Del: 25 Settembre 2016 Di: Elena Cirla Commenti: 0

 

Ludovica Medaglia è una studentessa di 17 anni del Liceo Classico Beccaria di Milano. Il suo esordio nel panorama letterario italiano coincide con la vittoria del Premio Campiello Giovani 2016 con il racconto “Wanderer (Viandante)”.

Cosa ti ha spinto a partecipare al Premio Campiello Giovani?

La mia scuola ha organizzato una serie di incontri con i partecipanti delle scorse edizioni, quindi il primo approccio è stato diretto. Inoltre, la mia professoressa di Italiano ha insistito affinché mi buttassi in questa avventura e non posso che esserle grata. È stata lei a vedere per prima in me questa inclinazione. La scrittura è stata una bellissima scoperta, che non avevo ancora incontrato sulla mia strada. Non avevo mai scritto e mi sto accostando a questa attività con curiosità e interesse.

Le faccio presente che in realtà non traspare molto che questo sia il suo primo tentativo, anzi. La delicatezza con cui dispone le parole sulle pagine è spiazzante.

All’inizio del racconto dici che il tuo protagonista “a volte scrive di getto, più spesso riflettendo su ogni parola”. Tu scrivi di getto o soppesando ogni singola parola?

Un po’ tutte e due. Ci sono parti del racconto che ho scritto proprio di getto, come l’inizio, mentre altre sono state più lente e laboriose, soprattutto verso la fine. La modalità di scrittura del vecchio, in fondo, rispecchia un po’ la mia.

A tal proposito, ho notato che hai scelto un protagonista anziano. Da una ragazza di 17 anni non ci si aspetta una scelta così fuori dal comune. È stata una decisione ponderata o no?

È stata una scelta molto ponderata. Innanzitutto volevo che il protagonista spaziasse in una dimensione temporale abbastanza ampia; inoltre, ho pensato che il vecchio potesse dare maggiormente l’idea di solitudine, messa in evidenza fin dall’inizio del racconto. Mi pareva che un uomo vicino alla fine della sua vita riflettesse appieno questa condizione di spirito. Inconsciamente poi, forse è un modo per prendere le distanze dalla norma, da tutti.

Ho notato la perizia con cui descrivi strumenti musicali, accordi e minuzie tecniche: sei amante della musica? È importante per te?

Sì, suono il pianoforte da sei anni. L’ho scelto come strumento sia perché mi è sempre piaciuto, sia perché il pianoforte rappresenta la solitudine: è uno strumento solista, un pianista è vincolato fisicamente al suo strumento. Il vecchio può rispecchiarsi nel pianoforte stesso, c’è una sorta di identità fra soggetto e oggetto. Lo strumento non ha bisogno di nessuno, così come l’uomo. Sono solisti e scordati, ed entrambi necessitano di un po’ di amore.

Ma tu quando suoni il pianoforte senti questa solitudine?

No, mai. Quando lo suono – e ancora più quando ascolto qualcuno che suona – mi estraneo totalmente da tutto e da tutti. Si instaura un rapporto molto forte fra quello che sto sentendo e quello che sto provando.

Una domanda a proposito del titolo: perché Wanderer (Viandante)?

Prima di tutto, la “Wanderer-Fantasie” è un brano che ricorre costantemente nel racconto e segna i momenti più importanti nella vita del vecchio: quando capisce di non possedere la perfezione che la sua amata aveva, quando sta andando al Conservatorio o durante il primo incontro con la sua nuova insegnante. E poi perché il viandante è lui. Ascoltando l’ultima esecuzione nel racconto – la Wanderer-Fantasie, appunto – cambia totalmente la prospettiva di vedere le cose: se prima lo scopo finale del viaggio era la morte, esasperata dall’egocentrica tendenza di scrivere i propri necrologi, ora la meta è la fine della fatica stessa di vagare.

Data la sua natura di viandante, il vecchio sperimenta un viaggio, più psicologico che fisico. Credi che nel tuo racconto il viaggio possa coincidere con l’amore?

Sono un po’ spiazzata, nessuno aveva mai concepito il viaggio nel mio racconto. Secondo me no, perché in realtà non si parla di amore, per lo meno non in maniera totale. L’amore compare, nella vita del vecchio, solo nella giovinezza, tant’è che alla fine lui stesso non ha voluto far capire al lettore se la donna sia Lei o no. Probabilmente lo è, ma volutamente non lascia trasparire emozioni.

Ma allora sono io l’inguaribile romantica che ha visto Lei dove in realtà Lei non c’è?

Ride. In realtà il finale del racconto è lasciato molto aperto. Una mia amica sostiene che in realtà la donna del finale sia solo una fantasia del vecchio, che ricorda e si immagina l’amore di gioventù. Ciò che lo salva dalla morte, però, è la musica, non l’amore. Il bello dei racconti con il finale aperto è proprio quello di lasciare totale libertà al lettore.

“Wanderer (Viandante)” è il racconto di un vecchio pianista che, per una scelta personale dettata dall’amore e dalla ricerca ossessiva della perfezione, ha deciso di non suonare più. Nella sua immensa solitudine, dopo cinquant’anni di inattività decide di rispolverare il vecchio pianoforte, scordato e solo come lui, e di ricominciare a suonare. Sarà l’occasione di un incontro inaspettato.

Elena Cirla
Studentessa di Lettere Moderne, classe 1994.
Amante dell'autunno, dei viaggi e del vino rosso.

Commenta