
Francesco Porta
Il tennis sicuramente non è uno degli sport più seguiti nel nostro Paese, ma tutti riconoscono il grande prestigio del torneo inglese di Wimbledon, che per gli appassionati rappresenta forse del momento più atteso della stagione sportiva. Giunto quest’anno alla centotrentesima edizione, il torneo propone come sempre incontri di grande spettacolo. Ma cosa lo rende così speciale?
Il torneo di Wimbledon è il più antico evento di tennis tra quelli che si giocano nel circuito e da allora ha conservato numerose tradizioni che riflettono il fascino delle originali edizioni. La prima volta che si giocò sull’erba londinese fu nel lontano 1874, ma le regole che oggi conosciamo entrarono in vigore solo nel 1886 — si differenziano da quelle odierne solo per certi dettagli, come l’altezza della rete o l’ampiezza dell’area di servizio.
La culla del tennis è proprio da ricercarsi dove oggi è collocato il campo centrale dell’esclusivissimo club di Wimbledon, di cui è tuttora complicatissimo entrare a far parte. Esistono quattro tipi di membership: Full, Life, Temporary e Honorary: la lista d’attesa per entrare è infinita e occorrono la raccomandazione di quattro full member per diventare un temporary member.
La prima edizione fu un relativo successo: vi parteciparono ventidue atleti seguiti da circa duecento spettatori paganti, che poterono assistere al trionfo di Spencer Gore. Da un ristretto numero di invitati pian piano negli anni la lista degli invitati si allungò. Le donne poterono partecipare solo a partire dalla quinta edizione. Nonostante fosse molto prestigioso, il tennis non era ancora considerato un vero sport, ma più un passatempo per aristocratici. Quando Gore cedette la corona l’anno successivo a Patrick Frensis Hadow, questi decise di non ripresentarsi per difendere il titolo l’anno seguente.
Seguirono alcuni anni in cui il club non organizzò il torneo, che riaprì i battenti nel 1919. Soltanto nel 1931 la competizione fu integrata nel sistema del tour mondiale, subito elevato a grande Slam, in cui le partite venivano giocate alla meglio dei tre set e finalmente non fu più solo un circolo riservato ma anche aperto a professionisti.
Nonostante ciò, Wimbledon non ha mai perso quel fascino — chiamatelo pure snob — inglese, anche se alcuni puristi potrebbero rimanere sconcertati da certe novità “rivoluzionarie”: ad esempio l’iconico e tassativo abbigliamento bianco imposto dagli organizzatori ad atleti, giudici di linea e raccattapalle. Un uso che va avanti dagli anni Sessanta — ma dal 1995 gli organizzatori si sono sbilanciati cambiando il regolamento da “predominately in white” a “almost entirely in white” anche se poi nei fatti il regolamento è sempre molto severo: persino Roger Federer (idolo di casa e sette volte campione) l’anno scorso è stato multato per il colore della suola delle sue scarpe