, podcaster al crepuscolo.

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