Lo scorso 27 Maggio il cosiddetto Stato Islamico ha lanciato un’offensiva tripartita verso Aleppo. Nel corso dell’attacco, una via di rifornimento tra Turchia e le aree non amministrate di Aleppo è stata interrotta, impedendo l’arrivo di cibo e personale medico. La città, un tempo la seconda più popolata della Siria, è stata tra le più martoriate dalle violenze del conflitto. Da più di tre anni, l’intera area urbana viene disputata quasi ininterrottamente tra l’Esercito siriano e le diverse compagini di forze ribelli. Ad oggi, il preziosissimo centro storico è gravemente danneggiato e diverse centinaia di migliaia di abitanti sono stati costretti a scappare: chi in Europa, chi in paesi come la Turchia o in campi profughi all’interno della Siria stessa.
L’operazione in atto al momento è uno degli ennesimi tira e molla sulle spalle dei civili.
Il Califfato ha scelto di contare sull’effetto sorpresa, attaccando in forze un’area così importante solo pochi giorni dopo l’avanzata dell’esercito del regime di Assad contro Ar Raqqa, la propria autoproclamata capitale. Finora, lo Stato Islamico era riuscito a controllare solamente alcuni sobborghi di Aleppo, senza mai avvicinarsi in modo decisivo al centro.
Gli scontri, che nei tre giorni successivi hanno coinvolto anche le forze curde, si sono spostati attorno ai paesi di Kaljbrin e Kafr Kalbin, a Nord della città, che ospitano attorno alle 6000 persone. Intanto, sono in fuga 53000 persone dalle città di Bab Al Salam e Azaz. Dall’inizio di febbraio piú di 100000 hanno dovuto abbandonare le proprie case. Mentre il confine con la Turchia resta chiuso, l’emergenza umanitaria si farà estremamente grave, dovesse l’offensiva dello Stato Islamico proseguire. Circa 7000 persone sono sotto assedio in Marea e Sheik, piccoli paesi circondati dalle forze del gruppo terroristico.
Intanto, dopo l’offensiva dello Stato Islamico, la reazione delle altre forze non si è fatta attendere. L’esercito regolare ha provato a tagliare i rifornimenti al gruppo terroristico da Sud, per corroborare la propria offensiva verso la capitale del Califfato: proprio oggi è arrivata la notizia che le truppe di Assad hanno varcato il confine amministrativo della Provincia di Raqqa. Intanto, Jabat Al Nusra ha condotto degli attacchi contro alcuni edifici governativi e postazioni curde, facendo così, almeno in questo caso, alleanza di fatto con lo Stato Islamico. Si contano almeno 40 morti e più di 100 feriti.
La risposta umanitaria è stata limitata per timori di sicurezza. Quasi tutte le ONG attive nella regione si sono ritirate dai campi circostanti Azaz. La situazione potrebbe aggravarsi con l’aumento delle temperature: la zona è servita da 1600 latrine, ma ne servono almeno altre 860 per coprire gli standard di emergenza di 50 persone per latrina. L’acqua è contaminata da marzo, causando epidemie di diarrea. La zona è quasi completamente scoperta di infrastrutture ospedaliere dopo i bombardamenti di febbraio — ed è ancora fresco il ricordo del dramma dell’ospedale Al Quds, la struttura medica supportata da Medici Senza Frontiere bombardata a fine aprile dall’aviazione di Assad, in cui quattordici persone, tra cui due medici, persero la vita.