Del: 10 Maggio 2016 Di: Redazione Commenti: 0

Susanna Causarano

Nel 1988 si tiene a Mosca la prima edizione di quello che divenne poi il moderno Miss Russia, il ”Moscow Beauty 1988”. Si trattò del primo concorso di bellezza svoltosi in un paese dell’Unione Sovietica. L’URSS riteneva questo tipo di manifestazione, il vestirsi in maniera appariscente e la dimostrazione della propria avvenenza, come qualità deleterie per una vera “compagna” e da condannare come tutto quello che veniva dall’occidente capitalista e consumista. Nel 1985, l’elezione di Mikhail Gorbachev, che coi suoi 54 anni divenne il più giovane Segretario Generale del Partito Comunista, portò una ventata di libertà per i cittadini russi e, nonostante lo stupore del resto del mondo, la gara di bellezza si fece come se nulla fosse. A vincerla fu la studentessa diciassettenne Maria Kalinina di cui non si sa molto, se non che nel 2006 ha avuto una piccola parte nell’horror Stay Alive e che ora lavora come insegnante di Kundalini Yoga a Los Angeles.

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Dopo il suo esordio, il concorso non ha mai saltato un’edizione e nel 1992 è entrato a pieno titolo nel circuito internazionale e mondiale, portando la rappresentanza russa a Miss Mondo e Miss Universo. La peculiarità della prima edizione di Miss Russia, o per meglio dire di Miss URSS, è che si tenne quando ancora l’Unione Sovietica, che crollò nel 1991, era in piedi. La donna comunista, almeno sulla carta, doveva essere uguale in tutto e per tutto all’uomo, non doveva avere lo specifico compito di stare a casa ad accudire i bambini, ma essere indipendente e contribuire con il lavoro allo sviluppo e alla buona salute dello stato comunista. Non le veniva inculcata alcuna cultura dell’apparire: un aspetto sobrio che rimandava a un’idea di austerità e praticità era di gran lunga preferibile. Se si legge una qualsiasi intervista ad una modella russa o dell’Est Europa, giovane durante il regime, per esempio alla modella ceca Eva Herzigova, si capisce che nessuna di loro ha mai vissuto sentendosi più bella o appariscente delle altre, ma solo con la costante motivazione a fare di meglio, ad essere forte atleticamente e gran lavoratrice. Il concorso del 1988 potrebbe sembrare quasi un avvicinamento alla cultura occidentale, un segnale che l’austerità e la credibilità del regime sovietico come lo avevamo conosciuto finora stava vacillando.

L’aspetto più interessante della vicenda però è il confronto fra il modello di donna proposto dal regime e quello imperante nella Russia post-comunista, valido ancora e soprattutto oggi. Molto austero e poco tollerante, il regime comunista non vedeva la donna come oggetto, almeno in teoria. La donna aveva semplicemente delle innegabili differenze fisiche rispetto a quelle dell’uomo, ma nessuna differenza sostanziale. Resta difficile credere che il maschilismo e il pregiudizio che ancora oggi riscontriamo in paesi considerati sviluppati non fossero presenti e tangibili, ma possiamo dire che l’idea di donna nella Russia comunista fosse quantomeno dignitosa rispetto a quella attuale.

La donna russa oggi infatti può studiare e lavorare, nulla gli è imposto o vietato, ma prevale una narrazione che la vuole sostanzialmente moglie e madre. In Russia sono presenti vere e proprie “scuole di femminilità” a cui le ragazze che sono in età da marito – ma non solo – possono iscriversi. Occorre precisare che il limite superato il quale si è considerate zitelle è 25 anni e i requisiti che le donne devono avere sembrano usciti da un manuale della moglie perfetta dell’America anni Cinquanta. Cose come “sorridi”, “non dire la tua, a meno che non sia proprio necessario” e “non dire no” sono insegnamenti considerati preziosi e presi come consigli di vita dalle ragazze che decidono di iscriversi a questi corsi. Angosciate dal dover trovare un marito praticamente dopo la laurea, che pure in tante conseguono, non sapendo come scegliere e tenersi un uomo, le ragazze si rivolgono alle “scuole di femminilità”. Questo tipo di realtà è aperta anche a tutte le donne sposate che vogliono imparare a tenersi stretto il proprio marito. Una sorta di posta del cuore a pagamento.

Dopo la caduta del muro quindi la situazione delle donne non sembra essere migliorata di molto.

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