Del: 21 Aprile 2016 Di: Redazione Commenti: 0

Sheila Khan
@shei_sk
Foto Masiar Pasquali

Damiano Michieletto, giovane e discusso regista emergente nella scena contemporanea, ritorna alle sue origini di regista di opera lirica, ma in maniera inusuale: sceglie infatti L’opera da tre soldi di Bertold Brecht e decide di rileggerla in una nuova prospettiva.

L’opera da tre soldi fu scritta da Brecht nel 1928 e messa in scena nello stesso anno a Berlino. L’autore si ispira alla Beggar’s Opera (L’opera del mendicante) di John Gay, risalente al Settecento. A colpire Brecht fu soprattutto la trama satirica, sferzante nei confronti della società, dove mendicanti e borghesi sono classi interscambiabili in un sottobosco di criminalità non definito. L’autore tedesco riscrive quest’opera mantenendo una mordace polemica contro la società e dimostrando che talvolta i pensieri della borghesia e dei criminali sono gli stessi. La trama resta pressoché invariata, così come il finale. Le musiche di Kurt Weil si ispirano al jazz e sono volte a creare distanza tra lo spettatore e lo spettacolo, “estraniazione” come la chiamava Brecht, in vista di una visione più critica che portasse ad una riflessione politica.

Opera_Foschi3©MasiarPasquali

Damiano Michieletto rende L’opera da tre soldi un serrato processo contro il protagonista Mackie Messer e il palcoscenico si trasforma in un’aula di tribunale: il banco del giudice, dell’imputato e della corte sono sempre sul palco, così come gli attori che interpretano più ruoli, ma che sono sempre tenuti a vedere e partecipare al processo, testimoniando contro o a favore dell’imputato, difendendosi dalle accuse, raccontando la propria versione. Non esistono quinte e fuoriscena, tutto avviene alla luce dei riflettori, al contrario degli intrighi tra i personaggi, sempre tessuti alle spalle degli altri: emergono allora tradimenti, amori, miseria, ma soprattutto l’omertà e la corruzione che striscia in questo universo parallelo, miniatura del nostro grande mondo in cui siamo immersi e nel quale possiamo riconoscere gli stessi vizi.

Michieletto denuncia con veemenza un mondo di miseria, destinato a non muovere nessun moto di pietà in noi: le immagini di un bambino malnutrito sono troppo forti e volgiamo lo sguardo, i mendicanti per strada e i morti in mare non hanno nessun effetto su di noi. Siamo impermeabili. Inoltre non nasconde una forte polemica contro i giochi di potere, lo scontro tra autorità e criminalità è portato avanti usando l’arma principale del ricatto economico: le prostitute vengono corrotte con il denaro per rivelare il nascondiglio di Mackie Messer, i criminali sono tali perché vogliono essere ricchi, Polly è incaricata di governare le finanze di Mackie, come se fosse la cosa più importante a cui pensare.

Opera_Foschi©MasiarPasquali

L’aspetto musicale è affidato al direttore d’orchestra Giuseppe Grazioli e all’Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi. La musica e il canto sono aspetti imprescindibili del teatro di Brecht e qui rivivono attenendosi alle partiture originali. Qualche variazione è inevitabile, ma Grazioli ha voluto conservare la danzabilità e la leggerezza che caratterizzava il lavoro di Weil, in linea con l’operetta settecentesca e con il teatro straniante di Brecht. L’uso di oggetti simbolici e la scenografia suggestiva montata e smontata davanti allo spettatore contribuiscono a creare questo effetto di straniamento che lascia lo spettatore interdetto, confuso, complice.

Dopo questo lungo processo il pubblico esce dalla sala ed è costretto a pensare, all’inizio dello spettacolo un uomo muore impiccato, alla fine un uomo incriminato viene salvato. Il paradosso è che si tratta dello stesso personaggio, il capo della criminalità organizzata Mackie Messer. La struttura circolare della messinscena pone lo spettatore davanti a dubbi e domande a cui Michiletto non vuole dare risposta, ma con le quali piuttosto vuole istigare alla riflessione, al pensiero critico, lo stesso obiettivo che aveva Brecht con il suo pubblico.

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